Cosenza. “Appunti di Vita in tempo di Morte”, presentazione del nuovo libro di Adriano D’Amico

Domani giovedì 5 giugno a Cosenza, nella sede de La Base in via Macallè, verrà presentato il nuovo libro di Adriano D’Amico, Appunti di Vita in tempo di Morte; ne parleranno con l’autore, Paola Saccomanno e Claudio Dionesalvi.

Una piccola Spoon River della mia comunità”, così l’autore definisce il suo testo, edito da Rubettino nel 2023, nel quale le storie di vita di donne e di uomini si incrociano con la morte, nel momento in cui le esistenze si separano per sempre dal luogo ove nel bene o nel male sono state protagoniste; un libro emozionale, che ha partecipato ad una serie di concorsi letterari, ricevendo da Aletti un prestigioso premio che ne ha consentito la menzione di un brano del libro nell’antologia del Premio Quasimodo, pubblicata nel 2024.

L’autore descrive il sepolcro come uno scrigno ove ciascuna anima racconta l’intima sua storia ed insieme, tante storie; le storie di una comunità; le battaglie che uomini e donne, ogni giorno, ingaggiano contro la morte; quella morte che ci accomuna, consegnandoci, in quelle cronache delle pietre, come le definiva Edgar Lee Master, la quotidianità dei nostri destini, la dolcezza del vivere in un piccolo borgo; ci parlano le lapidi, irte sulla Collina, ci riferiscono delle gioie terrene, delle tragedie umane e se ti ritrovi nel vecchio Camposanto ed alzi lo sguardo, incappi nella storia di: “… don Antonio, un cittadino insigne, munito di somma dottrina e virtù preclare, ma inesorabilmente morto; se giri a sinistra, c’è Filiberto, combattente della Grande Guerra, che nobilmente visse, sperando, soffrendo, beneficiando, irradiando nella serenità nutrita di fede e di amore, che non si smentì mai; poco più avanti, il povero Pasqualino, rapito anzi tempo all’affetto dei suoi cari, consunto da un mare che non perdona, contratto quando impavido, per la grandezza e la gloria d’Italia, soldato del secondo minatori, esponeva la sua balda e rigogliosa gioventù alla tracotanza invadente del distrutto esercito austro-ungarico; oltre la strada, la lapide di quel poeta che shum rroi, shum liuftoi, pak garroi, shum duroi.

Sempre li, tra le meste sepolture, la lapide di quel povero Giovanni, albanese d’origine, italiano di cuore, spento nella pienezza della vita, quando la grande vittoria italiana, la palingenesi del mondo, l’indipendenza dell’Albania, irradiavano il suo volto di esteta; ancor più avanti la nuda lapide del caro Alfredo, che infonde al viandante un senso di colpa e quella del povero Gaetano, i cui occhi di ghiaccio guardano lontano, che troppo presto si lasciò morire. Purtroppo c’è pure Edoardo, che ha osservato la sua giovane anima liberarsi dagli umani suffragi e dagli slanci comuni, seguendo le ali della morte, e, ahimè, c’è Massimino, che ci lasciò nel fiore della giovinezza, e quel povero Gino, e Roberto, e Pasquale che appassì troppo presto, ed Emilio che perì sul lavoro e c’è la dolcissima Elisa, piccolo fiore bagnato di brina, che svanì all’alba del suo cammino. La vita li ha divisi, la morte li riunisce; lassù, sulla Collina, ci riunirà tutti. Tutte e tutti mestamente dormono sulla Collina: ghiela na ndaan, varri na persin, recita baldanzosa la Morte e noi bussiamo tre volte per esorcizzare la paura …”.

Numerose le recensioni autorevoli che ha ricevuto il libro, tra queste quella di Dante Maffia, calabrese doc, candidato al nobel per la letteratura nel 2024, che dice: “Non s’immagina neppure lontanamente il grande dono fatto a San Demetrio e a tutte le persone che hanno avuto a che fare con queste figure ormai diventate icone, ma icone che continuano a narrare, ad essere presenti, a testimoniare un tempo che altrimenti sarebbe sfumato e si sarebbe cancellato … il lavoro di Adriano D’Amico è davvero prezioso perché mostrando i ritratti, non solo fisici, di alcune personalità, ha dato prova di un mondo in cui ancora il palpito umano aveva una sua ragione d’essere estremamente importante e vitale …”.

Ma la recensione cui l’autore è maggiormente legato, è quella fatta da Cesare Battisti, l’ex leader dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo), conosciuto nel periodo in cui era rinchiuso nel carcere di Rossano, scrittore di romanzi noir di successo internazionale, oggi in carcere a Ferrara: “… Oltre ad essere l’autore ed il personaggio guida di Appunti di vita in tempo di morte, Adriano D’Amico è il compagno a cui la voce non trema.  Prima di leggerlo, io l’ho sentito parlare, e nel chiuso della cella in cui mi trovavo, ho visto le sue parole volare alto. Perché Adriano parla agli uomini come il devoto parlerebbe a Dio. Potrei dire qui almeno un poco di quanto ha significato per me quella visita di Adriano nel carcere di Rossano. Ma non è di me che si tratta, bensì di un autore che sa accordare al mondo la giusta dimensione umana.

Adriano scrive così come ti guarda, con un intensità che ti porta in volo per le vie di San Demetrio Corone; o che mi rimanda nel profondo dell’anima, a ripescare il sentimento e la coscienza di un popolo che lotta e dal quale quarant’anni d’esilio mi separavano. Leggere Adriano e come starlo a sentire. L’ardore e la speranza che c’è in lui trasformano il cimitero di San Demetrio in un giardino dove, con la sua scrittura schietta e franca, lui fa risorgere le idee. Perché delle donne e degli uomini che ci racconta, Adriano non ne fa una targa commemorativa, ma un monumento alla vita vera del suo paese. Si dice che ogni nuovo libro incute un certo timore, come di una nuova lingua da imparare. Con il suo, Adriano mi ha fatto toccare lo spirito della gente che ama e non si rassegna, neanche nella sconfitta, sempre volti veri, sentimenti ed emozioni vissute in fraternità allegria e paure. Mi ha fatto sentire un San Demetrio Corone che nasce e scopre la ricchezza della propria cultura con la ragione e il cuore di dire forte e chiaro che la lotta paga e che noi ci siamo. “

Scrollarsi di dosso il fango che imbratta il volto dei deboli e dei perseguitati, quel popolo degli abissi che scrive la storia con il sudore …” Adriano D’Amico scrive queste parole per un amico che è scomparso dall’idea del suo San Demetrio Corone, ma che la sua coscienza continua a parlare a tutti noi, le sue sono parole universali, dicono giustizia e solidarietà. Perché sentirsi nell’altro sta nel movimento, nell’incontro con se stesso, tra quello che è stato e ciò che si spera poter essere. Esistiamo solo quando possiamo essere con gli altri, non ci vuole un gran coraggio, è un atto d’amore. Con Appunti di vita in tempo di morte, Adriano ci offre un posto di in prima fila sul carrozzone della vita, il cui motore è la nostra pulsione culturale verso la libertà, ciò che ci spinge sempre in una marcia spontanea verso la disuguaglianza. Per dirla con Walter Benjamin: la bella scrittura di D’Amico ci dice del futuro del passato, è un ricordare del futuro”.