Cosenza, Occhiuto-procura: la resa dei conti

Siamo quasi arrivati alla resa dei conti. O meglio sta per arrivare il conto, dopo anni di spanzunamiantu e abbuttamiantu, e  qualcuno dovrà pagarlo.

Toccherà di sicuro a chi si è fatto, prima di scialacquare, i conti senza l’oste. La documentazione arrivata in procura, sugli imbrogli avvenuti al quarto piano dell’ufficio tecnico del Comune di Cosenza, dove lo sciacqua Rosa e viva Agnese era di casa, oltre ad essere corposa non lascia spazio ad improbabili difese.

C’è di tutto: dagli appalti di mezzo milione di euro affidati direttamente (cosa vietatissima dalla Legge) fino ad arrivare a fatture di pagamento prive della documentazione necessaria per essere liquidate.

Lo stiamo scrivendo da tempo, la procura è ad un bivio: o sceglie di stare dalla parte del cittadino e della Legge, o dalla parte di questi ladroni. Già, perché le chiacchiere stanno a zero e nessun Gip, amico o nemico di Occhiuto, potrà mai chiudere questa conosciutissima inchiesta con la formula: il fatto non sussiste.

La prova dei reati, come tutti oramai sanno, sta nella documentazione stessa prodotta da questi 4 lazzaroni. Che si credevano invincibili ed impuniti vita natural durante, perché coperti proprio da magistrati che fanno parte della cupola politica/massonica/mafiosa che da oltre 30 anni governa nel terrore la città.

Tridico Pratiche fantasma, mai protocollate, prive dell’ordine di servizio,  dei sopralluoghi del geometra, dei computi metrici, nonché del certificato di avvenuto lavoro. Impossibile giustificare questo.

Neanche Tridico, che è un esperto nel trovare motivi di archiviazione agli amici degli amici, riuscirebbe ad insabbiare questa inchiesta. Voglio proprio vedere chi, in tribunale, ha il coraggio di scrivere, dopo tutto quello che è uscito fuori su queste determine farlocche, “il fatto non sussiste”.

Parliamo di una truffa colossale che ha drenato dalle casse pubbliche qualcosa come otto milioni di euro. Per molto ma molto meno in altre procure sparse per l’Italia, c’è gente che è finita in galera.

Dirigenti, sindaci, ed intrallazzini travestiti da imprenditori.  Ma qui da noi, giustamente, il Gip Branda ha detto che prima di firmare un ordine di carcerazione per persone importanti bisogna essere sicuri anche delle virgole. E noi abbiamo sempre detto che ciò è giusto.

Perché siamo garantisti veri. Ma la tiritera è finita anche per l’ufficio Gip, perché è arrivato il momento di determinarsi.  Il campa cavallo che l’erba cresce non può più essere “sfruttato”. La gente ora sa, e la tecnica del famoso “riscuardu” (dimenticanza) non funziona più.

Non funzionano neanche più le continue minacce che arrivano dal tribunale nei nostri confronti per tacitare la nostra voce. Per fermare il continuo sputtanamento di tutta la corruzione che circola nel tribunale di Cosenza, che si sa agisce e si muove in base al codice di procedura penale Occhiuto/Granieri, evidentemente ancora in vigore per molti magistrati.

Mario Occhiuto e Dario Granieri
Mario Occhiuto e Dario Granieri

Da quando scriviamo di corruzione pubblica abbiamo avuto più problemi con la mafia di stato che con i malandrini malavitosi. Segno evidente che la vera ‘ndrangheta, come diciamo sempre, da noi è lo stato.

A Cosenza corri più rischi a scrivere di come i magistrati in tribunale si vendono le sentenze, cosa che sanno anche i bambini, che a scrivere di droga, omicidi, rapine, pizzo, usura, pentiti.

Uomini e donne dello stato che ti minacciano al pari dei mafiosi. Anche il linguaggio che usano è simile a quello degli ‘ndranghetisti. Sono mafiosi culturalmente. E sono organizzati in una banda che per i poteri che ha (usurpati ed usati impropriamente) difficilmente si può contrastare.

Fanno paura a tutti. Anche ai pezzi da 90 della nostra mala. Meno si ha a che fare con loro e meglio si vive. E’ questo quello che dice il cosentino dei giudici di Cosenza al bar, per le strade, nelle piazze.

Infatti la gente preferisce rivolgersi, giustamente, ai boss di quartieri se ha un problema, piuttosto che alla procura. E non certo per omertà come vorrebbero far credere loro, ma perché  nessun cosentino si fida più del tribunale di Cosenza.

Ma il tempo delle mele è finito. Per quanto si adoperino a silenziare i loro nemici, e con noi possono riuscirci solo assoldando un killer, una risposta sulla corruzione al Comune di Cosenza a breve dovranno darla. E qui capiremo e capirete, qualora ce ne fosse bisogno, da che parte sta la Giustizia a Cosenza.

GdD