di Rocco Tripodi
La comunità vibonese, e non solo, ha fatto pervenire, attraverso spontanei canali di comunicazione, una onesta, autentica, non delegata vicinanza alla famiglia del piccolo Francesco Mirabelli. Un BIMBO morto per l’inadeguatezza nella ordinaria gestione del bene comune da parte degli ADULTI, suoi tutori istituzionali. E questo non accade in un contesto di abbandono e degrado proprio di quelle periferie ghettizzate ricettacolo di infelici, spacciatori, spacciati, miseri e miserabili; tantomeno in un famigerato campo, attenzionatissimo dagli osservatori dell’informazione scandalistica.
È una tragedia familiare che lascia affranti, sgomenti, ma anche allarmati noi semplici concittadini del piccolo Francesco, come pure, e non ho ragione di non crederlo, i politici vecchi e nuovi che questa città hanno governato e governano. Anche loro affranti e sgomenti quanto noi tutti, ma ALLARMATI con motivazioni differenti: NOI cittadini, ALLARMATI perché questo ed altri episodi più o meno recenti ci interrogano sulla corretta essenza di un parco urbano pubblico, e cioè uno spazio concepito per dare sfogo ad un bisogno collettivo di libertà, e in sicurezza, frequentato non solo da bambini ma anche da adolescenti ed adulti in comunione.
CHI HA AMMINISTRATO non solo recentemente, deve o dovrà invece essere ALLARMATO perché si trova a fronteggiare, rispondendone personalmente o anche forse penalmente, una di quelle stramaledette, sottovalutate, antipatiche scocciature alla cui eventualità non pensi quando ti candidi, perché sei intimamente tormentato da dubbi esistenziali quali: “Se sono eletto… AUDI o MERCEDES; CASA NUOVA AL MARE o IN MONTAGNA; PISCINA O CAMPO DI PADEL; CONVIENE A DESTRA O ASINISTRA?…”.
Ho atteso qualche giorno, prima di scrivere, convinto che prudenzialmente una pausa fosse necessaria anche per non sollecitare la suscettibilità di quei cittadini che per ruolo, per mestiere, per convenzione, per rito confessionale o laico, per bisogno di esposizione, per consuetudine o per mostrarsi innocenti, o per una semplice testimonianza di “c’ero anch’io” da mostrare in famiglia durante ai pasti, e aspettare, spenti i riflettori, che tutti loro fossero già rientrati nelle misericordiose “sacrestie” dove si elargiscono buoni-sconto per assoluzioni e condoni.
Ero anche convinto che gli organi di informazione locali, esaurito il ruolo di smistatori di elogi funebri prestampati dal Palazzo, e di messaggi in fotocopia di cordoglio di circostanza, iniziassero a rendere pubblico, a distanza di diversi giorni, un proprio pensiero critico e una autonoma valutazione politica sulle circostanze che hanno generato la tragedia, e sollecitarne un dibattito. Incomincio solo oggi a leggere alcune considerazioni critiche, utili anche quelle alla causa, per il resto sembra al momento, mancare una volontà o un bisogno di approfondimento politico univoco permanente, oltre quello della magistratura che ci sarà d’ufficio. L’ennesima dimostrazione che, spesso, certa informazione funziona come un distributore automatico a gettoni: aspetta che l’interessato inserisca la monetina, scelga le parole, la linea, i toni e il contenuto; quindi si dosa lo zucchero a seconda della dolcezza da dare alla scrittura, e consegna alla fine l’articolo bello, confezionato e firmato.
L’attenzione va posta sulla tristezza di questa classe politica e la TANTA POCHEZZA, la sciocca – perché sciocchi ci ritengono – BANALIZZAZIONE di una tragedia, quando, come primo segno di partecipazione, nell’immediato, promettono di intitolare al piccolo Francesco il parco che lo ha ucciso (per probabile colpa dell’uomo), collocando sul posto beffardamente una targa. E pateticamente, come pratica a presa per i fondelli, ormai consolidata già fin dall’amministrazione Costa, riducono l’emergenza ad una precipitosa copertura a tappeto con transennizzazioni selvagge e kilometri di nastro segnaletico bianco e rosso, di quelle cose e luoghi dove – sempre perché ci considerano degli gghiommari attapirati – sanno bene che persistono situazioni di pericolo non da oggi, da loro stessi trascurate.
Non si cerca la polemica tantomeno UN colpevole che non saprei individuare. Non è tempo e non sono giudice. È tempo invece di sollecitare con la massima ostinazione, una nuova presenza della politica, in quei luoghi dove prevenzione e sicurezza sono garanzia irrinunciabile di tranquilla frequentazione, in particolare delle fasce di popolazione più fragili. Parlo non solo di parchi giochi, ma di qualunque spazio pubblico che o naturalmente o tradizionalmente o per scelta urbanistica è destinato agli incontri, spettacoli, eventi vari e agli scambi quotidiani di tutti i cittadini.
Intendo ville, giardini, parchi, antiche residenze o stabili, impianti sportivi, spazi culturali, espositivi comunali, biblioteche, teatri e non ultimi viali, strade e piazze, nelle periferie e nel centro storico o in quel che ne resta. In una società multisgalipata e squinternata come la nostra sono tanti quelli che difronte ad un episodio tragico come questo si saziano ingurgitando gustose e appaganti porzioni di pietà pelosa dispensata alla mensa dei poveri (coglioni) e sono subito pronti per nuove lacrime in abituccio severo e castigato per ungere sui sagrati delle chiese con lancinanti cordogli con enfasi verbale e corporale, i parenti ormai svuotati, spenti, cannibalizzati del prossimo povero estinto che lì dove si trova, prova una pena infinita per loro.
E andiamo al punto. Sono anni, per quanto mi riguarda almeno 20, che cittadini di questa città, singolarmente o associati in liberi e democratici sodalizi, denunciano un incosciente, continuativo livello di assuefazione politica allo SFASCIO PIANIFICATO della città. Un asfissiante susseguirsi di progettazioni, alcune incompatibili con i reali bisogni della città altre che si sono rivelate puri esercizi di devastazione urbana concepiti da gloriose cocuzze accademizzate piene solo di acqua e semenze e pure bacate che hanno e stanno sperimentando, con i nostri soldi, la praticabilità in architettura della “relatività del reale” azzardata da ESCHER nei suoi famosi dipinti che raffigurano ambienti improbabili attraversati da scale su diversi piani che non si incontrano mai.
Parlo di una città, che da due anni è scriteriatamente sottoposta ad attacchi con droni (per i rilievi), ruspe, pale meccaniche, strumenti e metodi di distruzione devastanti per legittimare lo spropositato investimento stanziato prescindendo dall’urgenza, dall’utilità e dalla congruità dell’opera stessa. Il tutto nel totale dispregio di ogni regola ti tutela del paesaggio, dell’identità storica abitativa dei luoghi, dei materiali, dell’identità di una città che conservava dignitosamente tracce di un passato architettonico e storico di gran pregio. Tutto questo è stato concesso per consentire grossolane e pacchiane avventuristiche soluzioni urbanistiche (di rigenerazione dicono loro), che oltre allo spreco dei nostri soldi e al danno storico-ambientale, non hanno avuto alcun riguardo, nella progettazione per le categorie più fragili.
Si sono sbizzarriti nella creazione di ostacoli, barriere, trappole, spigoli, quote alternate, quote perse, rampe e gradini non annunciati o evidenziati, materiali troppo friabili o troppo rigidi, accessi o percorsi per disabili inesistenti o insufficienti o a rischio, arredi urbani recuperati in magazzini dove probabilmente erano stati accatastati perché in luoghi più civili ritenuti non a norma, giochi per bambini da ovetto Kinder, fragili e miniaturizzati, pericolosamente collocati con modalità e in spazi che ne sconsigliano l’utilizzo. Non una panchina comoda e all’ombra, e non più una fontana o un bagno pubblici. Materiale certamente utile ed esaustivo per chi volesse immagini forti per farne uno spot contro le barriere architettoniche. Tutto questo lo dico al sindacoAggarbatuni che oggi lamenta che sono i cittadini (?) a non essere tempestivi nelle segnalazioni.
Falso come la nutella salata. Tutti i giorni sono state fatte, con comunicazioni verbali, dialoghi con assessori, tecnici e politici, lettere ai giornali, volantini distribuiti e consegnati a politici di tutti gli schieramenti. Io personalmente per impedire che si portasse a completamento il diveltamento di una pavimentazione storica, sono stato allontanato con richiesta d’intervento addirittura delle forze dell’ordine – in perfetta continuità con la linea di restaurazione garbatelliana in corso -, dalla mitica dirigente Responsabile unica di molti progetti, Lorena Callisti, perché nella mia esposizione dei fatti mi sono reso colpevole di lesa maestà, pensate un po’, dandole il titolo di “SIGNORA”.
Purtroppo i guasti, la trascuratezza e la insensibilità si trascinano da decenni, nonostante ripetute segnalazioni e gesti plateali. La morale che se ne ricava è che alle nostre sollecitazioni quasi quotidiane hanno sempre risposto con sdegno, stizza e strafottenza, tutti: L’Aggarbatuni, Maria Spettacolo, Costa (d’avorio) e i loro gregari di maggioranza, e sempre loro quando erano o sono diventati gregari di minoranza. Questo succede da quando è invalsa la pacificante, democratica, monastica abitudine di mangiare tutti nella stessa umile scodella.
Questo immobilismo, a parziale loro discolpa, potrebbe essere la naturale conseguenza di una disinvolta distrazione, rispetto alle tante criticità segnalate negli anni in materia di sicurezza; immobilismo che credo abbia riguardato autorità superiori e indipendenti che evidentemente credo abbia riguardato autorità superiori e indipendenti che evidentemente non hanno recepito ed approfondito quelli che a loro probabilmente saranno sembrati i soliti maldipancia di cittadini per natura lagnosi, di traverso, incontentabili e invidiosi…in poche parole: ROMPIBOMBOLICCHI









