L’antenna liberata: iniziò in Calabria la fine del monopolio Rai (dal libro “Stampa e società in Calabria” di Pantaleone Sergi)

Quella di oggi è una data fondamentale per la storia delle radio libere italiane perché esattamente 50 anni fa, il 30 novembre del 1975, Radio Bruzia Cosenza diede il via a questa fantastica epopea. In Calabria, il punto di partenza della radiofonia locale scaturì dal coraggio dei titolari di Radio Bruzia Cosenza, negli anni, più conosciuta solo come Radio BruziaUna meravigliosa parabola che ha determinato il Big Bang della radiofonia «libera» e in seguito dell’imprenditoria radiofonica. L’emittente cosentina Radio Bruzia iniziò a trasmettere il 30 novembre 1975 ma il 6 dicembre l’Escopost (Polizia Postale), irruppe negli «studi» di Muoio Piccolo (collinetta che sovrasta la città) con l’ordine di sequestrarne gli impianti. Da lì a poco tempo si sarebbero trovate nella stessa situazione radio e tv di Rossano e Reggio Calabria. Dal processo, scaturì il principio della legalità delle stazioni radiotelevisive private e nella fattispecie di Radio Bruzia Cosenza. Il provvedimento istruttorio era contenuto nella sentenza del 16 febbraio 1976 del Pretore Michele Quagliata per il procedimento 3191/75 a carico dei titolari della Stazione Radio. La sentenza del consigliere pretore dirigente Quagliata, ha preceduto solo di qualche mese quella della Corte Costituzionale del 28 luglio 1976 che di fatto, sanciva la fine del monopolio della Rai. Domenica 7 marzo 1976, Radio Bruzia Cosenza riprese le trasmissioni.

Martedì 2 dicembre sugli schermi di LaCNews24 insieme a Francesco Occhiuzzi rievocheremo quell’irripetibile periodo con le voci dei protagonisti nel corso della trasmissione “Vengo dopo il Tg”, in onda in diretta alle ore 14 e in registrata alle ore 21. 

Di seguito, leggiamo un estratto della sentenza divenuta storica.

_“Radio Bruzia Cosenza, e quindi tutte le radio locali con limitata potenza di impianti e con antenne “direzionali”, non contrastano con il monopolio radiotelevisivo. Per quanto riguarda Radio Bruzia, è confermato che essa effettivamente ha trasmesso (e trasmetterà) su frequenza modulata di 102 Mhz, compresa nella banda 2 Vhf, banda mai utilizzata dalla rai, e di cui l’Ente radiotelevisivo non può accampare la riserva “perché contrastante con gli stessi fini di utilità di cui all’art. 43 della Costituzione” “in tali sensi è da escludere che tale frequenza sia riservata per servizi di difesa e di sicurezza sociale o marittima di altri organi dello Stato. È da escludersi parimenti che tale stazione radio possa realizzare radiodiffusioni a carattere circolare in quanto, oltre a non avere collegamenti con altre stazioni trasmittenti, non potrebbe per il tipo di radioonde emesse e per la loro lunghezza superare gli ostacoli naturali quali le maestose montagne circostanti la città di Cosenza e la vicina valle del Crati nel cui ambito territoriale ha l’unica possibilità di propagazione”.

L’antenna liberata: iniziò in Calabria la fine del monopolio Rai 

di Pamtaleone Sergi – tratto dal libro “Stampa e società in Calabria”

Fonte: Icsaic 

Il monopolio pubblico dei servizi di radiodiffusione, che già dal 1923 lo Stato aveva riservato a sé gestendoli attraverso enti concessionari (dal 1924 l’Uri, Unione radiofonica italiana; dal 1927 l’Eiar, Ente italiano per le audizioni radiofoniche; dal dopoguerra la rai, radio audizioni italia), incrocia la storia dell’informazione via etere in Calabria e ne riceve scossoni efficaci. La prima breccia in assoluto nel monopolio della Rai, infatti, arriva nel 1947 da Reggio Calabria, quando la prefettura autorizza una stazione radio allestita con mezzi di fortuna a radiotrasmettere la stagione lirica che si teneva al Teatro Comunale “Francesco Cilea”.

L’episodio ha soltanto un valore simbolico poiché occasionale e senza conseguenze. il vero e proprio attacco vincente risale, però, al 16 febbraio 1976 quando, con una sentenza istruttoria, che anticipava di alcuni mesi quella della Corte Costituzionale del 28 luglio 1976 n. 202, da Cosenza si apre, di fatto, la liberalizzazione dell’etere. Il pretore Michele Quagliata, prosciogliendo i due titolari di Radio Bruzia Cosenza e ordinando il dissequestro degli impianti, sancisce, infatti, il principio che “le radio libere sono legali” e che “installare e mettere in esercizio un impianto di trasmissione radiofonico non costituisce reato”. Si dava il via così, di fatto, alla fase dell’attuale sistema radio-televisivo misto.

La Calabria in verità non aveva alcuna vera tradizione o vocazione nel settore delle radiodiffusioni. Se ne comincia a discutere proprio agli inizi degli anni Settanta, quando già nel paese sono attive diverse tv via cavo. In un dibattito svoltosi nel 1971 a Cosenza, nella sezione socialista “Paolo Cappello”, il giornalista cosentino Elio Fata, scontrandosi con Massimo Fichera, dirigente del Psi e poi direttore di una delle reti Rai, fa la “scandalosa” proposta di abbattere il monopolio tv per aprire nuovi spazi di libertà nell’informazione.

Sulla scia di Telebiella, la prima in Italia, nei primi mesi del 1973, è annunciata la nascita di Tele Palmi che non supera però la fase sperimentale e, soprattutto, con una proposta dell’ufficio stampa della Giunta regionale firmata da Enzo Laganà e Francesco Zinnato, proposta che giunge al termine di un dibattito sviluppatosi sui giornali e in sede istituzionale, essendo il problema posto all’interno del governo regionale, è avanzata la suggestiva ipotesi di una tv regionale via cavo che non ha però sviluppi.

Qualcosa incomincia a muoversi realmente a metà del 1974, quando a Cosenza e a Reggio iniziano a rendersi concrete due iniziative locali. I suoi “primati” nell’attacco al monopolio Rai, dunque, la Calabria li deve a singolari coincidenze: 1) l’esperienza che Franco Cipriani, nel 1947 direttore del quotidiano reggino Corriere di Calabria, aveva fatto durante la guerra in Albania come giornalista combattente e unico redattore italiano in una piccola emittente locale, Radio Coritza; 2) l’intuito giuridico, quasi trent’anni dopo, di un magistrato di Cosenza che ancor prima della Corte costituzionale individua le “crepe” esistenti nella legge n. 107 del 14 aprile 1975 con la quale, con scarsa lungimiranza, il legislatore aveva tentato di porre mano alla materia dopo il giudizio di illegittimità costituzionale delle norme che vietavano la ripetizione in Italia di trasmissioni straniere, e di quelle che sottoponevano in ogni modo a riserva le trasmissioni locali, pronunciato l’anno prima dalla Suprema Corte.

Nella prima metà degli anni Settanta, anche in Calabria incomincia a prendere piede quel pluralismo spontaneo e prezioso determinato dalla proliferazione delle emittenti private. Ma si assiste, contemporaneamente, a un susseguirsi di sequestri degli impianti e di denunce dei titolari all’autorità giudiziaria.

Nella stessa situazione di Radio Bruzia Cosenza, cioè con i sigilli posti dagli uomini di Escopost-Escoradio, alla fine di febbraio 1976, si trova, per esempio, anche Telerossano, la cui testata era stata registrata in data 29 novembre 1974 come Telelibera Rossano, tv via cavo realizzata per iniziativa di Ignazio Sabatini, un dentista di Rossano Calabro col pallino del giornalismo. Telereggiocalabria, invece, inizia a trasmettere via cavo la sera del 30 giugno 1975 con un centinaio di abbonati presentandosi come “la vessillifera di tante istanze innovatrici che provenivano dal profondo Sud”, e da ottobre, senza apparenti intoppi, offre a qualche migliaio di utenti tre ore di programmazione con due videogiornali.
È quindi un periodo di gran confusione normativa. Le sentenze della Corte Costituzionale si susseguono, il Parlamento, contrario sostanzialmente alla liberalizzazione, mette toppe normative peggiorando la situazione; ma ormai appare chiaro a tutti che l’installazione e l’esercizio di impianti radiofonici e televisivi non può a lungo essere impedito giacché qualsiasi divieto va a scontrarsi frontalmente, come poi la Consulta avrebbe definitivamente sentenziato, con gli articoli 3 e 21 della Carta repubblicana…