Il Ponte è in un vicolo cieco: “La gara dev’essere rifatta”

di Carlo Di Foggia

Fonte: Il Fatto Quotidiano

La sintesi migliore dello stato d’animo la offrono i comunicati laconici del ministero dei Trasporti e di Palazzo Chigi. Niente strali o minacce di registrare gli atti “con riserva”, come un mese fa. Matteo Salvini e Giorgia Meloni si affrettano a spiegare di aver messo subito “al lavoro le amministrazioni coinvolte” e che ci sono “ampi margini” per sciogliere i nodi. La realtà è che le motivazioni, diffuse ieri, con cui la Corte dei Conti a fine ottobre ha bocciato la delibera del Cipess (il comitato per i grandi piani pubblici) che ha approvato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina pesano come un macigno. E, almeno per certi aspetti, non paiono superabili. Lo hanno capito le associazioni ambientaliste, che esultano, e le opposizioni che parlano di bocciatura totale della maxi-opera da 13,5 miliardi.

TANTE LE CRITICITÀ riscontrate, ma sono tre i rilievi che hanno portato i magistrati contabili a bocciare l’atto, negando la registrazione. La più importante riguarda la violazione della direttiva europea sugli appalti, che impone di rifare la gara se i costi dovessero superare del 50% quelli dell’appalto originario ma anche se quest’ultimo dovesse subire modifiche “sostanziali”. Come noto, Salvini ha deciso di resuscitare la gara vinta dal consorzio Eurolink (guidato dal colosso Webuild), ma secondo i pm contabili né la Stretto di Messina, la società pubblica incaricata di realizzare l’opera, né il ministero sono stati in grado di dimostrare che la soglia del 50% non è stata superata, ma soprattutto che non ci siano state modifiche sostanziali. La concessione originaria con la Stretto di Messina , per dire, prevedeva che il 60% dei costi dell’opera sarebbe arrivato da finanziamenti privati senza garanzia pubblica, mentre ora Salvini ha imposto che siano tutti a carico dello Stato. E questo rientra tra le condizioni “che avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione”, come prevede la direttiva.

Per la Corte, poi, la delibera Cipess viola anche la direttiva Ue Habitat sulle aree protette (quella dello Stretto presenta infatti tre siti comunitari tutelati). Qui il nodo è procedurale e svela la sciatteria complessiva con cui si è deciso di procedere. La Valutazione di incidenza ambientale, infatti, è negativa ma Salvini&C., hanno provato a superarla con l’ “Iropi ”il documento con cui il governo ha elencato gli “imperativi motivi di interesse pubblico” che giustificano l’impatto ambientale dell’opera. Tra questi ci sono ragioni di “salute e sicurezza pubblica”, tra i quali compare perfino la “valenza militare”del ponte. Peccato però che l’Iropi non sia stato sottoposto alla valutazione di legittimità della Corte, secondo cui sarebbero state anche violate le linee guida per redarlo. Per dare l’idea, la paternità dell’Iropi non è del ministero ma della società Stretto di Messina che il Mit ha fatto proprio “limitandosi a trasmettere la relazione senza acquisirla alla propria competenza e responsabilità con atto formale, nemmeno con una dichiarazione postuma resa, in adunanza, dai propri rappresentanti”. Peraltro l’Iropi avrebbe dovuto contenere una spiegazione dettagliata della mancanza di alternative al ponte, cosa che non c’è e nessuno ha fornito informazioni sul dialogo in corso con la Commissione europea.

Ultimo nodo riguarda la decisione di Salvini di escludere l’Autorità dei trasporti dalla valutazione del nuovo Piano economico finanziario dell’opera, con la scusa che quello che pagheranno i mezzi che attraverseranno il ponte non è un “pedaggio”. Non solo. Essendo “l’infrastruttura finanziata integralmente da fondi pubblici”, secondo il ministero “il Pef non è strutturato per assicurare l’ammortamento del costo complessivo dell’investimento”, cioè le tariffe non devono assicurare la sostenibilità economico finanziaria dell’opera, violando la legge. A non dire delle stime di traffico, redatte da una società privata, la Tplan Consulting. Società, peraltro, di cui non si sa quasi nulla, con un solo dipendente e un fatturato di quasi 729 mila euro.
Il governo ora ha due strade davanti. O impone la registrazione dell’atto illegittimo “con riserva”, con il rischio di pesanti contestazioni erariali in futuro, oppure rifà la procedura venendo incontro ai rilievi della Cdc. Problema: quelli sulla direttiva appalti non appaiono superabili. Rifare la gara sarebbe la fine della saga del ponte. Almeno per questa legislatura.