Salerno. Lupacchini rivela ai giudici il vero volto di Mario Spagnuolo detto il Gattopardo

Ad inserirsi nella perenne lotta tra noi di Iacchite’ e il porto delle nebbie (leggi procura e Tribunale di Cosenza), la testimonianza di Otello Lupacchini, già procuratore generale di Catanzaro, resa davanti a un giudice del Tribunale di Salerno, nel processo che ci vede imputati promosso dal Gattopardo, al secolo Mario Spagnuolo, che proprio oggi “celebra” la sua pensione da procuratore capo a Cosenza visto che domenica prossima 24 marzo è il giorno della sua pensione, dal momento che compie – grazie a Dio – 70 anni.

Il Gattopardo, a differenza di Cozzolino che continua a produrre querele contro di noi nella speranza di trovare un giudice ammanicato disposto a dargli ragione, ha unificato tutte le sue querele in un unico processo, ponendo la sua speranza di vedersi resa Giustizia, su un unico giudice: Viviana Centola. Non vuole fare la fine del suo collega e compare Cozzolino, che nel suo tanto girovagare per la procura e il Tribunale di Salerno alla ricerca di qualche amico degli amici disposto a condannarci, ha trovato un giudice onesto che ha sentenziato, in maniera definitiva, che tutto quello che abbiamo scritto su di lui corrisponde al vero.

Il Gattopardo si è rivolto al giudice Centola del Tribunale di Salerno per chiedere Giustizia. Anche lui, come Cozzolino, si sente diffamato dai nostri articoli che lo descrivono come un magistrato intrallazzone, sempre alle prese con qualche inchiesta da insabbiare, e perciò chiede la giusta punizione dei colpevoli. Invoca Giustizia il Gattopardo. E sentirlo invocare Giustizia, è stato, per noi, come ascoltare la grima prodotta dal gessetto che graffia la lavagna. Uno dei “suoni” più irritanti al mondo: come può uno come lui che non ha mai reso Giustizia a nessuno, nonostante il ruolo occupato, invocarla così spudoratamente?  Lui che non ha mai reso Giustizia neanche alla Giustizia quando gridava disperata “vendetta”. Osservarlo nel mentre vomitava, davanti al giudice Centola, tutta la becera retorica di cui è capace, è stato come vedere materializzarsi, nella sua figura, l’essenza eterea dell’ipocrisia. La falsità che si fa uomo e che offende la Giustizia ponendola al suo livello. Il Gattopardo la Giustizia non sa neanche dove sta di casa. Non ha mai prodotto, nonostante le tante evidenze del diffuso malaffare politico/mafioso in città, una sola inchiesta che incastrasse colletti bianchi, politici, professionisti e boss, per rendere Giustizia a tutti i cittadini. Il Gattopardo che chiede Giustizia è una offesa alla Giustizia.

Quella di Otello Lupacchini davanti al giudice Centola è stata una lunga e rigorosa testimonianza, resa con puntuale scrupolosità e senza mai risparmiarsi in verità e autenticità. Lupacchini, testimone della difesa, è stato ascoltato in merito ad alcune citazioni da noi riportate in diversi articoli a lui attribuite. Infatti molti articoli da noi scritti sul Gattopardo prendono spunto da quella che oramai tutti conoscono come “il dossier o ispezione Lupacchini” avvenuta nel lontano 2005/2006 presso la procura di Catanzaro, allora diretta dal procuratore Mariano Lombardi, e che interessò anche la procura di Cosenza, allora diretta dal procuratore capo Alfredo Serafini. Lo stesso Serafini che mise a disposizione la procura di Cosenza ai taroccatori di inchieste del Ros, promuovendo, per conto loro, l’inchiesta farlocca sui No-global (2001) cosentini.

La testimonianza di Lupacchini inizia proprio col chiarire che il termine appropriato da “affibbiare” al suo lavoro è “inchiesta” e non “ispezione”.  E dice: “Sono stato in Calabria non per un’ispezione, ma per un’inchiesta, che è cosa diversa. L’inchiesta è diversa rispetto all’ispezione, promossa dal Ministro, perché muove da accuse formulate nei confronti di qualcuno di possibile rilievo disciplinare e quindi implica poteri da parte dell’ispettorato del Ministero della Giustizia molto più penetranti rispetto all’ispezione”. L’inchiesta è un “atto amministrativo” che non ha, una volta conclusa, prerogative di “riservatezza”, non fosse altro per la diffusione che ha avuto tra processi, stampa, e uffici vari. Non c’è stata nessuna diffusione illegale, così come sostenuto mendacemente dal Gattopardo, dell’inchiesta Lupacchini, la cui pubblicazione, cosi così come sottolineato anche dal giudice Centola, non ha violato nessun “segreto “istruttorio”, anche perché, come ha ben spiegato il dottor Lupacchini l’inchiesta non è stata mai segretata. Semmai, come ha dimostrato il dottor Lupacchini, è stata insabbiata.

Con precisione enciclopedica Lupacchini racconta al giudice Centola di essere stato osteggiato, durante e dopo la sua inchiesta, da un gruppo di potere, interno alla magistratura, che vedeva, nelle sue parole, la fine del loro doppio gioco tra Giustizia e malaffare.

Ad adoperarsi per fermare il lavoro di Lupacchini, per conto dei magistrati finiti nella sua inchiesta, l’avvocato Pittelli. Che l’allora procuratore capo della Dda di Catanzaro Mariano Lombardi ringraziò, indirettamente, in una intervista rilasciata alla stampa, lasciando intendere che se l’inchiesta non aveva avuto sviluppi bisognava ringraziare proprio l’avvocato Pittelli che era riuscito a farla insabbiare, e perciò non doveva essere “aggredito giudiziariamente”.

Lo stesso avvocato Pittelli finito nell’inchiesta Poseidone condotta dall’allora pm De Magistris, nel processo “Rinascita Scott” istruito dalla Dda di Catanzaro, e nell’inchiesta “Mala Pigna” condotta dalla Dda di Reggio Calabria. Sempre lo stesso Pittelli che, come dichiarò a verbale l’ex giudice Marco Petrini arrestato e condannato per corruzione giudiziaria, insieme al Gattopardo, e ai magistrati Domenico Commodaro, Fabrizio Cosentino, Giancarlo Bianchi, Giuseppe Valea, e agli avvocati Anselmo Torchia e Salvatore Staiano, affiliarono il Petrini, nel suo studio, alla loro loggia segreta massomafiosa.

Dopo aver spiegato i tanti risvolti processuali scaturiti dalla sua inchiesta, Lupacchini apre il capitolo Mario Spagnuolo relativo alla sua strana operosità nel processo Garden e risponde alla domanda del nostro avvocato Nicola Mondelli che gli chiede di spiegare il senso di una frase estrapolata dalla sua inchiesta e riportata in un nostro articolo: “Il dottor Spagnuolo ha usato i pentiti come grimaldello per svuotare di contenuti il processo Garden”. E con precisione chirurgica il Lupacchini ricostruisce tutte le fasi che videro il Gattopardo, insieme a diversi avvocati, tra cui Marcello Mazzetta Manna, come il principale ispiratore di ogni intrallazzo utile per far saltare il processo Garden e coprire il “terzo livello” di cui ha sempre fatto parte. Ponendosi in contrapposizione, con l’aiuto di altri fratelli magistrati massomafiosi, alla Dda di Catanzaro con una azione di delegittimazione dei tanti pentiti che allora collaboravano con l’antimafia, utilizzando altri pentiti che dichiaravano a comando tutto ciò che il Gattopardo gli imponeva di dire. Su tutti Franco Pino. E come è andata a finire lo sappiamo tutti.

È un fiume in piena Lupacchini che racconta la verità dei fatti fino ai dettagli che caratterizzarono il dietro le quinte del primo grande processo alla ‘ndrangheta cosentina. Descrive il ruolo del Gattopardo e degli altri magistrati che insieme a lui si adoperarono per fermare la sua inchiesta che aveva smascherato il loro doppio gioco. Quella di Lupacchini è stata una testimonianza di verità di cui bisognerà tener conto. Ed è proprio per l’importanza che diamo alle parole pronunciate davanti al giudice Centola che riteniamo rispettoso riportarle letteralmente. Ma purtroppo non abbiamo ancora ricevuto il verbale di udienza che dovrebbe arrivare a breve. Perciò preferiamo fermarci qui.

Una cosa però, nel mentre aspettiamo di pubblicare le esatte parole pronunciate dal dottor Lupacchini, la possiamo dire con la sicurezza di riportarla così come l’ha pronunciata. Nel concludere la sua testimonianza Lupacchini, in riferimento a Mario Spagnuolo e alle sue mirabolanti imprese, chiude così: “… tanto a quello chi lo tocca?”. Comunque vada a finire il processo, la testimonianza di Otello Lupacchini resterà per sempre una verità storica che nessun giudice potrà mai insabbiare. Una verità ad uso e consumo di tutti gli onesti che vorranno farne buon uso.