Crotone. Gaetano Grillo, il Pd e il rinnovamento che non c’è

Il fabbricatore di contraddizioni
Grillo, il PD crotonese e il rinnovamento che non c’è (ancora)

Fonte: U’Ruccularu

Gaetano Grillo, ex sindaco ed esponente storico del Partito Democratico crotonese, si è definito “fabbricatore” del nuovo partito.
Un’immagine potente, da demiurgo della rinascita, da architetto della rigenerazione.
Peccato che, a leggere tra le righe della sua lunga intervista post-congresso, quel “nuovo” somigli molto a una versione restaurata del vecchio.
Il giovane Grillo non risparmia colpi: individua nei suoi avversari (esterni e interni) i veri responsabili del declino del partito.
Dichiara guerra all’“analfabetismo politico” che lo circonda, si propone come educatore delle nuove leve e non esclude di candidarsi di nuovo a sindaco “sempre con l’obiettivo di vincere”.
Ma proprio qui si apre la prima crepa nel suo discorso: può essere il passato a costruire il futuro?

IL NUOVO CHE AVANZA… A RITROSO
La prima contraddizione sta proprio nella gestione del congresso cittadino. Grillo annuncia la necessità di un “ricambio” e di “innesti del tutto nuovi”, salvo poi riconfermare la segretaria uscente Annagiulia Caiazza.
La giustificazione? “Non ho trovato nessuno disponibile”.
Una frase che smaschera il paradosso: il rinnovamento del partito passa dalla conservazione delle stesse figure che lo hanno rappresentato negli ultimi anni.
Il suo commento – “questo è il legno per fare il Crocifisso” – è tragicomico: una rassegnazione mascherata da visione, un’ammissione di debolezza travestita da necessità.
Nel frattempo, la stessa Caiazza – descritta come consapevole degli errori passati – diventa l’asse attorno a cui si ricompone il partito.
Ma a quale prezzo? La sensazione è che si stia provando a rivendere la plastica per legno pregiato.

LA STORIA CHE NON PASSA
Grillo tenta anche una riscrittura storica del PD crotonese.
Secondo lui, le colpe del decennio Vallone sarebbero state ingigantite dalla stampa e dai 5 Stelle.
Ma i numeri delle elezioni 2016 dicono altro: al primo turno Rosanna Barbieri, candidata PD, ottenne il 30%, ma al ballottaggio perse con oltre 4.000 voti di scarto.
Non è revisionismo che può cancellare la memoria collettiva di una stagione percepita – a torto o a ragione – come fallimentare.
Nel difendere quel passato, Grillo si appella ai dati, ma omette l’umore dell’elettorato.
E soprattutto, non sembra comprendere che il vero “effetto Vallone” non fu numerico ma culturale: un senso di stanchezza verso la politica clientelare del PD, che oggi ancora fatica a scrollarsi di dosso.

FRAMMENTI DI PARTITO
Nemmeno il presente è più rassicurante.
Le accuse al consigliere Devona – unico eletto (anzi confluito) del PD in consiglio comunale – appaiono sproporzionate.
Prima corteggiato e poi scaricato il sempre verde Grillo lo accusa di “non aver mosso un dito”, ma omette che il partito, con un solo seggio, è oggettivamente marginale.
Le parole sembrano più la spia di un regolamento di conti interno che di un’analisi politica.
Invece di ricucire, Grillo spacca.
Invece di includere, isola.
E mentre predica rinnovamento, coltiva spaccature. Il suo stesso racconto, intriso di allusioni a “invidie”, “frustrazioni” e “spaccature insanabili”, fotografa un partito disunito che fatica a ritrovare una voce comune.

IL PD TRA EREDITÀ PESANTI E INCHIESTE GIUDIZIARIE
A complicare ulteriormente il quadro c’è un passato che non vuole finire nei cassetti.
Il Partito Democratico crotonese è stato, per anni, influenzato da figure potenti e oggi ingombranti.
Enzo Sculco, definito “il Ras di Crotone”, ha esercitato un dominio incontrastato sulla politica locale.
La sua influenza ha attraversato trasversalmente i partiti, condizionando il PD anche dopo la fondazione del movimento “Demokratici”.
Mario Oliverio, ex governatore della Calabria ed esponente di punta del PD regionale, è oggi rinviato a giudizio nel maxiprocesso “Glicine-Acheronte”, insieme allo stesso Sculco e a Giancarlo Devona. Le accuse: corruzione, concussione, turbativa d’asta, voto di scambio.
Un “comitato politico-affaristico”, secondo la DDA di Catanzaro, con legami opachi tra politica e interessi criminali.
Questa è l’aria che si respira nel PD crotonese: un partito che parla di riforme ma non riesce a recidere davvero i legami con un passato torbido.

2026: UNA STRADA SENZA BUSSOLA
Nel frattempo, il sindaco uscente Vincenzo Voce ha già messo in campo il suo progetto politico: il movimento Crescere, con l’appoggio del governatore Occhiuto e di Forza Italia.
Il centrodestra prova a marciare compatto.
Il centrosinistra, invece, annaspa. Anzi, non esiste.
Il dialogo con M5S e Sinistra Italiana è ancora tutto da costruire.
Non c’è un candidato unitario, non c’è un programma chiaro.
E il PD, che dovrebbe essere il motore di questa alleanza, si presenta stanco, spaccato, autoreferenziale.
La disponibilità di Grillo a candidarsi – “se non si trova nessuno” – è l’ultima contraddizione: il rinnovamento che si affida al restauratore, la svolta che riporta al punto di partenza.

RIFORMA O RIFONDAZIONE?
Il Partito Democratico crotonese, così com’è, non può rappresentare un’alternativa credibile per le amministrative del 2026.
Per farlo, deve:
Recidere i legami con il passato che continua a zavorrare ogni tentativo di cambiamento.
Scegliere una leadership nuova davvero, fuori dalle logiche dei congressi blindati e delle scelte “per mancanza di alternative”.
Costruire un progetto politico serio, che parli di sanità, lavoro, ambiente, e soprattutto credibilità.
Altrimenti, il “nuovo partito” di Grillo rischia di diventare l’ultima maschera del vecchio, e il centrosinistra l’ennesimo spettatore silenzioso di una Crotone che cambia senza di lui.