“Lunedì si comincia. E noi?”. Crotone, il silenzio che avvolge la polvere

“Lunedì si comincia. E noi?”
Crotone, il silenzio che avvolge la polvere – e l’arroganza che la soffia via
Cronaca di una bonifica a cielo aperto

Fonte: U’Ruccularu

Era tutto già scritto, in fondo. Bastava guardare. Bastava respirare.
Le ruspe di Eni sono arrivate davanti al mare qualche giorno fa.
Hanno piazzato i primi mezzi, delimitato un perimetro, acceso un semaforo verde invisibile a occhi e coscienze.
Un lunedì come tanti, direbbe qualcuno.
Solo che quel lunedì è il 16 giugno, e da lì in poi si comincia a scavare.
Ma non è solo terra quella che verrà smossa. Sono 760.000 tonnellate di memoria tossica, un impasto mortale di rifiuti industriali, fanghi, metalli pesanti e – confermato persino da ENI – amianto.
Eppure, guardando il cantiere, non c’è una copertura, una tensostruttura, un vero confinamento.
Solo un nebulizzatore, messo lì come un fiore di plastica sopra una tomba. Serve a poco.
Forse nemmeno a quello.

POLVERI E SILENZI
I documenti parlano chiaro.
Lo fanno con un linguaggio tecnico, distaccato, persino elegante:
cancerogeno, mutageno, tossico per la riproduzione.
Tre parole che nei bollettini diventano codice. Nella realtà, diventano malattia.
In quella zona ci sono scuole, palazzi, uffici, strade trafficate.
Ma nessuno – ad oggi – ha preteso barriere, coperture, protocolli seri.
Anzi: il Comune di Crotone, a cui i cittadini avevano inviato una formale richiesta di convocazione della Commissione Ambiente il 6 giugno, non ha mai risposto.
Niente. Nemmeno un rigo. Nemmeno per dire: “Ci stiamo lavorando.”

UNA BONIFICA PER CHI?
A Crotone, la bonifica è diventata un eterno ritorno dell’uguale: annunci, promesse, sospensioni, carte bollate, commissari, ricorsi al TAR.
E nel frattempo, i rifiuti restano. E ora si scavano.
Solo una piccola parte – 40.000 tonnellate – verrà spedita in Svezia. Il resto?
Nessuno lo sa con certezza.
Forse in Calabria, forse altrove. Forse da nessuna parte.
Con il nuovo regolamento europeo che dal 2026 vieterà l’esportazione di rifiuti pericolosi, la corsa contro il tempo è iniziata.
Ma a perdere, ancora una volta, è solo la città.

UN DOPPIO DANNO
Crotone è Sito di Interesse Nazionale dal 2001. Ventiquattro anni dopo, è ancora una ferita aperta, mai medicata.
Gli studi epidemiologici parlano chiaro: più tumori, più malattie respiratorie, più morti premature tra chi ha vissuto e lavorato tra quei veleni.
E adesso, quei veleni tornano in superficie.
“Bonifica” dovrebbe significare “rendere buono”.
Ma qui sembra più una rimozione forzata, un trasloco di tossicità da sotto il tappeto al centro del salotto.
Una città che ha già subito l’inquinamento industriale, oggi subisce anche il modo in cui si vorrebbe risolverlo: alla cieca, in fretta, in silenzio.

CHI DIFENDE CROTONE?
Nessuno, verrebbe da dire. Ma non è del tutto vero.
Un gruppo di cittadini ha depositato un esposto alla Procura, allegando i documenti che contengono la verità nuda e cruda:
Il Piano di Sicurezza e Coordinamento
Il Piano di Monitoraggio Ambientale
La lettera di ENI che conferma la presenza di amianto
Altri ancora sono scesi in piazza, hanno firmato petizioni, chiesto le dimissioni del commissario Errigo e una legge che impedisca di trasformare la Calabria nella pattumiera di altri.

L’ARROGANZA DEL POTERE: LA REPLICA DEL SINDACO
E il Sindaco? Ha finalmente detto qualcosa. Non per rassicurare. Non per ascoltare. Ma per dileggiare. Il 13 giugno, Vincenzo Voce pubblica sui social un post che non lascia spazio a dubbi: “A.A.A. Cercasi esperti locali, anche senza esperienza diretta…”
Inizia così un attacco ironico, sarcastico e denigratorio contro cittadini, comitati e consiglieri comunali che hanno osato sollevare dubbi.
Li definisce “aspiranti tecnici”, “super tecnici nostrani”, e conclude proponendo con toni beffardi una “selezione pubblica per farli partecipare alle conferenze dei servizi”.
L’intero intervento non contiene una riga sulle preoccupazioni per la salute pubblica.
Solo un lungo elogio agli enti tecnici (ISPRA, ARPACAL, ISIN) e una serie di frecciate velenose a chi chiede trasparenza e precauzione.
Il Sindaco non risponde agli atti, attacca le persone.
Non chiarisce i rischi, deride chi li denuncia.
Non governa i dubbi, li delegittima. Eppure, il Sindaco – per legge – è il responsabile della salute pubblica sul territorio comunale.
È colui che dovrebbe tutelare, informare, proteggere tutti i cittadini, specie di fronte a un cantiere ad alto rischio ambientale.
Ed è anche, per ruolo istituzionale, il rappresentante dell’intera comunità, non solo di chi lo sostiene politicamente.
Anche di chi non la pensa come lui, di chi esprime critiche, dubbi, domande legittime.
Sminuire e dileggiare queste voci non è solo uno scivolone politico: è un grave tradimento del mandato democratico.
Ecco, questo è lo specchio di un’amministrazione che ha perso il contatto con la città reale, preferendo la propaganda alla partecipazione, l’arroganza al confronto.

LA DOMANDA CHE RESTA
Ma perché si comincia così?
Perché, con tutto ciò che sappiamo, nessuno ha avuto il coraggio di fermare – o almeno mettere in sicurezza – questo cantiere?
Perché chi si preoccupa per la salute collettiva viene trattato come un nemico, uno sprovveduto, un fastidio?
Perché serve un esposto alla Procura per ottenere ciò che dovrebbe essere garantito dalla legge e dal buon senso?

UNA CITTÀ A POLMONI APERTI
Il post che ha lanciato l’allarme si chiude con una frase che vale più di mille conferenze stampa:
“Buona fortuna, Crotone. Perché se davvero lunedì si comincia così, di fortuna ne servirà tantissima.”
E forse ha ragione.
Perché senza coperture, senza trasparenza, senza ascolto, non resta che affidarsi alla sorte.
Ma la salute pubblica non è un gioco d’azzardo. È un diritto.
E quando viene calpestato, non si chiede fortuna. Si chiede giustizia ambientale.