Isola. Sacco e il Regno delle Due Ombre: chi è l’imprenditore insospettabile al servizio del clan

“Il Regno delle Due Ombre” – Isola Capo Rizzuto tra la misericordia,il silenzio e l’odore del mare.

Fonte: U’Ruccularu 

Nella terra dove le cooperative vestivano l’abito della carità e gli imprenditori parlavano la lingua del clan, la memoria è corta e il potere è lungo. Qui, dove nomi in odor di mafia, dicono in paese, si confondono con quelli che tagliano nastri e raccolgono voti, si intreccia la storia nera di Leonardo Sacco e Fernando Poerio: due volti, un solo sistema. Con una croce al collo e un bancomat in mano.

LE RADICI DEL POTERE: ISOLA CAPO RIZZUTO E IL REGNO DEGLI ARENA
Nel cuore della Calabria jonica, tra il mare e le campagne di Isola Capo Rizzuto, dove il vento porta con sé l’odore del mare il clan Arena ha edificato negli anni un impero silenzioso e tentacolare.
Un potere che non ha bisogno di clamori: si insinua nei contratti pubblici, nelle aziende, nei centri di accoglienza, nelle sale giochi, nei ristoranti, perfino nelle mense per i migranti.
Le accuse della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro parlano chiaro: un’organizzazione mafiosa con ramificazioni nei settori pubblici e privati, capace di alterare la concorrenza, controllare appalti e subappalti, imporre il pizzo, gestire il gioco d’azzardo e spartirsi fondi pubblici.

FERNANDO POERIO, L’IMPRENDITORE “insospettabile” AL SERVIZIO DEL CLAN
Dietro il volto bonario dell’imprenditore nel settore della ristorazione si nasconderebbe, secondo gli inquirenti, un uomo chiave della rete criminale. Fernando Poerio, 59 anni, è oggi il simbolo della trasversalità economica della ‘ndrangheta, cosi lo descrivono gli inquirenti.
Due condanne per associazione mafiosa, truffa, riciclaggio e usura, e ora un nuovo processo d’appello bis dopo l’intervento della Cassazione nel 2023.
Poerio – che nei verbali viene descritto come “manager dell’organizzazione” – avrebbe garantito il controllo logistico e imprenditoriale per conto degli Arena: dalla gestione delle mense del CARA di Isola Capo Rizzuto, fino alla distribuzione di apparecchi da gioco e scommesse online.
In questi giorni, la Guardia di Finanza ha messo sotto sequestro beni a lui riconducibili per 2,7 milioni di eurodi cui 13 immobili, un terreno,
una ditta individuale e conti correnti, titoli e cassette di sicurezza.
Il tutto frutto – secondo i finanzieri – di ricavi incompatibili con i redditi ufficialmente dichiarati.

LA MADRE DI TUTTE LE TRUFFE: IL CARA E I SOLDI DELL’ACCOGLIENZA
È tra il 2002 e il 2017 che si consuma una delle più grandi frodi istituzionali della storia recente calabrese.
Il clan Arena, con l’aiuto di Leonardo Sacco – governatore della Fraternità di Misericordia – conquista di fatto il monopolio del CARA “Sant’Anna”.
Un centro da 3.000 posti letto, il più grande d’Europa, trasformato in un bancomat mafioso composto secondo le ricostruzioni della magistratura di Appalti pilotati per la somministrazione dei pasti, Ditte intestate a prestanome, False fatturazioni e Assunzioni imposte.
Nel mezzo, milioni di euro pubblici, teoricamente destinati all’accoglienza, che invece finivano nelle casse della cosca.
E Poerio era lì, tra i nomi delle ditte che fornivano servizi.

IL PROCESSO JONNY E I PENTITI CHE CAMBIANO TUTTO
L’operazione “Jonny”, coordinata dalla DDA di Catanzaro nel 2017, ha rappresentato il più ampio colpo giudiziario al clan Arena: 170 arresti, sequestri milionari, processi in serie.
Ma è nel 2025 che il quadro si riapre, grazie alle rivelazioni di due nuovi collaboratori di giustizia:
Andrea Guarnieri, ex azionista del clan Catarisano, Sandro Ielapi, ex killer.
Nel processo d’appello bis, i due raccontano un mondo inedito: alleanze, faide evitate, retroscena di sangue e affari.
Una delle storie più forti è quella della rapina da 8 milioni alla Sicurtransport, un colpo da commando con escavatore rubato e faida interna tra cosche “alleate”.
A riportare la calma, dicono i pentiti, fu Paolo Lentini, reggente degli Arena, che ordinò:
“Le cose devono finire qui”.

UNA GUERRA ECONOMICA: I SEQUESTRI E IL LOGORAMENTO DEL POTERE MAFIOSO
Lo Stato, oggi, non punta solo all’arresto degli uomini. Punta al cuore: il patrimonio.
Oltre ai 2,7 milioni sequestrati a Poerio, altri 2 milioni sono stati congelati a esponenti e prestanome del clan, per un totale di 4,7 milioni di euro.
La strategia è chiara: Soffocare i circuiti finanziari mafiosi, Interdire il reinvestimento illecito nei settori pubblici e privati e Recuperare la credibilità delle istituzioni locali, spesso opacizzate dalla paura e dal clientelismo.

LA ‘NDRANGHETA IMPRENDITORIALE BARCOLLA, MA NON MOLLA
Il modello degli Arena è chiaro: non sparano, investono.
Non alzano la voce, ma comandano con i soldi.
E se lo Stato si limita alle retate senza colpire i patrimoni, quel potere si rigenera.
Ma oggi qualcosa sta cambiando:I pentiti parlano, e raccontano i “colletti bianchi” della mafia,
I giudici riaprono i processi e le forze dell’ordine colpiscono il capitale.
Rimane una sfida decisiva: spezzare la continuità temporale di un potere che dal 2002 al 2019 ha messo le mani su tutto.
E impedirgli di farlo ancora, con nomi nuovi ma con gli stessi schemi.

LEONARDO SACCO: L’UOMO DEI DUE MONDI
C’è un filo rosso – spesso intriso, sempre opaco – che collega le due inchieste su Isola Capo Rizzuto: da un lato l’asse imprenditoriale-giudiziario che porta il nome di Fernando Poerio e il processo Jonny, dall’altro la dimensione relazionale e sociale, emersa nelle recenti cronache della riconferma elettorale della sindaca Vittimberga, dove alla festa della vittoria comparivano soggetti pregiudicati e appartenenti alle stesse reti di potere.
Nel cuore di entrambe le narrazioni si staglia, come un’ombra lunga e ancora ingombrante, la figura di Leonardo Sacco: ex responsabile della Fraternita di Misericordia e condannato per mafia nel processo Jonny.
Sacco non era un semplice “colletto bianco prestato alla mafia”: era il mediatore tra istituzioni e cosche, l’uomo che sapeva sedersi al tavolo con prefetti, politici e boss.
È lui che ha gestito per anni il CARA “Sant’Anna”, diventandone amministratore e regista occulto, dietro l’apparenza della carità.
È lui che, secondo la DDA, ha favorito il business criminale del clan Arena attraverso appalti, assunzioni, forniture e “partnership” con imprenditori come Poerio.
Ed è ancora il suo retaggio sociale e politico a galleggiare, simbolicamente, in certi ambienti che oggi rivendicano legittimità istituzionale, mentre attorno a loro si moltiplicano sequestri, interdittive antimafia, processi e pentiti.
Leonardo Sacco è il punto d’intersezione tra la mafia della strada e quella delle cooperative, tra la ‘ndrangheta vecchio stampo e quella che si veste da ONG, da operatore sociale, da benefattore.
Un sistema di relazioni che non si spezza con una condanna penale, ma che continua a influenzare dinamiche politiche, sociali e imprenditoriali nella Isola Capo Rizzuto del 2025.
“Il potere non si cancella. Si sposta. E a volte, si presenta col sorriso di chi porta aiuti umanitari.”
Ecco perché non si può parlare del clan Arena senza parlare di Leonardo Sacco. E viceversa.
Due volti, una sola struttura: quella criminale, sociale e culturale che lo Stato sta ancora provando a decostruire.