Quello che sto per scrivere potrebbe, per alcuni, appartenere alla più classica leggenda metropolitana. Oppure alla mia fervida immaginazione, o peggio alle chiacchiere da bar.
Ma ho un buon motivo per dirvi che così non è. Al netto di enfasi, voglia di scoop, o creare la notizia a tutti i costi, lo scritto che segue è pura e semplice verità. Del resto da un procura come la DDA di Catanzaro, dove la fuga di notizie è pane quotidiano per talpe e corrotti, il mio breve racconto a confronto è acqua fresca.
Una “notizia”, la mia, che non ci vuole niente per venirne a conoscenza. Se pensiamo a tutto quello che è successo in quest’ultimo anno proprio in quella procura, mettendolo a confronto con quanto sto per raccontarvi, potete rendervi conto da soli della veridicità o meno della notizia. Da quella procura, nonostante gli annunci dell’ex procuratore Lombardo che annunciava inchieste rigorose, è uscito di tutto. Verbali, intercettazioni, e non per ultimo, la storia del deputato PD affiliato al clan Muto. Tutto nella totale impunità e nell’indifferenza del nuovo procuratore capo. Sono sicuro che il dottor Gratteri definirebbe quanto sto per scrivere un racconto di serie B.
Infatti, è proprio dai posti che non ti aspetti che abbiamo appreso questa notizia: dai corridoi della procura, dal bar della procura, dagli uffici. Non servono talpe o i servizi segreti per venirne a conoscenza. Basta ascoltare. E questa voce gira per tutto il tribunale. Ma veniamo al fatto.
Appena insediato il dottor Gratteri, come prassi vuole, ha preso visione dei “lavori in corso” portati avanti dai suoi sostituti. Principalmente, anche perché era la più imminente, il lavoro svolto dal dottor Pierpaolo Bruni. Che come si sa è titolare di diverse inchieste dove sono coinvolti politici corrotti e servitori infedeli dello stato.
Tra queste la madre di tutte le inchieste: il voto di scambio politico/mafioso a Cosenza, Rende e Castrolibero.

Si narra che il dottor Gratteri, dopo essersi fatto consegnare i tanti faldoni che compongono questa inchiesta, e dopo averli visionati, abbia dato un giudizio lapidario nei confronti del dottor Bruni: un pessimo lavoro. E lui, che ha una reputazione da difendere, non intende avallare una inchiesta raffazzonata come quella che secondo lui ha condotto il PM Bruni. E per rafforzare la sua tesi, il dottor Gratteri, porta ad esempio gli errori che avrebbe fatto in altre inchieste il dottor Bruni. Cita il “Sistema Rende” e “Acheruntia”. Dove il tribunale del riesame sostanzialmente ha rimesso in libertà tutti gli imputati.
Addirittura nell’inchiesta Acheruntia, dove è imputato l’ex assessore regionale Trematerra, Gratteri rimprovera Bruni di aver commesso degli errori grossolani, tipo quello di formulare la richiesta di rinvio a giudizio prima della scadenza dell’avviso conclusione indagini.
Ma le critiche di Gratteri a Bruni sono rivolte principalmente sull’inchiesta di Cosenza. Secondo Gratteri l’inchiesta è stata condotta malissimo. Al punto che, leggenda vuole che il dottor Gratteri si produca in un gesto estremo: straccia davanti a Bruni molte delle sue “carte”.
La reprimenda è dura, Gratteri dice: io non voglio mettere la mia faccia in questa inchiesta e non voglio correre il rischio che tutto si produca, davanti al TDL, in un nulla di fatto. Far partire una operazione di questo tipo, dove sono coinvolti Occhiuto, Manna, Paolini, consiglieri, assessori, funzionari pubblici, avvocati, professionisti, mezza procura di Cosenza, tre quarti della questura, e tutto il comune di Cosenza, senza forti riscontri, potrebbe rivelarsi per la sua persona come un boomerang.
Una operazione che finirebbe su tutti TG nazionali, la cui paternità sarebbe attribuita proprio a Gratteri, ed un fallimento come prima uscita “pubblica” di un certo livello della DDA a sua direzione, non se lo può permettere. Che a suo dire è quello che aspettano i suoi tanti nemici. Quelli che lo volevano a Catanzaro ma solo per metterlo in difficoltà. Per macchiare la sua fama. Fargli fare l’operazione e poi sputtanarlo davanti ai collegi terzi, magari accriccati.
Su quale base il dottor Gratteri abbia ritenuto sbagliata l’inchiesta su Cosenza non è dato sapere. I maligni come me pensano ad un “appattaggio” dopo l’ennesima fuga di notizie, senza conseguenza per le talpe che operano indisturbate negli uffici della DDA, sul deputato del PD affiliato al clan Muto. E la reprimenda al dottor Bruni è solo una scusa per giustificare “l’annullamento” dell’inchiesta su Cosenza.
Pare che il dottor Gratteri abbia ordinato a Bruni di rifare tutto il lavoro daccapo. Un ordine che, alla luce dei fatti, sarà impossibile portare avanti. Perché di questa inchiesta si sa tutto e cosa dovrebbe “rivedere” il dottor Bruni non si capisce. I possibili imputati sono tutti al corrente di questa inchiesta e non si “presteranno” certo di nuovo a farsi intercettare da Bruni per ”riverificare” le loro responsabilità.
Una scusa bella e buona quella di Gratteri che non può certo raccontare la verità, cioè di aver ricevuto pressioni da pezzotti politici di un certo calibro legati ai servizi segreti che gli hanno ordinato di bloccare questa inchiesta. Infatti quella di rifare l’indagine è solo un modo per dire a Bruni: il tuo lavoro qui è finito. Con buona pace di chi pensava, come me, che Gratteri fosse al di sopra di tutto questo. Ma bisogna prendere atto che nessuno è immune al potere politico/massonico/mafioso. Neanche Gratteri, e così sia.
GdD