La lotta alla mafia costa cara: 150.000 euro per iniziative culturali

Ebbe a dire un gigante della storia che senza una Rivoluzione Culturale, che non è un pranzo di gala, nessun cambiamento sociale radicale è possibile.

Prima bisogna “istruire” il popolo, e quando il popolo è acculturato la Rivoluzione verrà da se. Un concetto che al di là dell’ideologia, nella sua essenza, chiunque può condividere. L’emancipazione di un popolo passa attraverso la cultura, l’unica in grado di accendere le coscienze. E su questo non ci piove.

Lo diciamo sempre: senza uno scatto culturale in avanti, sarà difficile per i calabresi emanciparsi dalla malsana cultura mafiosa che regola la vita sociale delle nostre comunità. Ed è per questo che sosteniamo il diffondersi di una “controcultura” da contrapporre al pensiero dominante che ci vuole tutti complici di un sistema marcio e corrotto.

Ben venga, dunque, ogni azione o iniziativa che si muove su questa strada. Noi per esempio lo facciamo tutti i giorni, bene o male tocca agli altri dirlo, attraverso le pagine del nostro giornale, dove raccontiamo quotidianamente del malaffare diffuso in città e dei corrotti che lo gestiscono. Con tanto di nomi e cognomi e codice fiscale.

Non ci limitiamo a dire i “soliti poteri forti” senza mai dire chi sono e dove abitano. Facciamo questo perché crediamo nella possibilità che prima o poi la gente posa svegliarsi da questo torpore, additando finalmente il vero male della Calabria: la corruzione politica/mafiosa.

Fatta questa doverosa premessa, quello che voglio dire è che a tutto c’è un limite però. La necessità di spendere in cultura è evidente, ma deve esserci anche un criterio, una ratio nell’affidare centinaia di migliaia di euro pubblici a questo o quel progetto. E a guardare i progetti culturali finanziati dalla Regione Calabria – oltre a rilevare la presenza della solita clientela che da anni succhia soldi pubblici per fantomatiche operazioni culturali che nulla hanno portato in termini di benefici di qualsivoglia natura alle comunità interessate dall’evento –  quello che balza agli occhi è una spesa della quale francamente non si comprende l’utilità.

paese Non che degli altri progetti si comprenda la validità ma mi chiedo il perché si debbano elargire 112.000 alla Fondazione Trame per promuovere il Festival del Libro sulle Mafie, giunto alla sua sesta edizione.

Oppure 37.000 euro all’associazione “Musica contro le mafie”. Non che io abbia qualcosa contro queste nobilissime associazioni e le loro altrettante nobili iniziative, ma mi chiedo a cosa servono questi soldi.

A cosa servono 112.000 euro per organizzare una fiera del libro? Chi vuole, visto il tema, dovrebbe partecipare a gratis a questo genere di iniziative. Magari la pubblica amministrazione può curare la logistica, ma niente di più.

Non si possono spendere questi soldi per pagare Travaglio ed altri che potrebbero pure venire gratis – se realmente hanno a cuore la lotta alla mafia, ogni tanto si può rinunciare al compenso – quando ci sono testimoni di giustizia completamente abbandonati dallo stato. Commercianti lasciati soli a fronteggiare mafiosi e strozzini. Familiari delle vittime della mafia che arrancano per vivere.

Non che la colpa sia di queste associazioni, ci mancherebbe, ma io penso che dovrebbero essere proprio loro i primi a dire queste cose. O finalizzare queste iniziative per sostenere veramente chi si trova a lottare da solo contro la mafia.

Stessa cosa vale per i musicisti: se vogliono suonare per questa iniziativa che lo facciano gratis, e molti lo fanno. E chi pretende di essere pagato allora vuol dire che non ha capito nulla dello spirito di queste iniziative. Che non sono sagre di paese dove è giusto pagare gli artisti.

A questo genere di iniziative si partecipa per coscienza sociale e civica. Non certo per guadagnarci sopra. Del resto se l’amministrazione pubblica mette a disposizione un palco, il luogo e l’amplificazione, un concerto si può organizzare tranquillamente senza spendere un euro. Neanche per la pubblicità, visto che tutte le testate si renderebbero disponibili a pubblicizzare questo genere di eventi gratis. Noi per primi.

Ecco, a me questa spesa sembra uno spreco. Il paragone con  i testimoni di giustizia abbandonati potrebbe sembrare populista ed esagerato nei confronti di queste due realtà che ho citato, ma sanno bene anche loro che niente è più reale è concreto della loro situazione. Ed è alla loro sensibilità che mi affido affinché questo mio dire non sia frainteso, o peggio strumentalizzato.

Del resto, se delle vittime di mafia non se ne occupa lo stato come dovrebbe fare, ci si aspetta che tale sensibilità venga fuori proprio da chi riceve pubblico finanziamento e dice di voler  costruire, con quei soldi, una cultura alternativa a quella mafiosa. Che dovrebbe concretizzarsi prima di ogni altra cosa con la solidarietà fattiva e concreta verso chi ha dimostrato sul campo di lottare veramente contro lo strapotere mafioso. E poi magari fare “festa”.

GdD