Cosenza. Pino, Perna, il Gattopardo e l’operazione Garden: “Spagnuolo ha usato il processo Chiappetta come un grimaldello”

Il 20 marzo 2024 Mario Spagnuolo, tra i procuratori più corrotti d’Italia, specialista assoluto in corruzione in atti giudiziari, reperimento di pentiti “utili” alla causa della massomafia, “battezzatore” di magistrati nelle logge coperte della Calabria, “fratello di loggia” dei peggiori avvocati mazzettisti di tutta la Calabria, ha lasciato ufficialmente la magistratura perché ha compiuto 70 anni e dunque finalmente è finita. 

Oggi torniamo a parlare di lui perché dopo 31 anni di carcere è tornato a casa Franco Perna, uno dei pochissimi che non ha accettato di pentirsi alle logiche della cupola. 

Lo avevamo già fatto anche quando era stato arrestato Franco Pino, a poco tempo dal 30° anniversario dell’operazione della Dda di Catanzaro denominata Garden, il cui processo è una sorta di romanzo criminale degli anni Novanta che ha fatto emergere la realtà di decenni di corruzione e malaffare portati avanti insieme al suo indiscusso sostituto “anziano” Franco Pino, capo dei pentiti e degli infami e suo degno compare e a tutti gli altri che nel tempo si sono succeduti. In pratica, è come se si chiudesse un cerchio. 

Il Gattopardo è stato procuratore di Cosenza dal 30 giugno 2016 al 20 marzo 2024 e in questi anni ha fatto di tutto per insabbiare tutto l’insabbiabile. E ha cercato disperatamente di far chiudere Iacchite’, ma senza successo, visto che siamo ancora qui a ricordargli praticamente ogni giorno quello che è: un magistrato corrotto e impresentabile. Siamo arrivati finalmente alla fine di una “carriera” vergognosa, che non perderemo ancora occasione di ricordare. Oggi gli rammentiamo quello che pensa di lui e che per fortuna è ancora agli atti, un magistrato che al contrario di lui potrà dire ai figli e ai nipoti di essere stato onesto ovvero Otello Lupacchini. Lo ha testimoniato anche in aula, nel Tribunale di Salerno, nonostante il Gattopardo abbia fatto di tutto per insabbiare anche le sue stesse denunce contro Iacchite’. Presto saranno diffuse le trascrizioni… (https://www.iacchite.blog/salerno-lupacchini-rivela-ai-giudici-il-vero-volto-di-mario-spagnuolo-detto-il-gattopardo/). In ogni caso, le parole che seguono sono dolce musica per le nostre orecchie e ricostruiscono le vicende più squallide del percorso del Gattopardo. 

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

L’operazione Garden della DDA di Catanzaro aveva sconvolto gli equilibri decennali della corruzione cosentina e aveva messo in gravissima difficoltà la procura della Repubblica diretta da una coppia che ha sempre tenuto la polvere sotto il tappeto: Alfredo Serafini (passato a miglior vita) e Mario Spagnuolo (degno successore di cotanto “maestro”), impegnatissimi ad evitare alla DDA di scoperchiare le loro connivenze e complicità in combutta con un gruppo di avvocati lestofanti e al servizio della malavita e della politica corrotta. Il Ministero di Grazia e Giustizia ha inviato un ispettore a Catanzaro all’indomani dei casini denunciati dal magistrato Facciolla. Questo ispettore si chiamava Otello Lupacchini. A distanza di 12 anni si è insediato come nuovo procuratore generale di Catanzaro. E in Calabria si è ritrovato davanti ancora Mario Spagnuolo, che quasi otto anni fa, nonostante tutto quello che era accaduto, è stato nominato “nuovo” procuratore capo a Cosenza. Cose dell’altro mondo! Come affidare a Dracula la sede dell’Avis: cose che possono accadere solo in Calabria! Non solo, perché alla fine della “giostra” come purtroppo tutti sappiamo il Csm ha deciso di mandare via Lupacchini e di lasciare Dracula, pardon Spagnuolo, ancora al suo posto fino alla sospirata pensione!

SESTA ED ULTIMA PUNTATA

L’ispettore inviato dal Ministero di Grazia e Giustizia, Otello Lupacchini, è rimasto sconcertato quanto tutti dalla nomina di Mario Spagnuolo a coordinatore della DDA di Catanzaro. Così com’è rimasto spiazzato dalla repentina piroetta del procuratore Lombardi, che quasi fosse stato morso da una tarantola, cambia completamente opinione rispetto al collega.

Otello Lupacchini

“Non basta la prospettazione riduzionista offerta dal dottore Lombardi – scrive Lupacchini – circa la portata dello scontro tra il sostituto procuratore di Cosenza Mario Spagnuolo e la DDA a rimuovere l’immagine di inquirente rapace e onnivoro, sempre pronto ad utilizzare il grimaldello delle indagini e del processo per l’omicidio di Pino Chiappetta, incurante delle prerogative funzionali e dei danni che potessero arrivare alle strategie processuali, all’immagine e alla credibilità professionale del collegio della DDA dalle proprie spregiudicate scorrerie investigative, troppo spesso in linea con la strategia offensiva enunciata dalla delegazione degli avvocati di Cosenza…”.

Sono parole pesanti come macigni, dove anche gli aggettivi dicono tutto. Dall’inquirente rapace e onnivoro al processo Chiappetta usato come grimaldello per delegittimare la DDA. Tutti voi sapete che cos’è un grimaldello: è uno strumento utilizzato per scassinare o aprire semplici serrature di cui non si possiede la chiave. Indicare questo strumento per qualificare l’attività di un magistrato ha un valore simbolico incredibile. Non serve aggiungere altro. Ma per una migliore comprensione di quanto si muoveva (e ancora si muove, visto che Spagnuolo è tornato dalla porta principale), ecco i dettagli sul processo-grimaldello.

Mario Spagnuolo

L’OMICIDIO DI PINO CHIAPPETTA

“… Ma il fatto criminoso che delinea chiaramente quale sia stato in quel periodo il ruolo della criminalità nel mondo economico e che rappresenta nella storia evolutiva del fenomeno un altro passaggio cruciale è l’omicidio, avvenuto nell’ottobre del 1990, dell’imprenditore e consigliere comunale di Rende, Pino Chiappetta, eletto nella Dc e vicino alle posizioni della corrente “Forze Nuove” guidata in Calabria dall’allora potentissimo notabile democristiano, Vito Napoli. L’omicidio matura in un contesto di gestione di appalti e subappalti e in un periodo in cui le organizzazioni imponevano il loro tariffario a tutte le imprese che realizzavano lavori pubblici in città e nell’hinterland. La vittima aveva osato mettere il naso negli affari del cemento senza chiedere il permesso ai boss…”.

(Gianfranco Bonofiglio, il Romanzo Criminale della città bruzia)

“… Pino Chiappetta ha 36 anni, viene da una facoltosa famiglia di imprenditori operanti nel settore dell’edilizia. Lo ammazzano la sera dell’8 ottobre 1990. Chiappetta insieme al fratello Paolo è dentro il circolo ricreativo “Pirito”, che si trova in contrada Commenda a Rende. Sta giocando a carte. In un istante si materializzano tre killer col colto coperto da una calza. Uno si ferma sulla porta a tenere bloccato l’ingresso e a controllare che non arrivi nessuno, gli altri due si avvicinano al tavolo dove c’è Chiappetta e gli sparano contro con le loro pistole semiautomatiche. Sette colpi di pistola. Tutti a segno. Chiappetta è morto subito. I medici del pronto soccorso dell’ ospedale di Cosenza non hanno potuto neppure tentare un qualsiasi intervento. I tre assassini poi spariscono a bordo di un’Alfa 33 rubata…”.

(Danilo Chirico, Cittadini innocenti uccisi dalla ‘ndrangheta)

Ben presto i pentiti hanno spiegato quello che si “poteva” spiegare. A cominciare da Franco Pino e Franco Garofalo, che in questa vicenda hanno giocato il ruolo dei mandanti. Insieme a Franco Perna e a Mario Pranno. Qundici anni a testa per i due pentiti ed ergastolo agli altri due. Mario Pranno, che in un primo tempo era entrato nella lista dei collaboratori, successivamente sarà ritenuto non attendibile. E’ evidente, quindi, che la pace siglata tra le cosche ha prodotto il secondo cadavere eccellente dopo quello di Sergio Cosmai.

Tanti i killer, ora pentiti, che hanno avuto a che fare con quella intricata matassa. Franco e Ferdinando Vitelli, Aldo Acri e Francesco Tedesco (condannati a pene variabili dal 22 ai 25 anni), Gianfranco Ruà, ex braccio destro di Pino, viene condannato a 27 anni di carcere, mentre Raffaele Mazzuca e Rinaldo Gentile a 15 anni.