Calabria 2025. I tanti cerchi magici degli Occhiuto: i fondi Fusese e Dunamis e il ruolo dell’avvocato Romano

Roberto Occhiuto, da oltre trent’anni percettore del reddito di parassita, in un video su Facebook definisce una sola il reddito di dignità proposto da Pasquale Tridico. Che detto dal re delle sole suona quasi come un rimprovero sull’uso improprio della sola.

Ora, che Tridico giochi sporco sulle parole è evidente: quando parla di reddito di dignità non lo spiega mai fino in fondo. Lo lega alle cosiddette politiche attive del lavoro, che in Calabria non sono mai esistite: corsi di formazione farlocchi, progetti inutili, carrozzoni mangiasoldi. Gioca sull’equivoco perché vuole che i calabresi lo percepiscano come un assegno diretto, una sorta di reddito di cittadinanza regionale. Ma è impossibile: né le casse regionali lo permettono, né i fondi europei possono essere usati per distribuire soldi in tasca, visto che finanziano solo servizi.

Ed è proprio qui che arriva Occhiuto: invece di smontare l’ambiguità di Tridico, ci si specchia dentro. Usa la parola sola, per attaccare l’altro, ma inconsciamente finisce per raccontare più di sé che del suo avversario. Quello di solare la gente e le istituzioni è un gioco che Robertino conosce bene: e quando dà del sola a Tridico, lo fa per rivendicarne i diritti d’autore e allo stesso tempo per dargli del dilettante. Non a caso, l’appellativo più usato per i fratelli Occhiuto è quello di “vrusciaturi”, l’equivalente del romanesco er sola. L’uso della parola sola fa parte dello slang tipico di chi vive di imbrogli e intrallazzi. E detta dal re delle sole suona come un concerto di Vivaldi.

La “sola” di Tridico, in sostanza, è la stessa che Occhiuto ha messo in pratica da presidente. Nel video dice di aver già fatto il suo “reddito di dignità”. Ma quello che spaccia per welfare innovativo è in realtà la solita minestra riscaldata, la stessa che anche Tridico propone per fare un favore al Pd, specialista negli intrallazzi dei corsi di formazione. Fondi europei che alimentano i soliti carrozzoni clientelari.

Le misure citate da Robertino sono Dunamis e Fusese. Il Fusese promette autoimpiego e microcredito (46 milioni di euro). Il Dunamis incentivi alle assunzioni (35 milioni di euro). Sulla carta, strumenti per creare lavoro; nella realtà, l’ennesimo bancomat elettorale. Bandi a sportello, procedure opache, contributi distribuiti a chi ha l’aggancio giusto. Totale: 81 milioni di euro, tutti gestiti da Fincalabra, la società in-house della Regione. Un luogo dove la trasparenza non è mai stata di casa. Entrambi i bandi sono attivi, guarda caso, solo da un mese, quasi in concomitanza con le dimissioni di Robertino. Ad oggi non esiste ancora un elenco definitivo dei beneficiari, ma tantissime domande sono già state accolte. Una montagna di denaro che Robertino sta distribuendo in piena campagna elettorale e che in pubblico chiama sviluppo e lavoro. Sarebbe interessante verificare, ad esempio, se i beneficiari del Dunamis, una volta ottenuto il finanziamento, abbiano davvero proceduto ad assumere personale. E sarebbe ancora più interessante controllare quante attività con il fondo Fusese si sono realmente realizzate fino ad oggi, visto che diversi milioni sono già stati elargiti.

E non è certo un caso che a gestire la torta di 81 milioni dei suoi pseudo-redditi di dignità, Occhiuto abbia piazzato alla presidenza di Fincalabra Giosy Romano, l’uomo dei bandi a sportello. Curriculum da manuale: ex sindaco, ex presidente ASI Napoli dichiarato inconferibile dall’ANAC, citato nelle intercettazioni dell’affare ex Cirio, sponsorizzato da Luigi Cesaro detto ’a purpetta, finito indagato per traffico di influenze nella ZES e poi salvato dall’archiviazione. Uno che cade sempre in piedi.

La sua nomina è il prodotto del solito gioco di squadra romano-calabrese: Romano era uomo del giro di Mara Carfagna e Raffaele Fitto. Una pedina di fiducia che Fitto consiglia a Occhiuto di nominare ai vertici di Fincalabra. La persona giusta per gestire gli 81 milioni di euro a sportello in piena campagna elettorale. Infatti Occhiuto nomina Romano sul finire del 2024, proprio in previsione dell’attivazione dei bandi. Romano non è un nome qualsiasi: è l’emblema del metodo Occhiuto, e dei suoi tanti cerchi magici. Uomo di apparato, sopravvissuto a tutte le stagioni, capace di muoversi tra partiti e ministeri con la stessa agilità con cui cambia incarico. Dalle inchieste finite in nulla alle poltrone sempre garantite, la sua carriera racconta meglio di mille parole come funziona il sistema: non conta la trasparenza, conta l’appartenenza. E in Calabria, quando c’è da distribuire milioni, si scelgono sempre uomini così: fedeli, malleabili e già allenati a trattare la politica come un affare privato.

Occhiuto accusa Tridico di proporre sole, lui — il re delle sole — ha costruito qualcosa di peggio: strumenti che, dietro lo specchietto del welfare, servono a distribuire soldi e consenso. Con un’aggravante: quello di Tridico è solo misero populismo, quello di Occhiuto è sistema clientelare scientifico. E questo non ha nulla a che vedere con un reddito di dignità: è piuttosto la struttura stessa del suo potere. Il sistema Occhiuto, infatti, non vive di un solo cerchio magico, ma di tanti cerchi intrecciati, ciascuno con la sua funzione e i suoi uomini di fiducia. E Mario, come tutti sanno, ha fatto dei cerchi il suo emblema: prima luminarie nelle feste di paese, poi simbolo politico, infine marchio di famiglia. Cerchi dentro i quali, da anni, girano soldi pubblici, clientele e intrallazzi. Non una parentesi, ma il sistema stesso: una geometria perfetta del potere, chiusa, autoreferenziale e impermeabile al cambiamento.