Ponte sullo Stretto. Insostenibilità economico-finanziaria del progetto preliminare (di Guido Signorino)

Criticità e insostenibilità economico-finanziaria del progetto preliminare

di Guido Signorino, professore ordinario di Economia presso l’Università di Messina e componente del coordinamento: “Invece del ponte – cittadini per lo sviluppo sostenibile dell’area dello Stretto”

Un progetto di opera pubblica per infrastrutture di trasporto va realizzato solo nel caso in cui sia dimostrabile che il beneficio economico, sociale e ambientale che potrà produrre è per lo meno equivalente al suo costo (economico, sociale, ambientale). Questa valutazione si ha tramite una corretta e adeguata analisi costi-benefici che evidenzi tutte le ricadute (finanziaria, occupazionale, ambientale, territoriale, sociale) positive (benefici) e negative (costi), ottenendone il saldo. In ciò che segue si discutono i motivi di insufficienza,
incompletezza, errore contenuti nell’analisi costi-benefici del progetto del ponte.

Preliminarmente esaminiamo l’evoluzione del costo programmato dell’opera al fine di verificarne la corrispondenza ai limiti di legge definiti dal comma 1, lettera a) dell’art. 106 del codice degli appalti, in virtù del quale gli incrementi di valore di un contratto non possono eccedere il 50% del valore originario; superata tale soglia il contratto non mantiene la sua validità e diventa necessario ricorrere a nuova procedura di affidamento. Poiché il contratto sottoscritto nel 2006 a esito della gara bandita nel 2004 in base al progetto preliminare approvato nel 2003 aveva un valore di 3,9 miliardi (prezzi 2003), il prezzo di riferimento deve essere costituito da questo valore, che attualizziamo secondo gli indici di costo ISTAT sebbene ordinariamente l’incremento ammissibile di valore del contratto sia calcolato al netto dell’inflazione specifica. Facendo media tra gli indici del costo di costruzione di un fabbricato residenziale e di tronchi stradali con tratti in galleria, il tasso di rivalutazione ottenuto ponendo a 100 il valore 2003 è 1,555. Il prezzo di riferimento attualizzato del contratto rispetto al quale valutare gli incrementi è dunque dato da: 3,9 miliardi*1,555 = 6,065 miliardi, e il limite massimo entro cui questo valore può crescere senza necessità di nuova gara è 6,065*1,5 = 9,097 miliardi.

Ne consegue che il valore di 13,5 miliardi definito nel DEF18 eccede abbondantemente il limite consentito, attestandosi al 122,6% del prezzo di riferimento e implicando la decadenza dei contratti che il DL 35/2023 aveva ripristinato e la necessità di procedere a nuova gara.

Passando all’esame economico del progetto, si rileva che nella versione definitiva del progetto redatta nel 2011 non si è riusciti a riscontrare alcun aggiornamento dell’analisi costi-benefici per la valutazione della sostenibilità e praticabilità finanziaria, economica, sociale, ambientale dell’infrastruttura, la quale dunque viene rinviata alla progettazione preliminare (2002). Orbene, quella valutazione costi-benefici appare metodologicamente inadeguata, mancando di considerare il confronto con la cd “opzione zero” (ossia con l’ipotesi di non realizzare il progetto e intervenire migliorando l’esistente).

Oltre alla mancanza dell’opzione “do nothing”, l’analisi costi-benefici appare viziata da evidenti ragioni di sovrastima dei secondi (eccesso nelle stime della domanda di uso del ponte nella valutazione del beneficio del “risparmio di tempo” nella indicazione delle ricadute occupazionali) e sottostima dei costi (applicazione di un coefficiente di trasformazione dei costi da finanziari a economici ingiustificatamente uniforme per tutte le voci di costo e inferiore agli standard definiti nelle “linee-guida” per la valutazione di progetti, mancata considerazione dei costi privati di uso del ponte, e delle emissioni per extrapercorrenze stradali nell’accesso al ponte sul lato Sicilia).

Sotto il profilo della reperibilità di risorse presso il mercato e del coinvolgimento di privati nel finanziamento dell’opera, la comunità finanziaria definì il progetto “non bancabile” per il suo rischio “di sistema”, data la valenza trasportistica dell’opera, limitata al Mezzogiorno, e la già rilevata inattendibilità delle previsioni di evoluzione della domanda di uso del ponte. Si rileva ancora che gli aggiornamenti delle stime di traffico realizzati nel 2008 e nel 2011 non sono accompagnati da un aggiornamento o revisione dell’analisi costibenefici, apparendo come la realizzazione di un mero adempimento formale senza ricaduta operativa ai fini della valutazione dell’opera.

A proposito del mancato confronto dell’ipotesi-ponte con l’alternativa (potenziamento dell’attuale sistema), è opportuno evidenziare che recenti studi tecnici dimostrano che semplicemente cambiando i convogli ferroviari in servizio tra Sicilia si otterrebbero immediati risparmi di tempo fino a quasi 4 ore per raggiungere Roma da Palermo.

Vale la pena ricordare che il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile aveva già stanziato 510 milioni (di cui 246 afferenti al PNRR) per l’attraversamento dinamico dello Stretto, destinati all’efficientamento e ambientalizzazione del naviglio, rinnovo materiale rotabile, riqualificazione delle stazioni e degli approdi e dell’accessibilità stradale ai porti, transizione energetica della mobilità marittima e progetto “Stretto Green”
Sotto il profilo occupazionale, il progetto preliminare parla di un “totale di personale non particolarmente elevato in proporzione all’imponenza dei lavori” per “la presenza di attività altamente specializzate e industrializzate, che non coinvolgono un numero elevato di lavoratori”.

Una recente informazione del consorzio WeBuild spiega che “il monte ore dei mesi lavorativi [ottenuto sommando il monte ore mensile parziale di ciascuna categoria di lavoratori: operai generici, saldatori, minatori, operai di macchina, ecc.] sarà in totale 85.131”. Ne risulta un’occupazione media mensile di 507 addetti che, considerando gli “straordinari”, scende al di sotto delle 500 unità.

Oltre alle inaffidabilità dell’analisi costi-benefici, alle gravi criticità finanziarie e al ridotto effetto occupazionale, il ponte è passibile di danneggiare le economie siciliana e calabrese. Il “franco navigabile” del ponte in condizioni di massimo carico sarebbe di 65 metri, altezza secondo Federlogistica incompatibile col passaggio delle più grandi portacontainer in rotta dall’Oceano Indiano, che non potendo varcare lo Stretto, abbandonerebbero il più importante porto di transhipment d’Italia (Gioia Tauro) in favore di altri porti mediterranei in Spagna e Francia, con grave danno all’economia calabrese e nazionale. Inoltre, le grandi portacontainer in partenza da altri porti italiani (Genova, Napoli, Livorno, Salerno), dovendo circumnavigare la Sicilia, subirebbero un aggravio nel costo e nei tempi di navigazione, a danno del sistema-Italia. Ma anche le più grandi navi da crociera troverebbero un muro nel ponte, riducendo l’interesse verso i porti della Sicilia orientale (Messina, Catania) che avevano costruito strategie di sviluppo proprio sulla crescita e l’attrazione di questo segmento di mercato.

Altro effetto indiretto sull’economia siciliana sarebbe quello di incentivare il trasporto meno economico e meno coerente con le strategie trasportistiche da sempre perseguite dall’UE, col risultato di ridurre in potenza la competitività del prodotto regionale sui mercati non locali (nazionale ed europeo). Tra le misure a suo tempo chieste dalla comunità finanziaria per sostenere la bancabilità del progetto troviamo: 1) data “la vulnerabilità del progetto ponte ad aggressive politiche commerciali delle società che gestiscono i traghetti in servizio sullo Stretto di Messina, … che l’offerta di servizi di traghettamento sia regolamentata”; 2) poiché “parte del traffico previsto per il progetto ponte potrebbe essere assorbito dalle cosiddette autostrade del mare [sono stati] richiesti meccanismi di mitigazione anche su questo aspetto”.

In pratica, per sostenere finanziariamente il ponte sarebbe necessario un intervento di regolamentazione (leggasi: riduzione) dei servizi di traghettamento (che riguardano i due milioni circa di pendolari) e un contingentamento (leggasi: ostacolo allo sviluppo) delle autostrade del mare, in modo da “costringere” il trasporto di merci a utilizzare il ponte. Ma l’inibizione allo sviluppo delle autostrade del mare (modalità di trasporto in rapida crescita ed economicamente più vantaggiosa del gommato per le distanze medio-lunghe) determina un incremento relativo nel costo di trasporto e una perdita di competitività del prodotto siciliano o una riduzione dei margini per il sistema produttivo della regione, mentre la “regolamentazione” del servizio di traghettamento andrebbe a danno dei pendolari che viaggiano fra le due città capoluogo di Messina e Reggio Calabria. In tal modo la funzionalità del ponte crea diseconomie al sistema produttivo regionale e disagio e riduzione di benessere sociale per l’area dello Stretto.

Infine, occorre rilevare che l’esercizio del ponte prevede un aumento continuo e quasi costante nel tempo dei transiti gommati sul ponte è comunque ritenuto. Nelle previsioni più aggiornate34 si stima un sostanziale raddoppio dei mezzi gommati in transito, che dovrebbero passare da un totale di 4.678.016 nel primo anno di esercizio a un totale di 8.782.377 alla conclusione del primo periodo di concessione, con un incremento dell’87,7%. Questi obiettivi contrastano con le priorità operative della strategia Europea per il trasporto sostenibile, date da: 1) riduzione di emissioni climalteranti (CO2, CO, idrocarburi e particelle); 2) sviluppo della navigazione a corto raggio, per ridurre traffico veicolare e congestione sulle reti stradali.

In conclusione:
1) Sotto il profilo dei costi, l’attuale valore definito dal Governo nel DEF sembra avere abbondantemente superato l’incremento previsto per la continuità degli appalti pubblici già affidati; appare dunque impossibile la reviviscenza del contratto caducato ex lege, dovendosi eventualmente ricorrere a nuova procedura di gara.

2) Sotto il profilo economico il progetto “riesumato” del ponte sullo Stretto di Messina non appare supportato da una adeguata valutazione dei costi e dei benefici, con l’evidenza di motivi di sottodeterminazione dei primi e sovrastima dei secondi.

3) Sotto il profilo finanziario le carenze di analisi economica determinano l’indisponibilità della comunità finanziaria a sostenere il progetto con partecipazione al capitale di rischio. Ne consegue che il Piano Economico e Finanziario, assecondando le indicazioni recepite in sede di audizioni, pone a totale carico pubblico il rischio finanziario sia dell’investimento che della gestione dell’infrastruttura.

4) Sotto il profilo ambientale, il ponte costituisce un’infrastruttura il cui sviluppo e la cui sostenibilità finanziaria impone obiettivi del tutto opposti a quelli determinati dalla strategia europea per i trasporti sostenibili, necessitando di un continuo incremento del traffico veicolare (leggero e pesante) e di una “mitigazione” dello sviluppo della navigazione RO-RO e di “short sea shipping”.