Crotone. Il sindaco che picchia e poi si dimette: il silenzio dei “compari” Occhiuto e Ferrari

CROTONE. IL SINDACO CHE PICCHIA E POI SI DIMETTE
VOCE FUORI DAL RING, MA IL CLIMA RESTA AVVELENATO
IL ROUND FINALE

Fonte: U’Ruccularu

Il 28 ottobre 2025 il sindaco Vincenzo Voce ha rassegnato le dimissioni.
Lo ha fatto dopo aver aggredito a pugni e calci il consigliere comunale Ernesto Ioppoli durante una riunione convocata dal consigliere regionale Sergio Ferrari sul contestato progetto degli alloggi popolari di via Israele, nel quartiere Tufolo-Farina.
Un episodio che ha fatto saltare ogni residuo di equilibrio istituzionale, trasformando il Comune di Crotone in un ring politico-personale dove da tempo si combatte senza arbitro né regole.
“Le istituzioni devono essere sempre esempio di equilibrio e rispetto — ha scritto Voce nel suo comunicato di dimissioni — valori che oggi intendo riaffermare presentando le mie dimissioni.”
Ma quando un sindaco arriva al punto di riconoscere il rispetto solo dopo averlo violato, la scena è già chiusa.
Applausi amari, sipario calato.

DAI PUGNI ALLA CADUTA: UNA CRISI GIÀ SCRITTA
L’aggressione a Ioppoli non è un lampo improvviso, ma il punto di non ritorno di quattro anni di veleno politico.
Crotone ha assistito, giorno dopo giorno, alla metamorfosi di un sindaco civico — nato dal desiderio di riscatto popolare — in un uomo solo al comando, circondato da fedelissimi e in guerra con tutto e tutti: opposizione, stampa, comitati, persino ex alleati.
Lo scontro fisico arriva nel momento peggiore: il progetto di via Israele aveva già incendiato il quartiere, provocato un’istanza di annullamento in autotutela da parte del Comitato Tufolo-Farina, e scoperchiato le contraddizioni urbanistiche e politiche della giunta.
Il clima di odio e delegittimazione creato in quattro anni dal sindaco — tra insulti social, post aggressivi e accuse ai cittadini critici — ha semplicemente fatto il resto.
Quando Voce ha alzato le mani, non ha perso solo la pazienza. Ha perso la città e il senso delle istituzioni.

⚖️ L’OPPOSIZIONE: “UN GESTO CHE MACCHIA L’ISTITUZIONE”
Subito dopo l’aggressione, i gruppi di minoranza hanno diffuso una nota congiunta durissima:
“Un sindaco che ricorre alla violenza, fisica o verbale, tradisce il mandato ricevuto dai cittadini e perde ogni legittimità morale a rappresentarli.”
Per una volta, le opposizioni parlano con una sola voce.
Da destra a sinistra, la parola d’ordine è dimissioni immediate.
E le dimissioni sono arrivate, travolgendo l’intera macchina amministrativa e lasciando il Comune in una crisi istituzionale profonda.
Dodici consiglieri hanno scritto al Prefetto denunciando “intimidazioni verbali infinite negli anni” e chiedendo garanzie per il funzionamento democratico del Consiglio.
Ovviamente la solidarietà nei confronti del consigliere Ioppoli che si vocifera stia flirtando con Torromino non è mancata da tutta l’opposizione sia dentro che fuori dal palazzo.
Qualcuno parla di strumentalizzazione nella solidarietà a Ioppoli.
Che sia vero o no, anche questo fa parte della tossicità del accaduto.
La violenza si condanna a prescindere da tutto e senza bandiere politiche.

LA MAGGIORANZA: TRA NEGARE E GIUSTIFICARE
Dalla giunta, anziché condanna, è arrivata la difesa d’ufficio e dei propri interessi tramite letterina alle redazioni.
Il vicesindaco Sandro Cretella, braccio destro del sindaco e oggi reggente, ha dichiarato che “il fatto non è come è stato raccontato”.
Anche se come lui stesso ha dichiarato non era presente al momento del fattaccio ma è sicuro della buona fede del sindaco.
Un tentativo maldestro di negare l’evidenza, che ha solo aggravato la frattura.
Perché a Crotone, ormai, la narrazione vale più della realtà, e ogni verità è solo una questione di tifo politico.
Cretella, invece di prendere le distanze da un gesto di violenza inaccettabile, ha preferito insinuare il dubbio.
E così il danno è diventato doppio: istituzionale e morale.
La macchina propagandistica dei Voce Boys ha poi fatto il resto: raccolta firme contro le dimissioni perché:
” sbagliare è umano e i progetti avviati da Voce non si possono fermare”.
Un modo maldestro per spostare l’attenzione minimizzare l’accaduto.
Come se i cantieri e i progetti fossero una giustificazione plausibile dei pugni sferrati.
Normalizzare la violenza fisica a quanto pare può essere legittimo per una parte di questa città.

LA SOCIETÀ CIVILE: “BASTA PREFICHE, SERVE DIGNITÀ”
“Le prefiche di Crotone possono pure piangere, ma la città ha bisogno di condannare i gesti di violenza”
A rimettere le cose in prospettiva è stato il giornale indipendente Egguà, con un editoriale che ha fatto il giro dei social:
“Chi giustifica o minimizza un pugno sferrato in un luogo istituzionale si rende complice di un degrado morale che offende tutta la città.”
Parole che pesano più di qualsiasi conferenza stampa.
Egguà denuncia la cultura dell’impunità e del vittimismo che circonda la politica crotonese: la tendenza a trasformare ogni errore in martirio, ogni critica in complotto.
Crotone — scrivono — non ha bisogno di “prefiche” che piangono il sindaco caduto, ma di una classe dirigente che condanni la violenza e riparta dal rispetto.

L’ASSE OCCHIUTO-FERRARI-VOCE: SILENZIO E CALCOLO
Da Catanzaro, nessun commento.
Né dal presidente Roberto Occhiuto, né dal consigliere regionale Sergio Ferrari, che pochi giorni prima aveva convocato la riunione poi degenerata.
Un silenzio calcolato, per evitare di contagiare l’immagine del centrodestra con l’ombra di un sindaco ormai fuori controllo.
Ma in città tutti sanno che tra Occhiuto, Ferrari e Voce esisteva un asse politico solido, costruito su opportunismi reciproci e consenso pilotato.
Ora, con le dimissioni, quel patto si è infranto: non un incidente, ma la fine di un esperimento politico fondato sulla propaganda e sul culto della personalità.
O magari perché no, una buona scusa per il centrodestra per provare a piazzare un sindaco espresso dal partito.

IL SIGNIFICATO POLITICO: DAL CIVISMO ALLA SOLITUDINE
Quando nel 2020 fu eletto, Enzo Voce incarnava la speranza di un cambiamento: un professore ambientalista simbolo di “cittadinanza attiva”.
Oggi se ne va come un uomo isolato, prigioniero della propria arroganza e difeso da un gruppo di fedelissimi più intenti a salvare il capo che a servire la città.
Il suo civismo è diventato moralismo autoritario: “io sono onesto, quindi chi mi critica è il male”.
Una visione tossica, che ha avvelenato il dibattito pubblico e spaccato Crotone tra devoti e traditori.
Il pugno a Ioppoli è solo la traduzione fisica di un linguaggio politico che, da tempo, colpiva con le parole.

DIMISSIONI A TERMINE
La legge prevede venti giorni per confermare o ritirare le dimissioni.
Se Voce non farà marcia indietro, il Consiglio comunale sarà sciolto e il Prefetto nominerà un commissario.
Nel frattempo, la città resta sospesa tra l’assurdo e il ridicolo:
un sindaco che si scusa per aver picchiato, un vicesindaco che nega, e un’opinione pubblica spaccata in due ma unita guardare l’orologio come al termine di un incontro di boxe.

LA FERITA APERTA
Oggi Crotone si ritrova senza sindaco, senza fiducia e senza un vero progetto.
In venti giorni Voce può ancora ritirare le dimissioni, ma sarebbe un ritorno di scena da attore sconfitto.
Perché una città non ha bisogno di chi chiede perdono dopo aver colpito, ma di chi non colpisce mai.
Il gesto delle dimissioni non basta a cancellare la ferita:
la violenza non è un incidente, ma il sintomo finale di una cultura politica degenerata, dove il dissenso è visto come offesa personale e la democrazia come arena.

CATTIVI ESEMPI
Enzo Voce lascia Palazzo di Città con un pugno di scuse e una città stremata.
Le sue dimissioni chiudono un quadriennale di rabbia, illusioni e rancore.
Ma se questo gesto servirà almeno a ricordare che la democrazia è dialogo, non boxe, allora forse la sconfitta potrà insegnare più di mille proclami.
Perché, come scrive Egguà,
“la violenza non si condanna a parole, si previene con l’esempio.”
E a Crotone, di esempi, è da troppo tempo che non se ne vedono.