di Nello Trocchia
Fonte: Domani
La villa da 674 metri quadrati comprata a un prezzo stracciato dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, assieme alla compagna Francesca Verdini non sarà soltanto il loro nido familiare. Ma è diventata anche la nuova sede legale della Casa rossa, la società cinematografica di Verdini che spesso lavora con affidamenti pubblici.
La dimora dagli atti catastali risulta di 28 vani, divisa in quattro piani, incluso il seminterrato. Si trova nell’esclusiva via della Camiluccia, non nel cuore antico di Roma ma una zona residenziale esclusiva dove vivono vip, stilisti e calciatori. Qui le case costano in media 3.800 euro al metro quadro, il leghista ne ha spesi appena 2mila: il rogito infatti indica quale prezzo finale dell’acquisto 1,35 milioni di euro per, appunto, 674 metri quadri.
C’è spazio dunque in abbondanza anche per la srl di Verdini, destinataria di 370mila euro di fondi pubblici per le pellicole realizzate. Ha beneficiato inoltre del tax credit per film di poco successo e di finanziamenti dalla fondazione umbra Carit. Di certo un bel risparmio per la piccola società che così risparmierà l’affitto. Sull’acquisto della dimora da sogno Domani ha raccontato costo e grandezza. I venditori hanno affidato la procura allo studio legale fondato da Cesare Previti, già ministro e avvocato, e ora gestito dal figlio Stefano e da un team di professionisti. Ma il caso ha voluto che in questa storia compaia un altro uomo legato alle vicende berlusconiane. L’immobile, infatti, era delle figlie di Giovanni Acampora, avvocato e sodale proprio di Previti, entrambi condannati nei processi Imi-Sir e Lodo Mondadori, una delle più grandi vicende corruttive della storia d’Italia. Gli atti della compravendita riportano agli anni ruggenti del berlusconismo. E nella ricostruzione della proprietà di quella villa spunta un nuovo capitolo che questo giornale può rivelare. La villa che fu del sodale di Previti ci riporta a una girandola di società che arrivano fino al paradiso fiscale del Lussemburgo. Per spiegare il tortuoso percorso immobiliare bisogna tornare al 2011: la signora Mary Badin, compagna di Acampora, sposta la sede della società Valim dal Lussemburgo in Italia. Entrano come socie le figlie e in pancia della srl viene trasferita anche la proprietà della dimora da sogno. Ma non è finita qui: Domani ha scoperto che l’originaria proprietà della dimora era di una società italiana, la Rupe 91 srl, interamente controllata dalla Summa Corporation con sede in Lussemburgo. La Summa era rappresentata proprio da Giovanni Acampora. Ne parla lo stesso avvocato in una memoria datata 8 agosto 1996 nella quale provava a giustificare i soldi ricevuti dalla famiglia Rovelli e agli atti del processo a suo carico, quello nel quale è stato condannato insieme a Previti con l’accusa di aver corrotto il giudice Vittorio Metta per la sentenza a favore di Sir, della famiglia Rovelli, contro l’Imi.
In quella memoria fa cenno ai compensi ricevuti: « 850 mila franchi servirono a ripagare
le perdite di Summa corporation controllante la Partinvest, società immobiliare proprietaria della casa dove vivono le mie figlie e mia moglie». Una ricostruzione smentita dal giudice. Successivamente Rupe 91 si trasforma in una società lussemburghese dando vita alla giro di cessioni fino alla vendita alla coppia Salvini-Verdini.
Lo staff del ministro ha chiarito a Domani: «Matteo e Francesca hanno individuato l’immobile su un sito specializzato e noto, immobiliare.it». L’atto di compravendita alla
presenza dei compratori e del procuratore dello studio Previti è stato sottoscritto dal notaio Alfredo Maria Becchetti, candidato con la Lega nelle scorse elezioni politiche, ma non eletto. Ora è presidente di Infratel (Invitalia) e ha pure seguito come notaio l’atto che ha riacceso la spa Stretto di Messina con la nomina di Pietro Ciucci come presidente.
Tutto in famiglia.









