Diamante, si deve morire con dignità. L’odissea di Mario (di Francesco Cirillo)

di Francesco Cirillo

La morte di Mario di Diamante è stata terribile ed ha toccato profondamente tutti i familiari e gli amici vicini a lui.

Afflitto da una cirrosi epatica ha cominciato il suo girone infernale tra un ospedale e l’altro dell’Alto Tirreno cosentino. Non si può lasciare morire così una persona, su un letto, senza le cure adeguate, anche se considerato oramai terminale.

E’ una logica che non appartiene all’essere umano e che purtroppo nei nostri ospedali o presunti tali è vigente. Si pensa al costo delle medicine, si pensa al posto letto, si pensa alle ricette, al medico di turno, alle responsabilità altrui, mai e poi mai all’essere umano.

A Praia a Mare, in quel che resta di curativo, nell’ospedale, da qualche settimana esiste un’equipe che lavora sulla terapia del dolore. Infermieri specializzati e medici che possono davvero aiutare a morire senza sofferenza.

Ma l’iter burocratico per avere un posto in quel reparto, è tortuoso, quasi sconosciuto ai medici di base, e non solo a loro, anche ai medici di altri ospedali o cliniche. Chi si trova in una struttura che non sia quella di Praia o viene rimandato a casa o lasciato morire su un letto.

Mario ha lottato fino alla fine, sballottato da casa all’ospedale, rifiutato da alcune strutture per ben due volte, poi ripreso, poi rimandato a casa, poi di nuovo ripreso alla fine, ma lasciato morire fra atroci sofferenze.

Michela, la moglie, così come tutti i suoi familiari, l’hanno seguito passo passo, ospedale dopo ospedale per cercare di tutelare la sua dignità. E proprio Michela ha dovuto litigare con i dottori di turno perché ricevesse antidolorifici, perché i medici, molto probabilmente, non si accorgevano delle atroci sofferenze di Mario, che urlava e si contorceva sul suo letto di morte.

Alla fine, solo alla fine hanno cominciato a somministragli qualche antidolorifico. Mario si è spento così. Una vita di sacrifici, di lavoro come fabbro, sempre attento alla sua famiglia, è finita come una bolla di sapone a 55 anni.

Non è giusto e purtroppo temo che non sia l’ultimo caso.

Scusaci tutti, Mario, per non essere riusciti a tutelare la tua dignità di uomo e difendere la tua persona fino alla fine.