Castrovillari e la fiera di San Giovanni (di Mimmo Lo Polito)

DALLA PAGINA FB DI MIMMO LO POLITO, SINDACO DI CASTROVILLARI

La fiera di San Giovanni, del 17 e 18 giugno, ha portato molti a ricordare i bei tempi nei quali si svolgeva in centro con la consueta nostalgia del passato. Credo a pochi interessino le ragioni di tale trasferimento (sicurezza, viabilità per due giorni) avvenuto nel 1987, tanto da portare taluno ad attribuire al sottoscritto la scelta dello spostamento (all’epoca all’inizio del mio percorso universitario). Questo richiamo al passato, però, mi ha indotto ricordi ben più significativi e valori familiari che il decorso del tempo e questo apparente miglioramento della qualità della vita, legato al progresso scientifico e tecnologico, sembrano aver affievolito.

L’ultima fiera per le strade cittadine risale al 1986 e, soprattutto per me che abitavo nell’orto di Gallo, ricordo negli anni in cui ero adolescente che uscendo da via Foscolo mi ritrovavo su Corso Garibaldi ad ammirare i venditori di piatti che battevano sul banco metallico ad amplificarne il rumore per richiamare l’attenzione dei passanti. Tante bancarelle, sicuramente, ma molto altro. Se non si contestualizza il tutto si rischia di dimenticare che “l’evoluzione” passa attraverso una revisione completa di abitudini, comportamenti e, sottolineo ancora una volta, valori. Perché finita la fiera, tutti tornavano alle proprie abitazioni. A Castrovillari c’era una sola birreria (quella di Gigetto, Jessica), con posti a sedere. Quindi nessuno “parcheggiava” i propri figli in locali, pub, paninoteche o birrerie. Pochi, tra i grandi, dopo aver parcheggiato i figli si organizzavano per andare in pizzeria, perché ne esistevano soltanto due (quadrifoglio a via XX Settembre e Motel Asty), con pochissimi posti a sedere.

Le serate si passavano in famiglia, magari a vedere tutti insieme il programma del sabato sera di Rai uno. Le forze dell’ordine non avevano la necessità di fare riunione del comitato di sicurezza per attenzionare punti particolari della città chiedendo all’amministrazione di mettere telecamere. Nessun tredicenne alla 3 di notte si aggirava in giro in gruppi per compiere atti vandalici e di bullismo.

All’epoca, diversamente da oggi, i genitori che ancora davano l’orario di rientro, senza telefonino sapevano perfettamente dove erano i propri figli, con chi e cosa facessero. La domenica, poi, quando i negozi erano chiusi e non esistevano i centri commerciali , era domenica per tutti. Le famiglie si organizzavano per le gite in montagna, mare, campagna, paesi vicini e meno vicini. Le famiglie stavano insieme. Non andavano nei centri commerciali ad acquistare quei beni che vendono anche gli ambulanti e che, per questo, sono sempre di meno a fare la scelta del sacrificio delle bancarelle, dei disagi, degli orari assurdi. Pensare al passato non vuol dire soltanto ricordare i momenti romantici, ma effimeri, delle fiere paesane ma i comportamenti delle famiglie, le priorità, il rispetto di persone, luoghi ed istituzioni, prima fra tutte la scuola e gli insegnanti. E’ stato vero progresso? Sono stati conservati gli stessi valori? Tra questi interrogativi si perde il mio momento nostalgico e riaffiora la consapevolezza che non intendo naufragar in questo mare di modernità (rispetto al quale la fiera di San Giovanni è solo la punta dell’ iceberg).