“A Milano la mafia è autoctona, come se fosse Calabria o Sicilia”
di Davide Milosa
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Prima di chiedere quasi sei secoli di condanne per 77 imputati accusati di far parte del nuovo sistema mafioso lombardo, i pm di Milano Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane in una requisitoria durata due udienze e condensata in oltre 200 pagine, hanno disegnato i contorni di questa innovativa associazione mafiosa, chiamata Consorzio dai propri membri e composta da soggetti apicali di Cosa nostra, ’ndrangheta e camorra romana. Si tratta dell’indagine Hydra coordinata dal Nucleo investigativo dei carabinieri, che nelle richieste iniziali dei pm è stata bocciata dal gip Tommaso Perna (11 arresti su 146 richiesti e non per mafia) ma rimessa in piedi da Riesame e Cassazione. Si è dunque arrivati al processo e a una storica requisitoria, perché mette i cittadini davanti a una nuova declinazione tra mafia e territorio lombardo: non più colonizzazione e nemmeno infiltrazione, bensì immanenza. Oggi in Lombardia la “mafiosità è immanente”, cioè insita al territorio e alle sue dinamiche economiche, sociali e politiche.
Ed è questo che il pm Cerreti intende quando spiega che “Milano è un contesto mafioso, né più né meno di come può esserlo la Calabria. Fin quando non avremo consapevolezza di questo, non faremo passi avanti nell’attività di contrasto”. Se prima, quindi, era l’infiltrazione, oggi le dinamiche stesse che regolano certi rapporti sono mafiose, così come avviene in Calabria e in Sicilia. Ed è questo uno dei motivi che ha dato vita al sistema mafioso, il quale trova “nel profitto il suo collante” e agli arsenali di armi affianca “un arsenale economico-finanziario (…) connaturato all’esistenza stessa dell’associazione” che fa sponda con quegli “imprenditori lombardi i quali si rendono conto che c’è mafia ma continuano per la loro strada, perché guardano al profitto”.
Insomma nulla a che vedere con le associazioni “classiche”. Per questo, prosegue la dottoressa Cerreti, “il nostro compito è interpretare la realtà. Quando noi affrontiamo un’associazione mafiosa, non si tratta di un’autopsia, cioè di un cadavere che noi abbiamo in una sala sterile, su cui operiamo. L’associazione mafiosa è un fatto vivo e come fatto vivo muta, quindi dobbiamo essere pronti anche a scardinare le nostre conoscenze e affrontare nuove realtà associative”. Il risultato è stato “un primo capo capo d’imputazione complesso (circa 50 pagine) frutto di un coordinamento con ben dieci Procure”. Perché tale è il sistema mafioso lombardo così perfettamente raccontato dal boss Giuseppe Fidanzati, rappresentante di Cosa nostra palermitana: “Qua siamo tutti e 3, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa”.
Una cosa nuova perché diversa, perché, dicono i pm, “si è parlato di super mafia, quasi che l’associazione mafiosa contestata avesse la pretesa di raggruppare in sé le tre mafie storiche italiane. Si tratta di un’associazione mafiosa, a cui aderiscono rappresentanti delle tre mafie sul territorio lombardo, che hanno deciso di mettersi insieme per fare business” perché “quello che ha di nuovo, ed è questo il salto di qualità, è calare il meccanismo strutturale mafioso nella realtà economica finanziaria lombarda”. Lo dicono gli stessi imputati. Emanuele Gregorini, alias dollarino organico al clan Senese di Roma: “Tocca trovare una quadra per guadagnare tutti, non creare altri pensieri”. Lo dice Giancarlo Vestiti altro garante dei clan della Capitale: “Senza spari, hai visto com’è cambiato tutto”. Lo stesso Vestiti che per bocca del boss della ’ndrangheta Santo Crea sarebbe “l’epicentro di molti equilibri”.
Da qui la descrizione di una “struttura che non ha un carattere verticistico, ma orizzontale su più gruppi, dove i capi stanno sullo stesso piano”. Non è che se, spiega il pm Cerreti, “prendiamo 4 giocatori di Inter, Milan e Juventus, gli facciamo fare una nuova squadra diventano pulcini, rimangono professionisti di serie A”. Lo stesso vale per i boss del Consorzio, i quali pur mantenendo la loro ferocia mafiosa, si calano nella “realtà sociale economico e finanziaria” della Lombardia. E qui il mare su cui naviga il Consorzio si fa quasi infinito e inesplorabile, come a dire che nonostante le migliaia di atti si è solo scalfita la punta dell’iceberg. Lo spiega bene il pm Rosario Ferracane: “Ci troviamo di fronte a un mondo inesplorato, forse inesplorabile, che però vi dà la cifra: società in tutto il mondo, negli Stati Uniti, e conti correnti sparsi diciamo in tutte le nazioni”.









