SANTA CATERINA DELLO IONIO: IL REGNO DI SEVERINO, IL MONARCA DEL PALAZZO DI VETRO (MA CON LE TENDE CHIUSE)
Santa Caterina dello Ionio – Speciale “Cronache dell’Assurdo”
In un piccolo comune dove la democrazia dovrebbe essere coltivata come l’ulivo nel cortile del municipio, è invece germogliata un’autarchia da manuale, guidata da Sua Eccellenza Illuminata Severino Francesco, dal cerchio magico di Oliverio, sindaco e, secondo molti, padre padrone del destino politico, lavorativo e persino ideologico dei suoi concittadini.
Insediatosi con il sorriso del buon samaritano e le promesse da statista illuminato, Severino ha rapidamente trasformato Santa Caterina dello Ionio in un laboratorio sociale ante litteram: un luogo dove la meritocrazia è solo una parola difficile da scrivere, mentre la parentocrazia è legge non scritta ma ben applicata.
Secondo fonti più che attendibili (tipo tutto il paese, perché “la gente mormora”), da quando il primo cittadino ha indossato la fascia tricolore, un curioso effetto collaterale ha investito la cittadinanza: amici, parenti, cognati, nipoti e cugini fino al settimo grado hanno trovato magicamente il loro habitat naturale tra le pieghe dell’amministrazione pubblica. Chi al protocollo, chi tra i tecnici, chi come consulente – e persino chi non si sa bene cosa faccia, ma comunque è lì. Per puro caso, naturalmente.
Ultimo capolavoro di trasparenza (anzi, opacità in stile vetro smerigliato): il concorso pubblico per “istruttore amministrativo” a cui ho avuto il “dispiacere” di partecipare. Un’occasione che poteva essere la svolta per chi, come me, da anni è in cerca di stabilità, in una terra dove le occasioni già sono poche. Invece, si mormora tra i corridoi e le panchine del paese, sarebbe stata abilmente costruita per far vestire ufficialmente la casacca al nipote del sindaco. Nipote che, guarda un po’, operava già da anni negli ambienti comunali – probabilmente per “spirito di servizio”, mica per altro.
A inchiodare la narrazione buonista dell’amministrazione è persino arrivata Striscia la Notizia, che ha alzato il sipario su questo “palazzo di vetro” (così definito da Severino stesso), scoprendo che più che vetro, si tratta di un bunker con tapparelle abbassate, porte blindate e regole della trasparenza calpestate peggio di uno zerbino sotto la pioggia.
Le normative ANAC? Violate come se fossero fastidiosi suggerimenti. Gli atti pubblici? Rari come parcheggi liberi a ferragosto. L’opposizione? Un concetto astratto, persino difesa come a sottolinearne l’assenza, inutile da menzionare in una realtà dove l’unica voce ammessa è quella del capo. Non si parla più di gestione pubblica, ma di gestione domestica. Come se il comune fosse un’azienda di famiglia dove ogni incarico è un’eredità e ogni dubbio una bestemmia.
Lo stile di governo di Severino? Un ibrido tra il “comando io perché so tutto” e il “chi osa pensare diversamente può accomodarsi… fuori”. La macchina comunale sembra muoversi a colpi di fedeltà personale più che di competenza, e chi solleva la testa rischia di vedersela staccare (metaforicamente, s’intende).
In fondo, a Santa Caterina, la sinistra c’è, ma solo quella che gira quando qualcuno osa parlare di trasparenza, legalità, o – dio ce ne scampi – partecipazione democratica. Perché qui l’unico pensiero ammesso è quello conforme. Tutto il resto è eresia.
Il dubbio amletico è: questa gestione è frutto di genialità amministrativa o di un ritorno nostalgico a modelli decisamente poco democratici?
Ai posteri (e alle procure, magari) l’ardua sentenza. Nel frattempo, il palazzo resta lì: di vetro, sì… ma col vetro oscurato.