LA LANTERNA SUL MARE
L’Inchiesta narrativa sulla riqualificazione della Piscina CONI e la coesistenza con la Piscina Olimpionica.
Fonte: U’Ruccularu
PROLOGO: L’ECO NELL’ACQUA
C’è un luogo, a Crotone, che non è solo un insieme di cemento e mattoni.
Un luogo che, per anni, ha trattenuto nel proprio ventre l’eco degli allenamenti di giovani nuotatori, l’odore del cloro e delle ambizioni, il sudore della città che, in acqua, cercava una ragione per credere in sé stessa.
Era la Piscina CONI. Inaugurata l’8 giungo 1954, Chiusa nel 2004. Dimenticata.
Lasciata marcire, tra gli scogli del degrado e le onde lente della burocrazia.
Poi, un giorno, qualcosa si è mosso.
Un progetto. Un finanziamento. Un sogno che pareva tornare a galla.
Ma come in ogni storia crotonese che si rispetti, anche questo sogno ha incontrato le sue ombre.
Le sue carte bollate. I suoi cavi d’acciaio tesi tra ambizione e realtà.
Questa è la sua storia.
I CAPITOLO: DALL’ORGOGLIO AL RUDERE
Negli anni del dopoguerra, i ragazzi si allenavano direttamente in mare.
Nuotavano, senza sapere se sarebbero diventati campioni.
Sapevano soltanto che stavano diventando uomini.
La Piscina CONI nasce per dare forma a quell’istinto.
Per trasformare la fatica in metodo. Per far diventare lo sport un patrimonio.
Era più di un impianto sportivo: era un santuario laico, un luogo dove la comunità si ritrovava, si guardava negli occhi, si specchiava in una corsia.
Ma ogni leggenda, se trascurata, si corrompe.
Nel 2004, la piscina chiude. L’acqua scompare. Le vasche si riempiono di polvere.
La struttura, un tempo viva, si trasforma in un monumento all’abbandono.
Si dice diventi persino dormitorio per migranti. ricettacolo di rifiuti. Rifugio per tossici.
Uno scheletro vuoto nel cuore del lungomare.
Eppure, anche nei ruderi più malconci, qualcosa resiste.
II CAPITOLO: IL POPOLO SI MUOVE
Nel 2015, alcuni commercianti del lungomare si rimboccano le maniche.
Pulizie. Denunce. Richieste.
Nel 2017, un gruppo di cittadini crea un comitato.
Lo chiamano “Salviamo la Piscina CONI”.
Sono stanchi di aspettare. Scrivono, protestano, organizzano eventi.
Dicono: “Non si può cancellare la storia sportiva di una città”.
E hanno ragione.
III CAPITOLO: I SOLDI ARRIVANO (FORSE)
Nel 2020, appena insediata l’amministrazione partecipa al bando “Italia City Branding”
Arrivano subito 622 mila euro per diversi impianti sportivi, tra cui l’Olimpionica.
320 mila solo per la progettazione della coni.
È il 21 giugno 2022. A Tropea, si firmano i Contratti Istituzionali di Sviluppo.
Presenti il Ministro per il Sud Mara Carfagna, il Sottosegretario Dalila Nesci.
Crotone riceve 6,2 milioni di euro. Un successo. Il progetto viene giudicato “ad alta maturità”. Il sindaco Voce esulta. L’assessore Bossi pure.
L’opera sarà realizzata “a costo zero per i cittadini”. Così dicono.
Il progetto è ambizioso: una piscina trasparente, in vetro e policarbonato, 33 metri per la pallanuoto, con pontone mobile per vasca corta, un museo, una piazza pubblica.
Una “lanterna sul mare” verrà definita. La firma è dello studio Settanta7 di Torino.
IV CAPITOLO: CARTA CANTA, CANTIERE TARDA.
Gennaio 2022: lo studio Settanta7 riceve l’incarico.
Ottobre 2023: il Comune annuncia la gara d’appalto.
Marzo 2024: i lavori vengono aggiudicati.
Maggio 2024: il cantiere si apre. Finalmente.
Lavori previsti: 450 giorni.
Poi, qualcosa si inceppa.
Settembre 2024: il PD segnala che i lavori sembrano fermi.
Novembre 2024: un post del Sindaco annuncia la ripresa.
Ma un video mostra il contrario. Tutto tace.
V CAPITOLO: LA CARTA CHE FERMA IL CEMENTO
Gennaio 2025. Il TAR Calabria blocca tutto.
Il motivo? Quattro metri.
Una porzione di arenile contestata dai titolari del Lido Tricoli.
Ritengono che il cantiere invada la loro concessione.
Il TAR sospende i lavori. Il Comune si ferma. Il caso esplode.
L’opposizione attacca su qualsiasi cosa.
Parla di “faciloneria”.
Chiede chiarezza su parcheggi, sostenibilità, gestione futura, alberi tagliati e gatti sfrattati.
VI CAPITOLO: LA TREGUA
29 gennaio 2025. Accordo tra Comune e Lido Tricoli.
Il lido rinuncia a una parte della concessione.
Il TAR, di fatto, non deve più intervenire.
Il cantiere può ripartire. Forse.
Intanto il pino marittimo secolare non c’è più.
Anche Rino è andato via.
VII CAPITOLO: FUTURO O ILLUSIONE?
Giugno 2025: si parla di una “consegna lavori” imminente.
Obiettivo: estate 2026.
Ma il cronoprogramma originale indicava metà 2025.
Intanto, la città aspetta.
I pannelli fotovoltaici promessi e la vasca a sfioro restano sulla carta.
Nessuno sa chi gestirà l’impianto.
Nessuno sa quanto costerà mantenerlo.
Nessuno sa se la piscina sarà davvero aperta a tutti.
VIII CAPITOLO: LE RESPONSABILITA’ POLITICHE
Dietro ogni cantiere, ogni plastico, ogni rendering brillante mostrato in conferenza stampa,
c’è una catena di decisioni.
E a Crotone, quella catena ha molti anelli arrugginiti.
Il progetto della piscina, tanto celebrato dalla giunta Voce, è diventato presto anche una zavorra politica.
L’opposizione, già nel settembre 2024, aveva lanciato l’allarme: lavori fermi, comunicazione confusa, dubbi sulla gestione e sull’effettiva utilità del progetto in rapporto alle esigenze sportive già presenti in città.
Toni aspri parlano di “ennesima opera bandiera” che rischia di trasformarsi in una cattedrale nel deserto.
Il TAR ha messo nero su bianco ciò che già circolava nei corridoi del Comune:
la perimetrazione del cantiere era imprecisa.
Eppure, la giunta aveva già firmato atti, verbali, autorizzazioni.
Una leggerezza? Una forzatura?
O semplicemente la fretta di tagliare nastri?
Il sindaco ha scelto di intestarsi il progetto fin dal principio, trasformandolo in bandiera personale.
Ora, ogni intoppo si riflette sulla sua figura politica.
L’assessore Bossi ha difeso l’operato con fermezza, ma le falle tecniche e gestionali restano.
Il caso del Lido Tricoli, risolto solo grazie a un accordo informale, mostra come le tensioni tra pubblico e privato siano state sottovalutate. Anche il rapporto con i commercianti limitrofi si è deteriorato.
Mentre i cittadini, confusi, vivranno una seconda estate all’ombra di un cantiere vuoto.
In fondo, come spesso accade, il problema non è solo ciò che è stato fatto, ma come è stato raccontato.
Le promesse di “tempi certi” e “costi nulli” hanno creato un’aspettativa insostenibile.
E oggi il rischio è che un progetto virtuoso si areni sotto il peso di una gestione disallineata tra comunicazione, realtà amministrativa e incapacità esecutiva.
IX CAPITOLO: LA GESTIONE CHE VERRA’
C’è una domanda che aleggia dietro ogni trionfante annuncio istituzionale:
chi gestirà l’impianto? Per ora, silenzio.
Nessun bando, nessuna proposta chiara. Nessuna ipotesi.
Il Comune potrebbe proporre una gestione in-house oppure una collaborazione con il mondo dell’associazionismo sportivo.
Ma nulla è definito.
Nessun modello di gestione è stato illustrato pubblicamente.
E l’esperienza della Piscina Olimpionica di via Giovanni Paolo II è lì a dimostrarlo:
un impianto sportivo moderno, realizzato con fondi pubblici, diventato epicentro di tensioni, accuse incrociate, incendi, e perfino atti intimidatori.
Un esempio da non ripetere.
Lì, il caos della gestione si è tradotto in carte bollate, sospetti e denunce.
Qui, alla Piscina CONI, il rischio è lo stesso: che una volta tagliato il nastro, nessuno sia capace davvero di assumersi l’onere quotidiano di gestire, mantenere, valorizzare.
Servirà un modello chiaro. E serve adesso.
Perché l’errore più grande non sarebbe quello di costruire male.
Ma quello di costruire bene… per poi lasciare tutto a sé stesso.
O peggio ancora in mano a qualche clan.
X CAPITOLO: CONI vs OLIMPIONICA, 2 MODELLI A CONFRONTO
La Piscina Olimpionica: inaugurata con enfasi, è divenuta presto simbolo della disfunzione.
Un impianto imponente, spesso chiuso, al centro di faide associative, affidato senza trasparenza, finito nell’occhio del ciclone per presunti favoritismi e per l’assenza di una direzione unitaria.
La gestione è apparsa fin da subito approssimativa: pochi controlli, regolamenti poco chiari, turnazioni inadeguate, e un clima ostile fra utenti e gestori.
Un “vuoto normativo” e amministrativo che ha alimentato malumori, con episodi gravi come l’incendio doloso all’auto di un allenatore nel 2022.
La caduta del sindaco precedente e il crollo anomalo del controsoffitto.
Lì dove lo sport avrebbe dovuto unire, si è finito per dividere.
La nuova Piscina CONI: ha l’ambizione di essere non solo uno spazio sportivo, ma anche culturale e urbano.
Ma senza una governance trasparente, efficiente, condivisa, il rischio è di replicare gli stessi errori.
Un impianto così strategico non può essere affidato all’improvvisazione o alla logica dei piccoli feudi locali.
Serve un modello misto: un soggetto terzo, autorevole, con competenze manageriali, un controllo pubblico solido e un commissario CONI.
Serve pianificazione economica, trasparenza degli accessi, un piano tariffario equo, incentivi per i giovani e le scuole.
Se l’Olimpionica rappresenta il monito, la CONI deve rappresentare il riscatto.
Ma solo se si saprà apprendere dagli errori.
EPILOGO: LA CHIMERA
La nuova Piscina CONI sarà bella, moderna, green.
Ma lo sarà davvero?
Sarà una lanterna o una chimera?
Questa è la domanda che oggi aleggia sulla città.
Una piscina è fatta per contenere acqua.
Ma questa, forse, contiene molto di più:
il passato, i sogni, le ferite, le speranze.
E le promesse.
Soprattutto, per ora, quelle non mantenute.









