Reggio, il TDL spiega: “La politica di Caridi piegata a Romeo e De Stefano”

Sono state depositate dal Tribunale della Libertà di Reggio Calabria le motivazioni con le quali è stata respinta la richiesta di scarcerazione per il senatore Antonio Caridi, arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Mammasantissima” dopo il voto favorevole del Senato.

Per il Tdl, il senatore Caridi sin dal 2000 è riuscito ad ottenere per se l’appoggio elettorale dei clan De Stefano e Tegano di Reggio Calabria, Morabito di Africo e Iamonte di Melito Porto Salvo, raccogliendo il consenso elettorale e facendo politica piegandosi alle “esigenze della direzione strategica della ‘ndrangheta, incarnata da Paolo Romeo e da Giorgio De Stefano e con la quale interagisce anche Alberto Sarra e altri esponenti politici che, secondo il disegno di Paolo Romeo, si sono resi protagonisti della vita politica” a Reggio Calabria.

Il senatore Caridi sarebbe rimasto “sempre a disposizione” dei suoi amici, con la gestione  delle assunzioni nelle società miste del Comune di Reggio Calabria, quali la Multiservizi e Leonia, con le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia ritenuti anche dai giudici del Riesame pienamente attendibili.

Collaboratori come Antonino Fiume, Giovanni Fragapane, Roberto Moio, Consolato Villani e Salvatore Aiello, l’ex direttore operativo della Leonia.

Il gruppo guidato da Paolo Romeo avrebbe scelto di sostenere Giuseppe Scopelliti, indirizzando l’agire politico del Comune di Reggio Calabria attraverso fidati consiglieri. In tale “strategia”, Caridi per i giudici è diventato all’epoca assessore comunale all’Ambiente.

Per i giudici, Caridi avrebbe agito come un partecipe all’associazione mafiosa costruendosi una carriera politica forte non solo dell’appoggio di Paolo Romeo e del clan De Stefano di Archi, ma anche di altre consorterie criminali del reggino.