Una tabaccheria, a Palmi, intestata “fittiziamente per riciclare e reimpiegare i proventi del narcotraffico” è finita sotto la lente del comando provinciale della Guardia di finanza, agli ordini del colonnello Agostino Tortora, che ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza, emesso dalla procura presso il tribunale di Reggio Calabria, Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore facente funzioni, Giuseppe Lombardo.
In particolare, la misura patrimoniale arriva dopo un’attività d’indagine svolta dalla compagnia di Palmi, nell’ambito della quale, allo stato del procedimento e fatte salve le successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento delle responsabilità, sarebbe emerso che “la tabaccheria è stata fittiziamente intestata a un prestanome residente in Palmi, mentre sarebbe effettivamente riconducibile e gestita, con diversi ruoli, dai componenti di uno stesso nucleo familiare”.
“Questa “testa di legno”, infatti, – spiega la Guardia di finanza – si era totalmente disinteressata dell’operatività concreta dell’impresa, non frequentando i locali commerciali e non percependo alcuna utilità economica dalla stessa”.
La tabaccheria è risultata, invece, come riportano le fiamme gialle, “concretamente gestita dai familiari di due detenuti, recentemente condannati dal tribunale di Reggio Calabria a oltre 14 anni di reclusione, nell’ambito dell’operazione “Tre Croci”, condotta dalla stessa Guardia di finanza di Reggio Calabria, per il loro coinvolgimento in attività di narcotraffico internazionale”.
Queste persone attualmente recluse, in particolare, come risulta dall’istruttoria processuale ora approdata alla condanna di primo grado, “risultano di aver condotto un’attività di intermediazione logistica del traffico di droga gestito attraverso il porto di Gioia Tauro, curando l’importazione delle partite di stupefacente, le correlate fasi dell’”esfiltrazione” dall’area portuale gioiese e, talvolta, anche la diretta cessione di consistenti carichi di cocaina”.
Pertanto, l’intestazione fittizia della tabaccheria ora sottoposta a sequestro era, “da un lato, funzionale a favorire gli interessi economici della famiglia dei detenuti, a cui sono risultati convogliati la gran parte dei flussi finanziari riferibili alla gestione d’impresa in argomento.
Per altro verso, come specificamente precisato nel provvedimento ablativo eseguito, – continuano le fiamme gialle – la dissimulazione patrimoniale posta in essere – sempre allo stato dell’istruttoria e fatte salve le ulteriori determinazioni correlate al definitivo pronunciamento sui profili di responsabilità – aveva lo scopo di soddisfare “le esigenze di riciclaggio e reimpiego nell’attività commerciale dei proventi dell’attività di narcotraffico a cui gli stessi erano dediti nell’ambito e in funzione della cura degli interessi delle cosche”. E ciò, anche “al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa unitaria definita ‘ndrangheta, con particolare riferimento alle sue articolazioni territoriali note come cosche Piromalli, Molè, Crea, Alvaro, Gallico”.









