L’avvocato della famiglia di Denis Bergamini, Fabio Anselmo, è un legale che vince tanti processi complessi nei quali lo stato è costretto a giudicare se stesso perché tante, troppe persone vengono uccise dalle deviazioni di questo sistema. E’ accaduto così per Federico Aldrovandi e per Stefano Cucchi, solo per citare gli omicidi di stato più eclatanti.
Fabio Anselmo ha dichiarato più volte che l’omicidio di Denis Bergamini è sulla stessa falsariga di quelli di Cucchi e Aldrovandi ma la circostanza che rende ancora più efferato il disegno criminoso per uccidere il calciatore è che in mezzo a questo casino c’è impelagato fino al collo un magistrato, anche se adesso è in pensione. E il fatto che si parli di questo magistrato ha messo in allarme le potentissime lobby della massomafia cosentina.
Anselmo è scomodo, troppo scomodo. I suoi processi li vince perché è bravo, certo, ma anche perché sa usare i media e sa comunicare, al punto tale che è diventato uno dei massimi protagonisti del cosiddetto fenomeno dei “processi mediatici”. E proprio perché sa comunicare e capisce i meccanismi dell’informazione, non ha mai mancato di rilevare che nell’omicidio Bergamini il processo mediatico lo fa, eccome se lo fa, anche la difesa.
Torniamo indietro al mese di settembre 2021, quando appariva sempre più probabile il rinvio a giudizio di Isabella Internò e quindi la celebrazione di un processo per l’omicidio Bergamini. Quando qualcuno dice ad Anselmo che questo sarebbe stato un processo mediatico, il legale rispondeva sicuro: “Il processo mediatico lo fa anche la difesa, lo fa anche il signor Cribari, giornalista che esprime correttamente il suo punto di vista, magari partecipa un po’ troppo alla vicenda visto le intercettazioni che lo riguardano, con consulenti che… ne danno un ruolo un po’ diverso da quello del giornalista almeno a mio personale avviso”.
All’epoca il signor Cribari scriveva per il Quotidiano del Sud, che era diventato nel giro di qualche anno e soprattutto dall’inizio del processo l’organo ufficiale della difesa di Isabella Internò, tra improbabili “anatomie” di altrettanti fantasiosi “misteri” e tentativi tragicomici di negare l’evidenza delle perizie scientifiche che certificano l’omicidio di Bergamini.
La citazione e l’ironia di Anselmo avevano scomodato persino il vicedirettore del giornale, che dopo un’arrampicata sugli specchi patetica per dimostrare l’indimostrabile ovvero l’imparzialità del signor Cribari, esplodeva in un fatidico (e provvidenziale): “Per dirla con Sciascia, a ciascuno il suo egregio avvocato Anselmo”. Una sorta di “le ultime parole famose”.
Eh sì, perché sull’onda della citazione sciasciana, il prode Cribari, in quel settembre 2021, era arrivato a modificare la sua immagine di copertina su FB e aveva deciso di spiattellare proprio “a ciascuno il suo” nel posto più significativo del suo profilo social.
A dire il vero, il suo “eroico gesto” non aveva raccolto molti entusiasmi ma tra i 7 “mi piace” ce n’è uno che fa colpo: Franco Giacomantonio.
Franco Giacomantonio è proprio quello che state pensando. Sì, il magistrato cosentino, classe di ferro 1942, in pensione, che aveva riaperto il caso Bergamini nel 2011 quando era procuratore di Castrovillari e poi lo aveva archiviato nel 2015 tra le proteste dell’avvocato Anselmo, che era stato da poco nominato dalla famiglia Bergamini e aveva indicato con chiarezza la strada delle perizie scientifiche per poter arrivare alla verità.
Giacomantonio, pertanto, titolare di un profilo FB per come si può tranquillamente constatare, si era preso lo sfizio di mettere un “mi piace” a questa citazione sciasciana messa lì perché inevitabilmente e strettamente legata al caso che il signor Cribari sta seguendo con tanto slancio e trasporto. Il problema è che si tratta dello stesso caso che lui aveva sciaguratamente archiviato e che nel corso di 60 udienze coronate dalla sentenza di condanna a 16 anni di reclusione dell’imputata ha messo in luce una verità scientifica e schiacciante che dovrebbe solo farlo arrossire per la vergogna: Bergamini è stato ucciso e Isabella Internò non solo mente spudoratamente da 35 anni ma è l’ideatrice del piano criminoso per ucciderlo. Ma Giacomantonio mette “mi piace” a chi difende gli assassini di Denis Bergamini. Incredibile, ma vero.
“Sinceramente – aveva commentato Anselmo – non riesco a comprendere le motivazioni dell’opposizione della procura perché se c’è anche una sola possibilità di arrivare alla verità, un magistrato ha il dovere di seguirla e mi sembra molto strano che un procuratore della Repubblica, che è un uomo dello stato, si rifiuti di farlo. Non bisogna avere paura della verità”.
E non è finita qui. Dopo pochi giorni l’agenzia Ansa trasmette la notizia della motivazione di una sentenza della Cassazione per una causa tra il giornalista Gabriele Carchidi e – guarda caso – il magistrato Franco Giacomantonio legata al caso Bergamini. Una notizia dalla quale traspare la “non superficialità” della sua decisione di archiviare il caso. Peccato però che risalga a fatti del 2015 e non sia stata aggiornata con le decisioni di tenore opposto della stessa Cassazione, che ha contribuito a far riaprire il caso e celebrare finalmente il processo. Ma in ogni caso, sempre e ancora lui, il pavido Giacomantonio.
Franco Giacomantonio non è mai stato un cuor di leone o un magistrato appariscente. Di lui si dice che è stato un oscuro burocrate, serio e silenzioso. Il suo maestro è stato lo storico procuratore Alfredo Serafini, per vent’anni a capo di quello che ormai tutti conoscono come il porto delle nebbie, da dove sono emersi nel tempo anche il patriarca capostipite Oreste Nicastro – storico sottoscrittore del patto con il clan Muto attraverso suo fratello Sandro, leggendario titolare del night “La Perla” di Cetraro e della prima tv privata cosentina “Teleuno” -, gli “stranieri” Francesco Mollace, Dionigio Verasani e Domenico Fiordalisi, diligentemente “ammaestrati” sulla via dell’intrallazzo, Antonio Granieri – patetico successore di Serafini -, Mario Spagnuolo il Gattopardo – procuratore fino a qualche mese fa -, Vincenzo Luberto, Antonio Tridico e naturalmente quel marlonbrando di un Cozzolino (che quando passa ride tutta la città).
Diverse generazioni di magistrati attenti soltanto a garantire impunità ai potenti per quel patto scellerato stretto con lo stato deviato, la massoneria, la malapolitica e la lobby degli avvocati, in combutta con la quale hanno gestito in maniera vergognosa il fenomeno del pentitismo. Al punto tale che – scherzando ma non troppo – tutti i cosentini affermano con sicurezza che Franco Pino è il vero “sostituto anziano” o aggiunto di Spagnuolo, altro che la Manzini (con le sue bambole), Tridico o Cozzolino…
Giacomantonio si è fatto le ossa da pubblico ministero alla procura di Rossano, poi è stato giudicante a Catanzaro e ha fatto il grande salto diventando procuratore aggiunto del porto delle nebbie nel 2006. Di lui non si ricordano inchieste o teoremi, una vita da burocrate senza squilli fino al 2010 quando viene nominato procuratore di Castrovillari alla soglia della pensione. Pensate che nel 2012 nonostante abbia raggiunto i 70 anni, chiede e ottiene una conferma nell’incarico per altri tre anni, fino al marzo del 2015, neanche un mese dopo che è “riuscito” ad archiviare il caso Bergamini. E ancora in tempo, proprio sul finire del suo incarico, per insabbiare un altro clamoroso omicidio di stato come quello del magistrato Federico Bisceglia.
Il procuratore, pur non agitando la clava del suicidio, sembra quasi giustificarsi quando afferma che “è impossibile trovare elementi che individuino un colpevole”. Ma, vivaddio, nessuno gli ha chiesto di trovare un capro espiatorio. Il pavido Giacomantonio avrebbe dovuto avere solo l’umiltà di fare il suo dovere e dire con chiarezza che siamo davanti a un omicidio ma che non è possibile trovare il colpevole.
La circostanza crea qualche problema a Isabella Internò? Ecchissenefrega! E’ evidente che è così. Chi è questa Isabella Internò per non subire un sacrosanto processo nel quale è chiaro come il sole che dev’essere accusata di concorso in omicidio volontario? Perché è evidente che protegge gli assassini di Denis ed è altrettanto evidente che il movente è da ricercarsi nella fine della relazione tra il calciatore e la signora Internò.
E oltre a lei crea problemi anche a qualcun altro, che evidentemente sta molto in alto e fa parte dell’apparato dello stato (deviato). Perché non si vede davvero come non possa sfuggire alle sue responsabilità il magistrato che non ha indagato e ha nascosto le prove.
Si chiama Ottavio Abbate.
Dietro la sua maschera di gomma, Giacomantonio si è arrogato il diritto di sostituirsi al giudice terzo, che invece dovrebbe essere libero di decidere.
Richiedendo l’archiviazione, il procuratore non ha svolto più il suo dovere di pubblica accusa ma si è sostituito, di fatto, a chi deve prendere una decisione. E questo è veramente inaccettabile.
Intanto, per dovere di cronaca, riferiamo che né Cribari né l’ex vicedirettore lavorano più per il Quotidiano del Sud e sono stati ingaggiati da altri media di informazione di regime.
Per chiudere. Chi ha paura della verità oltre al pavido Giacomantonio?
Senza ombra di dubbio Isabella Internò e i suoi protettori all’interno dei pezzi deviati dello stato. Se per tutti questi anni nessuno è mai riuscito ad arrivare alla verità, c’è qualcuno dietro le quinte che manovra affinchè il mistero rimanga tale. Ed è altrettanto evidente che si coprono le gravissime responsabilità della procura di Castrovillari e segnatamente del magistrato che condusse le indagini ovvero Ottavio Abbate. Ma è davvero paradossale come non si volesse arrivare quantomeno ad un processo. E qui Franco Giacomantonio ha responsabilità gravissime.
Ma il pavido Giacomantonio che aveva archiviato il caso Bergamini (e il caso Bisceglia), addirittura diventa sfacciato e mette “mi piace” a chi difende la causa degli… assassini. Così vanno le cose nel porto delle nebbie. O, se preferite, questo è il processo mediatico del pavido Franco Giacomantonio e del fido servitore, il “capobrigata” Marco Cribari.