Denis Bergamini e Nicholas Green. Due storie drammatiche che hanno come scenario la Calabria, bella e maledetta. Due giovani vite spezzate nella nostra terra ad opera di calabresi che non rappresentano in nessun modo la nostra realtà ma sono soltanto una delle tante tristi sfaccettature di una terra che continua a pagare colpe non sue. E che comunque ha saputo riscattarsi proprio creando un rapporto speciale con le famiglie di quei due giovani, la famiglia Bergamini di Ferrara e la famiglia americana di Nicholas Green.
Stasera queste due storie conquisteranno l’attenzione generale sui due principali palcoscenici della televisione. La storia di Denis Bergamini verrà raccontata ne “Il cono dì’onbra”, una docuserie in due puntate su Sky Tg24 e Sky Crime. La storia di Nicholas Green verrà raccontata in un documentario dal titolo “Effetto Nicholas” su Raidue.
Di seguito, le coordinate di queste due storie.
DENIS BERGAMINI E IL CONO D’OMBRA
Arriva su Sky, il 27 e 28 giugno, ‘Il cono d’ombra – La storia di Denis Bergamini’, la docuserie Sky Original che riaccende i riflettori su uno dei casi di cronaca nera più controversi e inspiegabili che per oltre trent’anni ha sfidato la giustizia.
Ideata da Pablo Trincia, Debora Campanella e Paolo Negro, la docuserie racconta, in quattro episodi, la verità nascosta dietro la morte di Denis Bergamini, il giovane calciatore di serie C del Cosenza che il 18 novembre del 1989 perse la vita in circostanze misteriose.
La docuserie Sky
La docuserie ha l’intenzione di riportare alla luce la vicenda che per oltre 30 anni è rimasta avvolta nel mistero. Una narrazione fatta di silenzi, contraddizioni, depistaggi e dolore. Un dolore vissuto in prima persona dalle persone più care a Denis, come la sorella, Donata Bergamini, che ha sempre combattuto in questi anni per ottenere giustizia. Arrivata, parzialmente, solo lo scorso ottobre, dopo oltre tre decenni, quando Isabella Internò, ex fidanzata del calciatore, è stata condannata in primo grado a 16 anni di reclusione per omicidio in concorso con ignoti.
Alla conferenza stampa di presentazione della docuserie, oggi 23 giugno, Donata Bergamini ha ricordato il suo lungo percorso: “Non ho mai cercato di enfatizzare la figura di mio fratello. Chi era Denis, lo raccontano sempre i suoi compagni. Ma negli anni, su di lui sono state dette tante bugie. La verità era visibile fin dall’inizio, ma qualcuno ha scelto di non vederla. Un dolore grandissimo. In questi 35 anni, l’unica ad aver scontato la pena in carcere sono io. Da innocente”.
Il ‘cono d’ombra’ ripercorre il caso giudiziario, che comincia da quella sera di novembre, lungo la statale della costa calabrese: un camion fermo in mezzo alla carreggiata, una ragazza in lacrime e sull’asfalto, il corpo senza vita di Denis Bergamini che appare come investito. All’inizio si parla di suicidio, ma da subito, la famiglia rifiuta questa ipotesi. Nasce così un ‘cono d’ombra’ che avvolge il caso e ne complica lo sviluppo per oltre 30 anni, alimentando domande senza risposta, sospetti, e ricostruzioni spesso contraddittorie. Come quelle sostenute dall’ex di Bergamini, Internò.
Pablo Trincia, autore e voce narrante, riporta a galla la vicenda attraverso le testimonianze, le immagini d’archivio, e le ricostruzioni basate su atti processuali. Il racconto segue l’evoluzione dell’inchiesta fino ai giorni nostri, culminata nella riapertura del caso da parte della Procura di Castrovillari nel 2021. Un lavoro che il giornalista definisce “eccezionale”.
Il caso, trattato inizialmente con superficialità, è stato analizzato dal 2021 nei minimi dettagli. “Spero che”, ha dichiarato Trincia, “dalla visione di questa docuserie rimanga allo spettatore l’approccio scientifico che si deve avere in questi casi”. È stato un lavoro attento basato sulla ricerca e sulla ricostruzione, “ma sempre legato a un principio: la scienza e la fisica dicono che Denis non si è suicidato“, ha aggiunto Pablo Trincia, già autore di inchieste di successo come ‘Veleno’ o ‘Rigopiano’.
Cosa è successo a Denis Bergamini? Il racconto parte da questa domanda che per 30 anni è rimasta avvolta nel mistero, in un intreccio di bugie. “L’immagine di quella macchina che entra in una piazzola in autostrada con due persone a bordo, e poco dopo una di loro muore sotto un camion, sembra l’inizio di un romanzo noir – ha detto Trincia – ma purtroppo non è così. È questo mistero, questo cono d’ombra, che ci ha spinti a scavare sempre di più per scoprire la verità”.
EFFETTO NICHOLAS
Il primo ottobre 1994, l’Italia si svegliò, incredula, davanti alle prime pagine dei giornali. Riportavano la notizia di un bambino americano di 7 anni, Nicholas Green, raggiunto alla testa da un colpo di pistola la sera prima mentre con la famiglia andava in vacanza in Calabria. Morì due giorni dopo, vittima innocente di una rapina.
Reginald e Margaret Green, i genitori, superarono il loro immenso dolore e decisero di donare gli organi del figlioletto salvando sette persone in attesa di trapianto. L’«effetto Nicholas», come venne ribattezzato, portò a un aumento considerevole delle donazioni in un Paese che fino ad allora aveva mostrato diffidenza e indifferenza.
La vicenda diventò un vero e proprio caso mediatico, una tragedia collettiva che, grazie al coraggio della famiglia Green che decisee di donare gli organi del piccolo Nicholas, riuscì a sdoganare il tabù della donazione degli organi nel nostro Paese. In occasione del trentennale della morte di Nicholas Green, andrà in onda venerdì 27 giugno in prima serata su Rai2 «Effetto Nicholas», un documentario – prodotto da Endemol Shine Italy per Rai Documentari – che racconta la tragica vicenda e ciò che successivamente accadde.
Il film nel 1988
Per il publico italiano si tratta di una «premiere», sul piccolo schermo. Sul grande schermo, invece, la vicenda di Nicholas venne portata nel 1998 con il film «Il dono di Nicholas» diretto da Robert Markowitz e con u ncast di prim’ordine; Jamie Lee Curtis, nel ruolo di Maggie Green; Alan Bates, in quello di papà Reginald mentre Gene Wexler impersonava Nicholas.
Il documentario di Endemol Shine Italy per Rai Documentari, ideato e scritto da Carmen Vogani con Lorenzo Avola, analizza a fondo quella che è stata una vera e propria rivoluzione culturale in Italia, raccontando l’evoluzione dei trapianti d’organo nel nostro Paese e di come la scelta della famiglia Green fece da esempio e ispirazione in Italia, dove vi è oggi un’eccellenza medica nel campo dei trapianti.
Abbiamo rivolto alcune domande sul documentario, a Reg Green che conferma quanto sia stato forte l’impatto della morte di suo figlio sugli italiani, anche a distanza di tre decenni. «L’autrice, Carmen Vogani, ha detto di aver vissuto in prima persona il potere del trapianto – racconta Green -. Suo padre aveva bisogno di un trapianto. La famiglia del donatore ha detto di aver scelto di donare per suo padre, perché erano rimasti colpiti dalla storia di Nicholas. Inoltre, è cresciuta in Calabria e conosce bene il potere della mafia». Cosa ha provato inizialmente quando è stato coinvolto nel progetto? E la sua famiglia? «Ci ha riportato alla mente ricordi molto forti di un periodo terribile della nostra vita». Cosa pensa del risultato del documentario? «Abbiamo tutti pensato che raccontasse la nostra storia in modo meraviglioso. Sicuramente contribuirà a salvare molte vite». In che modo pensa che possa aiutare a promuovere la cultura della donazione di organi in Italia? «Spero che faccia pensare ogni persona che lo guarda: “Un giorno potrebbe toccare a me. Cosa farei in quel caso?”».
Effetto dirompente
L’«Effetto Nicholas» è stato così dirompente che solo l’anno dopo la sua scomparsa i trapianti nel nostro Paese sono aumentati del 25% e, nei dieci anni successivi, la percentuale di donazioni d’organi in Italia risulta triplicata. Questo anche grazie alla risonanza mediatica che ebbe l’accaduto, influendo notevolmente, e positivamente, sulla cultura della donazione in Italia. Al documentario ha aderito il Centro Nazionale Trapianti e la stessa famiglia Green, che ha partecipato al progetto in prima persona con le testimonianze dirette di Reginald Green, il padre di Nicholas, di sua moglie Margaret, e della loro figlia Eleanor, che quella terribile notte del 1994 dormiva accanto al fratello maggiore. Oltre alla famiglia Green, il documentario dà voce agli altri testimoni della vicenda, grazie anche ai diversi materiali d’archivio: dai riceventi di organi ai medici dell’epoca. Ma non mancano storie legate al presente: testimonianze di chi ha vissuto la donazione, sia come familiare del donatore che come ricevente, affrontando anche la questione della garanzia dell’anonimato. Il documentario, infine, ricostruisce la vicenda raccontando il processo per l’omicidio del piccolo Nicholas, che si è concluso in ogni grado di giudizio.