Reggio, centrodestra a pezzi: ora è rimasto solo l’asso Scopelliti. Corsi e ricorsi storici

La gioiosa macchina da guerra del centrodestra reggino (e calabrese) si è inceppata. Non si contano più i Comuni, nel Reggino e in Calabria, che hanno voltato le spalle al centrodestra imboccando una strada più a sinistra e magari con una deviazione nel civismo. I motivi? Possono essere tanti o pochi – e i vertici del centrodestra farebbero bene a interrogarsi seriamente a cominciare da un governo regionale che pare abbia perso il suo appeal sui calabresi – resta, tuttavia, il fatto inoppugnabile che anche in quest’ultimo giro elettorale i risultati di Forza Italia & friends non sono stati pari alle attese della vigilia. E il dato diventa ancora più preoccupante visto dalla prospettiva reggina dove si voterà la prossima primavera per il rinnovo dei Palazzi di piazza Italia. Anche perché la primavera 2026 è dietro l’angolo: passata la spensieratezza dell’estate, sarà già piena campagna elettorale e oggi il centrodestra reggino è davvero in alto mare non avendo ancora neppure scelto il candidato a sindaco che dovrà guidare la coalizione.

Dall’altra parte, invece, il centrosinistra si gode quest’altra vittoria elettorale e ha solo l’imbarazzo della scelta per indicare chi sarà l’erede di Giuseppe Falcomatà. Il centrodestra, tuttavia, può ribaltare il tavolo se romperà gli indugi nella ricerca di Superman e convincerà Peppe Scopelliti a scendere in campo. Lui ha detto e ripetuto che non pensa a candidarsi ma la ragion di stato potrebbe convincerlo.

Il quadro politico, dunque, si presenta complesso però ci soccorre il genio di Giambattista Vico, il filosofo napoletano che nel Settecento teorizzò i famosi “corsi e ricorsi storici”. Cioè: la storia non ha un progresso lineare nel tempo ma si presenta ciclicamente sempre uguale a se stessa. Fa dei giri immensi – per dirla con Venditti – ma poi torna a riproporsi sempre uguale e gli uomini dovrebbero imparare dai loro errori e andare avanti migliorandosi.

Ma che c’entra Vico con la politica reggina? C’entra moltissimo, perché il 2026 sembra del tutto uguale al 2002. Oggi, come allora, la città è chiamata a scegliere l’amministrazione del post Falcomatà; oggi come allora per guidare il centrodestra si faceva il nome di Peppe Scopelliti e, oggi come allora, l’allora giovane assessore regionale Scopelliti era recalcitrante ad accettare la sfida. Nel 2002 ci volle Gianfranco Fini in persona, forte di sondaggi inequivocabili, a “costringere” Scopelliti a scendere in campo e… poi la storia prese forma. Si ripeterà uguale a se stessa? Secondo la teoria vichiana sì: la storia ha compiuto un suo ciclo e dovrebbe ripetersi ancora. L’incognita di questa storia è una soltanto: oggi chi può vestire i panni di Fini e convincere Scopelliti a compiere il grande passo? Dovrebbe essere tutto il centrodestra reggino a farlo per evitare di correre il rischio di perdere l’ennesima elezione, A volte, infatti, è necessario compiere un passo indietro per spiccare un grande salto in avanti. E dopo l’esperienza Minicuci, il centrodestra reggino, forse, l’avrà anche capito. La lezione non è complicata, anche perché queste ultime elezioni hanno detto a chiare lettere (prendiamo per esempio Sandro Principe rieletto sindaco di Rende al primo turno) che gli elettori votano solo per gente che ha carisma ed è riconoscibile per il proprio impegno in favore del territorio. E, a Reggio, c’è qualcuno che ha più carisma politico di Peppe Scopelliti? Fonte: Gazzetta del Sud