Il Ponte è la solita strategia dell’emergenza per svendere. La Nato non c’entra niente

di Saverio Di Giorno

Diciamolo chiaramente: il dibattito intorno al Ponte sullo Stretto è pieno di false argomentazioni per buttare fumo negli occhi e la storia che serve alla Nato per la guerra è solo l’ultima distrazione. E dispiace vedere che anche attenti osservatori si sono lasciati depistare. Questo governo è maestro nel distrarre, come quando la Meloni decise di parlare di… Spinelli invece di riferire sul piano di riarmo.

Sono solo due i piloni sui quali si regge questa opera e la Nato e le atre cose non c’entrano niente. Emergenza e svendita. Emergenza solo come pretesto per saltare controlli e allargare le maglie dell’infiltrazione e svendita a colossi in debito che devono ricapitalizzarsi e lasciano sul territorio le briciole dei subappalti e dei mega stipendi.

Ma come: non è chiaro? È il solito schema. Prima si sperimenta in Calabria con le forzature o con la forza direttamente e poi viene esportato e applicato per legge. E i governi conoscono il modello Calabria, perché non c’è un governo o un partito che non sia venuto ad inchinarsi ai capibastone, non c’è un rinnovamento di partito che riesca davvero a mettere agli angoli i nostri eterni esponenti. E la Meloni che di problemi di ndrangheta ne è piena, non fa eccezione. Tutto quello che ora avviene sulla stampa, sugli attivisti, sulla magistratura era già avvenuto in Calabria. E così sarà per il ponte, l’ennesimo monito. Come gli altri: il rapporto tra procure e pm troppo intraprendenti da imbrigliare sperimentato con de Magistris non è forse l’attuale riforma della magistratura? Il rapporto tra servizi, magistrati e politica non è il modello Reggio di Mancini (non a caso poi tornato in auge)? I rapporti e le limitazioni imposti da editori sulle pubblicazioni che ora vediamo per legge, non sono state già sperimentate con le zampate in Calabria? La criminalizzazione dell’accoglienza non era già stata sperimentata a Riace? Le identificazioni degli attivisti da parte delle istituzioni non le abbiamo già viste nel centro storico di Cosenza per mano della prefettura o con intere inchieste montate? Le manganellate e le persecuzioni verso intellettuali ed esponenti scomodi le abbiamo viste giusto un mese fa a Cosenza su Iacchitè  (qui il racconto con le immagini della giornata dopo il pestaggio https://www.youtube.com/watch?v=m-WaXbc2GOY )

E il Ponte è solo l’ultimo esempio del falso modello di sviluppo economico. Che qui dove non c’è nulla è evidente in tutta la sua ferocia. Inserire quest’opera nelle infrastrutture di emergenza per la mobilitazione serve solo ad evitare ogni controllo. A semplificare tutte procedure. Se è un’opera di emergenza ogni coordinamento e verifica viene sistematicamente saltata. E noi la conosciamo bene, la politica dell’emergenza. L’esempio lampante è la sanità dove i provvedimenti di emergenza permettono di nominare dirigenti, fare assunzioni o spostare fondi a tempo di record. Da noi lo fanno da quindici anni, poi durante il Covid è stata applicata ovunque. È lo stesso schema delle emergenze idrogeologiche e ambientali, e della conseguente gestione degli apparati come Protezione civile (l’intervista di Report a Pallaria trasuda ancora imbarazzo). Il modello Calabria non è altro che il modello Bertolaso altrove.

L’altro pilone – si diceva – è la svendita di pezzi della Calabria da parte di Occhiuto a grosse aziende in difficoltà finanziarie. Pari pari a quanto è accaduto per la 106 sulla Sibaritide. Le casse di colossi come Weibuld e dei vari subappalti che possono acquisire capitalizzazione e rimpinguare casse. Operazioni finanziarie senza nessuna ricaduta (basta fare un giro sulla Sibaritide) se non nel giro di subappalti e relative mazzette per i clan della zona, con conseguenti agguati (si veda sempre la Sibaritide). L’altro esempio è la grande operazione commerciale di Raynair, il cui patron è stato portato in tour nei locali borderline di Scilla. Chissà se e quale cordata di fondi e investitori è entrata nell’operazione, se c’è solo stata una svendita o c’è anche un ritorno. E ancora una volta la sanità, i cui debiti vengono svenduti a società di factoring che vendono i titoli all’estero. Ancora attendiamo gli allegati dell’ASP di Cosenza – come ha fatto Reggio – nella cartolarizzazione a Bff.

Eppure, sarebbe facile, riconoscere questo schema. È sempre lo stesso. Si svendono le proprietà e si fanno provvedimenti di emergenza per saltare i controlli.  La logica dell’emergenza è già diventata legge. Il codice degli appalti manomesso e sbrindellato. La svendita di Occhiuto ad aziende rapaci, la capitalizzazione senza ricadute sul territorio è il modello che viene quotidiana applicato quando ci si inchina a colossi della finanza. È il destino della Calabria, arrivare prima, essere un manuale di gestione del potere che viene poi applicato altrove. Qui in maniera fin troppo sguaiata, con protagonisti grotteschi, altrove per decreti. E questo destino si compie quando viene ignorata. Ma questa non è più una profezia. Quello che la Calabria ha già sperimentato è già nelle economie, nei tribunali, nei partiti.  Avete provato ad ignorare quanto avveniva in Calabria, ed ora quello che era calabrese è divenuto legge.