Riecco la secessione dei ricchi. Ha vinto Zaia e in manovra riparte l’autonomia: schiaffo alla Consulta

Riecco la secessione dei ricchi. Ha vinto Zaia e in manovra riparte l’autonomia: schiaffo alla Consulta
di Marco Palombi
Fonte: Il Fatto Quotidiamo

La scoppola è stata pesante e i parlamentari del Sud di FdI e FI, specie di Campania e Puglia, a mezza bocca la attribuiscono anche al ritorno di fiamma del governo Meloni per l’autonomia differenziata: sei contestati articoli ad hoc infilati nella manovra e, poco prima del voto, pure le pre-intese firmate da Roberto Calderoli con Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria per devolvere poteri in 4 ambiti (gestione delle risorse sanitarie, protezione civile, professioni non ordinistiche e previdenza complementare) in cui non vanno precedentemente definiti – a parere dell’esecutivo e dei suoi tecnici – i famosi Lep, cioè i Livelli essenziali delle prestazioni che vanno garantiti a tutti i cittadini.

Il problema di quegli eletti del Sud è che se loro hanno perso, e male, il vincitore delle Regionali a destra è Luca Zaia, il vero padre della cosiddetta “secessione dei ricchi”: scontentarlo ora sarà difficile, tanto più che Giorgia Meloni potrebbe volerlo usare in chiave anti-Salvini. Per questo la premier che pronuncia la parola “nazione” con la maiuscola sta per far votare in Parlamento che le disuguaglianze territoriali sono stabilite per legge, immutabili.

Per capire il livello della forzatura firmata Calderoli serve un piccolo riassunto. Come il lettore ricorderà, un anno fa la Corte costituzionale ha fatto a pezzi la legge per l’autonomia differenziata: ne ha cancellati sette punti e ha dato una lettura “costituzionalmente orientata” (e cioè contraria a quella di Calderoli) su tutto il resto. In particolare la Consulta ha ribadito che il Parlamento va coinvolto nelle intese e può emendarle, che il governo non può decidere i Lep a colpi di Dpcm, che la devoluzione non può avvenire in blocco per materie ma per singole funzioni, che vada sempre dimostrata la maggiore efficienza della gestione locale, che alcune materie non possano proprio essere trasferite anche se sono citate nella Costituzione versione 2001 (tutela dell’ambiente, energia, porti e aeroporti, etc.) e molto altro.

La prima reazione di Calderoli e soci è stata scrivere una nuova legge, che da settembre giace su un binario morto in Senato. La seconda è stata infilare nella legge di Bilancio, complice il collega di partito Giancarlo Giorgetti, sei articoli in cui si definiscono i Lep in alcune materie, il passo preliminare prima di devolverle alle Regioni: l’orizzonte del piano è il 2027, l’anno in cui si tornerà al voto. La scoperta di quei sei articoli ha irritato parecchi dentro Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma prima del voto nelle Regioni non si poteva dir nulla: ora, però, è troppo tardi. Nel frattempo, come detto, Calderoli gli ha fatto ingoiare pure la firma di quattro “pre-intese” con le regioni ordinarie del Nord, tutte amministrate dal centrodestra. Questa settimana, infine, si inizia a votare la manovra in Senato e l’autonomia tornerà sulle prime pagine: le opposizioni chiedono lo stralcio di quegli articoli e hanno deciso di fare (un po’ di) ostruzionismo se non saranno accontentate.

Le proteste sono il minimo, perché il piattino preparato da Calderoli è decisamente indigesto: un irrispettoso surf tra le virgole della sentenza dalla Consulta per aggirarla, violarla in qualche caso, e stabilire che l’autonomia differenziata si fa a risorse vigenti, cioè perpetuando le diseguaglianze territoriali che tutti conoscono: per evitare problemi, politici e di bilancio, basta scrivere in una legge che i Lep sono quelli garantiti dai soldi che spendiamo ora. Siamo nel migliore dei mondi possibili e non lo sapevamo. In un articolo ad esempio, il 124 per la precisione, si stabilisce che i Lep nella sanità esistono già e sono i cosiddetti Lea, livelli essenziali di assistenza. Poco importa che i Lea non vengano rispettati in gran parte delle Regioni, quasi sempre per mancanza di personale, macchinari e risorse: “Al finanziamento dei Lea si provvede mediante le risorse disponibili a legislazione vigente”. Cioè non si provvede e dove la sanità non funziona pace. Intanto i Lep ci sono e si può regionalizzare quel poco che era rimasto allo Stato.

Lo schema viene ripetuto, e in maniera persino più esplicita, altre tre volte. In materia di assistenza si stabilisce, per dire, che i Lep sono un assistente sociale ogni 5mila abitanti e, nelle equipe multidisciplinari, uno psicologo ogni 30mila abitanti e un educatore socio-pedagogico ogni 20mila (a questo fine si stanziano 200 milioni dal 2027). Il Lep dell’assistenza domiciliare agli anziani non auto-sufficienti è invece dichiaratamente una presa in giro: un’ora a settimana, ma compatibilmente con le risorse esistenti… Contemporaneamente vengono però ribaditi tutti quei bei piani teorici per le Case di comunità, i Progetti di assistenza individuale, i servizi di supporto alle famiglie tanto notturni che diurni. Tutta roba che gran parte degli italiani non ha mai visto e mai vedrà: “La disposizione – dice la Relazione tecnica – non comporta nuovi oneri, ma valorizza le risorse esistenti”.

Il giochino si ripete per il sostegno ad alunni e studenti con disabilità: il Lep, dice la manovra, sono le ore dedicate a ciascun studente. In futuro si vedrà, intanto “in via transitoria” il Lep è fissato alle ore che si possono fare coi fondi già a disposizione: 50 ore all’anno per studente, calcola la Ragioneria generale, che specifica peraltro come si tratti di “un obiettivo” la cui “attuazione è subordinata alla disponibilità delle risorse”. Quanto alle borse di studio per studenti universitari, se non altro i fondi aumentano di 250 milioni l’anno: resta che saranno ripartiti come al solito sul costo storico, che è una fonte di riconosciuto squilibrio (dallo stesso ministero) a danno dei territori più poveri. L’orizzonte per la devoluzione di queste materie, come detto, è il 2027 delle prossime Politiche. E come si decide la distribuzione dei fondi? Niente paura, ci penserà il governo via Dpcm con tanti saluti alla Consulta.