Bergamotto: potere e soldi alle spalle degli agricoltori veri
Il partito del governatore-dimissionario Occhiuto, con i suoi elenchi di collocamento e favoritismo e le liste di proscrizione gestite a Sud della regione dal fido e intoccabile onorevole Ciccio “bomba” (o bummino come lo chiamate a Cosenza) e a Nord da lui stesso e dal Gallo cedrone assessore, ha fatto danni anche in agricoltura.
Prima con il plenipotenziario direttore generale Giovinazzo, ricollocato da Ciccio a tutti i costi e poi allontanato all’inizio dell’anno, si dice in malo modo, dall’assessore Gallo (sempre cedrone) verso due posti molto meno visibili, ma più sostanziosi e clientelari: nomina a direttore dell’organo di pagamento regionale ovvero l’ARCEA e nomina a commissario dei Consorzio unico di bonifica.
Era logico e prevedibile: due galli nello stesso pollaio erano diventati speculari, ripetitivi e ridicoli oltre che pericolosi per gli altri e per loro stessi. Poi con l’arrivo dell’invisibile e intangibile nuovo direttore generale Iiritano, l’assessore ha ripreso il suo pieno palcoscenico ma l’agricoltura ha continuato a perdere colpi sempre più insistentemente, eccezion fatta per costosissimi eventi e fiere… naturalmente da prima pagina.
Anche il famoso bergamotto reggino, a loro dire non poteva rimanere come lo è da tre secoli “di Reggio Calabria” ma doveva diventare anch’esso “di Calabria” come il Peperoncino, per favorire anche le altre province e le aree agricole degli amici e dei parenti che improvvisamente diventavano bergamotticoltori, da Crotone a Corigliano-Rossano, passando per il Vibonese e la Piana di Gioia Tauro e di Lamezia. L’azione di sabotaggio per i bergamotticoltori nel reggino è stata massiccia. Neanche l’ombra dei ristori promessi in pompa magna agli agricoltori dell’area reggina bergamotticola per la crisi climatica ed economica, sin dalla fine del 2023. Per non parlare dell’ipotesi di “Bergamotto di Calabria DOP” ormai venuta alla luce del sole. Un’idea sconclusionata che però ha sabotato e ritardato il percorso dell’IGP approvato dal Ministero per ben due volte, ordita nell’ombra dalla Regione con la complicità di Coldiretti e Confagricoltura (nemiche in tutta Italia tranne che per andare contro il bergamotto reggino) e dalla Camera di commercio di Reggio.
Quest’ultima ha co-finanziato la penultima edizione di “Bergarè” con una partita di giro (leggi spese in servizi) tra Regione e Consorzio del bergamotto mentre l’ultima edizione del 2024 è stata finanziata e realizzata autonomamente dalla Camera, a causa dello scontro sul programma degli eventi e conseguente frattura, non ricomposta, tra il presidente della Camera di commercio Antonino “Ninni” Tramontana e la neo vicepresidente del Consorzio del bergamotto nonché blogger-influencer-farmacista- agricoltore- nipote-promoter Giovanna Pizzi, uscita dalla scena sembra definitivamente o quasi. Dunque tutti hanno un interesse piccolo o grande nell’”affaire bergamotto”. Ma tutto questo e tanto altro è avvenuto e avviene per non sfavorire la storica e intoccabile “borghesia del bergamotto” (come l’ha definita nel suo libro il prof. Pasquale Amato), oggi diventata vera e propria masso-lobby che gestisce il monopolio dell’olio essenziale del bergamotto (circa 20 mln di giro di affari) e dell’acquisto dei frutti (fissandone il prezzo stracciato a suo piacimento a discapito dei bergamotticoltori) e che vive come ai tempi del feudalesimo, naturalmente da feudataria, sulle spalle di generazioni di poveri agricoltori da nessuno tutelati.
Una lobby costituita da un insieme di soggetti di vario tipo, tra nobili decaduti e imprenditori storici, cooperative e capoccioni locali, che di fatto non portano nemmeno voti ma meritano “il rispetto” che non può essere scalfito in quanto consolidato da vari decenni. Ma se non portano voti qual è stato e sarà l’interesse della politica e di due associazioni di categoria oltre quello già descritto della Camera di commercio reggina, nel favorire la lobby, con grande disappunto generale degli agricoltori reggini gabbati dalle stesse loro associazioni datoriali?
ll fulcro del collaudato e oleato “sistema” di do ut des sta nelle mani sapienti dell’”avvocato”, così definito come fosse Agnelli , ovvero del pluripresidente Ezio Pizzi, al quale nessuno (o quasi) può dire di no. Il nostro canuto e vetusto eroe, non gradisce che qualche altro essere umano sul pianeta si possa occupare di bergamotto senza il suo benestare o che possa solo pensare di togliergli dalle mani ciò che gestisce impunito da quasi mezzo secolo: “il bergamotto l’ho inventato io” egli ancora sostiene alla Pippo Baudo… Egli è il presidente dello storico Consorzio del Bergamotto (oggi a vigilanza regionale e finanziato dalla Regione), ma è anche il presidente del Consorzio di tutela della DOP “Bergamotto di Reggio Calabria-Olio essenziale” (ente a vigilanza ministeriale, finanziato da Regione e Ministero, attivo dal 2007) ed è pure il presidente dalla OP (organizzazione di prodotto) “Unionberg” (finanziata dalla UE) oltre ad essere titolare e socio di alcune aziende agricole, naturalmente. E non desta alcuna sorpresa che i vicepresidenti e i membri dei vari CDA siano i suoi nipoti, i parenti diretti e i noti amici fedeli.
A parte i plausibili conflitti di interesse di cui tutti tacciono, il tesoretto che probabilmente interessa tutti “gli eletti” è consistente e cresce nel tempo. Le risorse pubbliche ricevute dall’avvocato-presidente-agricoltore con i suoi sodali e non solo, sarebbero dovute servire da circa un ventennio a far si che il Bergamotto di Reggio Calabria fosse conosciuto e apprezzato nel mondo. E invece a stento lo si conosce in Calabria: qualche evento (rigorosamente locale), qualche fiera (in cui spesso gli stand sono vuoti), qualche studio e ricerca… ma per lo più finanziati o cofinanziati da altri, ovvero da chi regolarmente elargisce risorse ai vari carrozzoni dell’Avvocato per farli sopravvivere. Sì, perché l’Avvocato, notoriamente parsimonioso, sostiene di fare tutto gratis e con sacrificio, e che con i denari che riceve deve “pagare i debiti sostanziosi” di chi c’era prima di lui nel caso del Consorzio del Bergamotto: peccato che è una cosa vietata, ma pochi lo sanno e nessuno lo dice.
Per fortuna gli atti e i bilanci sono pubblici e si scopre che lo storico Consorzio del Bergamotto (nato su per giù quando nasceva l’Avvocato ovvero negli anni ’40) riceve dalla Regione Calabria – Dipartimento Agricoltura mediamente 210.000 euro all’anno con decreti suddivisi tra fondi per spese di funzionamento e spese per la promozione: basta cercare sul web, anno per anno “Liquidazione in favore del Consorzio del bergamotto” e il gioco è fatto. Un consorzio la cui sede all’Arenella di San Gregorio di Reggio Calabria è completamente abbandonata a se stessa e per la quale, voci di corridoio, parlano di potenziali speculazioni edilizie in attesa che le acque si calmino e i riflettori si spengano, visto che polemicamente e a più voci è stato richiesto al buon Gallo e a Occhiuto, da parte di CIA, di Copagri, da parte di gruppi e comitati vari di bergamotticoltori e pure da parte di alleati di maggioranza, il commissariamento immediato dell’ente. Cosa che non è mai avvenuta.
Soprattutto quando un anno fa , in una diretta di una nota trasmissione televisiva regionale, si è venuto a sapere della misconosciuta super prebenda da 1,8 milioni di euro pagata dalla Regione al Consorzio del bergamotto: nessuno sa a cosa sia servita, a parte per “pagare i debiti” come dice pubblicamente il pluri-presidente autodenunciandosi inconsapevolmente. Il quale presidente-avvocato che si definisce un “volontario”, in realtà dal Consorzio del bergamotto (non sappiamo dagli altri consorzi), si becca più di 31.000 euro all’anno in “emolumenti” e 90.000 euro di “rimborsi spesa”, come si evince dai bilanci pubblici disponibili sul web.
Oltre la formazione professionale (addirittura!) con la Misura 111 del PSR per il Consorzio del Bergamotto, ulteriori attività finanziate dalla Regione, si affiancano e si integrano alla presunta promozione finanziata in parallelo all’altro carrozzone ovvero al Consorzio di tutela della inesistente essenza DOP, presieduto naturalmente dall’Avvocato, il quale da sempre si diverte a confondere i vari enti come con il gioco delle tre carte, per cui incredibilmente anche chi occupa posti di controllo e di verifica, sbaglia facilmente tra un Consorzio e l’altro!
Tra i vari finanziamenti ricevuti, oltre a quelli annualmente previsti per tutti i Consorzi di tutela per i prodotti DOP e IGP calabresi, sia che funzionino o meno (da 100.000 a 200.000 euro), dà all’occhio quello da 200.000 euro elargito dal Dipartimento Agricoltura della Regione per la promozione dell’olio essenziale DOP con il fondo “FEASR PSR Calabria 2014-2020 Misura 3.2.1 sottointervento A – Prodotti agricoli di qualità”. Di fatto il finanziamento non poteva essere richiesto dal Consorzio, non poteva essere elargito dal Dipartimento agricoltura all’epoca diretto dall’amicone di sempre Giovinazzo e nemmeno speso dal Consorzio. Trattasi infatti di una Misura destinata ai “prodotti agricoli di qualità” a marchio IGP o DOP. Peccato che l’olio essenziale, anche se DOP, non sia un prodotto agricolo e quindi non può essere “beneficiato” ovvero finanziato per la sua promozione e comunicazione. E anche se lo fosse stato, quanto invece realizzato e in parte speso dal Consorzio per la promozione e comunicazione, grazie a varie proroghe ottenute da allora fino ad oggi, consiste in qualche post su FB e qualche stampa (con la dicitura obbligatoria in quanto soggetto a finanziamento) che hanno però riguardato il bergamotto dal punto gastronomico e dolciario, visto che poco c’è da promuovere per l’ “essenza Dop” di fatto inesistente. Tripla distrazione di risorse dunque, che stranamente nessuno di competenza ha percepito o individuato.
E per i finanziamenti destinati all’OP “Unionberg” che, per come si evince dai bilanci presenti sul web, fattura mediamente 4,5 milioni di euro all’anno e ha utili per soli 7.000 euro? Oltre alla presunta promozione ben finanziata, esistono altri investimenti previsti e finanziati dai cosiddetti Piani Operativi, ma risulta che essi siano riservati ad “amici e parenti” della famiglia Pizzi; provate a chiedere alle centinaia di associati a questa cooperativa se hanno mai usufruito di quei benefici previsti e ai quali avrebbero diritto, sottoforma di acquisti e investimenti fondiari vari, i quali devono essere pari all’8% del fatturato annuo complessivo quindi pari a più di 300.000 euro l’anno di investimenti. Vi risponderanno che nulla sanno e nulla hanno mai saputo e che a qualche amico fortunato forse è arrivato qualche sacco di concime, qualche pianta o qualche cassetta o bins! Pochi parlano e nessuno si ribella, visto il rischio fondato che l’anno successivo la lobby non acquisti il bergamotto per vendetta, facendo sì che marcisca sulle piante non essendoci ad oggi vera alternativa commerciale, appositamente boicottata dalla lobby.
Davvero con tutti questi soldi elargiti ai vari consorzi “di famiglia” (e chissà quanti altri finanziamenti esistono parallelamente che non si conoscono, per il momento) il Bergamotto di Reggio Calabria sarebbe potuto diventare ciò che non è diventato per colpa di pochi eletti intoccabili. Con tutti questi soldi si sarebbero salvaguardati dalle crisi periodiche i bergamotticoltori, schiacciati da sempre dalla morsa dell’industria monopolistica dell’essenza, si sarebbe lanciato il prodotto fresco e i derivati agroalimentari richiesti dal mercato per le sue caratteristiche salutistiche, si sarebbero potuti finanziare progetti di ricerca seri (non i soliti copia e incolla degli anni’90 che vengono esaltati ancora oggi) e di ricerca ospedaliera vera, in vent’anni , per ottenere finalmente il claim nutrizionale comunitario riguardante le capacità salutistiche del bergamotto come quella di abbattere il colesterolo o la glicemia, ma che è ancora vietato indicare in etichetta; così come si sarebbero potuti finanziare i ristori per la crisi del comparto e si sarebbe potuto finanziare concretamente l’unico Museo nazionale del bergamotto a Reggio Calabria che va avanti, con sacrificio, grazie all’attività impagabile di un’associazione e di veri volontari, che da più di trent’anni promuovono davvero il Bergamotto di Reggio Calabria in Italia e nel mondo.
A questo punto ci viene da chiedere come mai nessun organo inquirente abbia mai aperto il vaso di pandora e soprattutto, ci chiediamo, che fine abbia fatto il Contratto di Programma per il Bergamotto di Reggio Calabria da ben 20 milioni di euro, approvato dal CIPES nel 2000 proprio per il Consorzio del bergamotto e la Regione Calabria. Risorse disperse per incompetenza tra le fragranze inebrianti del prezioso agrume o risorse che invece si sono solo in parte spese in silenzio con minuzia e competenza? Si spera che questa volta qualcuno possa rispondere almeno a questa semplice ma “costosa” curiosità.
I bergamotticoltori reggini









