La categoria (ma forse sarebbe meglio definirla lobby) dei medici cosentini è una delle più forti in assoluto. Certo, forse non riesce a concorrere con quella degli avvocati ma, in fondo, il criterio è quello. Ci sarà un motivo se a Cosenza abbiamo 3mila avvocati e probabilmente lo stesso numero di medici. Dietro queste cifre ci sono affari, clientele, nepotismo, massoneria deviata e tutto quello che potete immaginare.
E’ del tutto evidente che in un Tribunale corrotto come quello di Cosenza, i medici hanno garanzia assoluta di impunità, anche quelli che si macchiano delle imperizie e delle negligenze più gravi o quelli che, senza scrupoli, non fanno niente per salvare vite umane oppure ne determinano per errore o negligenza la morte stessa o ancora negano lo stesso diritto alla vita ad un neonato.
Abbiamo seguito e stiamo seguendo decine di casi di malasanità a Cosenza (l’ultimo è relativo alla donna 34enne di Longobardi al sesto mese di gravidanza) ma il risultato finale è stato sempre lo stesso: i medici sono stati tutti assolti se si è arrivati a processo o la causa è stata archiviata prima ancora che cominciasse.
La trafila è sempre la stessa: avviso di garanzia, indagini farlocche e archiviazione della procura o assoluzione in giudizio. Facile come fumare una sigaretta!
E così è accaduto anche per il caso della piccola Matilde, deceduta il 27 luglio 2016 alla clinica Sacro Cuore di Cosenza e per tanti altri casi di malasanità dei quali sono piene le cronache dei media tra i quali anche quello della piccola Cloe (finito alla ribalta de Le Iene), dei neonati morti lo scorso anno e così via. Nessuno si illuda che il ritiro dell’archiviazione o magari anche un eventuale rinvio a giudizio creerà qualche problema ai medici: è solo una paraculata, loro sanno già come fare per evitare guai.
E ci sono ancora altri incredibili particolari, che ci restituiscono l’immagine di una “Giustizia” (?!?) completamente piegata alle esigenze di questi massoni potenti e deviati.
Capita pure che un ginecologo, virtualmente indagabile per il rischio derivante dalla sua delicata attività professionale, sia chiamato a pronunciarsi come consulente tecnico o come ausiliario dello stesso per analoghe ipotesi di colpa medica. Ovviamente le relazioni medico-legali danno sempre ragione ai medici. Ma non è finita qui.
Alla povera gente che cerca giustizia contro questi mascalzoni, fanno credere di tutto.
Per esempio, che in materia di malasanità la prescrizione scatta dopo 5 anni, per cui dopo non c’è più nulla da fare. Tanto loro, quelli del Tribunale, una causa media la fanno durare dai 3 ai 7 anni e quindi arrivano tranquillamente al loro risultato della prescrizione (quando c’è qualche avvocato che rompe le palle). In caso contrario, archiviano e chi s’è visto, s’è visto.
E allora, tanto per fare soltanto un esempio (ma ce ne sono decine e decine), un avvocato che ha appena un po’ di amor proprio per la “Giustizia”, viene a scoprire delle situazioni al limite della vergogna.
In una di queste cause-farsa, dove i ginecologi si “controllano” tra di loro, è emerso che sulle copie delle cartelle ecografiche, acquisite agli atti del processo dopo la sparizione degli originali (letteralmente strappati dal fascicolo dibattimentale), era stata piazzata una macchia di toner per far apparire retrogrado il flusso ombelicale, con conseguente esclusione di colpa medica per gli imputati …!
Il pm Tridico (tanto per cambiare!!!) aveva spedito a giudizio solo i neonatologi, decidendo di non esercitare l’azione penale contro i due ginecologi (primario ed aiuto). Risultato: assoluzione perché il fatto non sussiste.
Purtroppo a Cosenza il penale per malasanità, non solo in ambito ginecologico, è particolarmente rischioso per i danneggiati. Basta escludere o porre in dubbio il nesso causale per conseguire l’assoluzione con formula ampia.
Spesso i periti ricevono incarichi per squadra e compasso, insomma per appartenenza alla massoneria.
Un avvocato serio (e purtroppo non ce ne sono molti), per vedere riconosciuti i propri diritti è costretto a fare i salti mortali ricusando periti quantomeno improbabili e denunciando ai giudici (che in realtà lo sanno benissimo) che la massoneria regna sovrana.
Il consulente tecnico è una longa manus del giudice, per cui detto principio vale pure per lui. Ma al Tribunale di Cosenza se ne fottono. Per queste cose c’è Tridico o chi per lui (vi segnaliamo in particolare la dottoressa Donato, suo braccio destro da una vita…), che manda un avviso di garanzia, fa credere di svolgere indagini, nomina un consulente che scagiona i ginecologi e… arrivederci e grazie.
Diamo un consiglio spassionato a tutti coloro che dovessero incappare in queste tragedie.
C’è una sola strada per evitare la doppia beffa nelle controversie di malasanità. Non costituirsi parte civile in sede penale, in quanto in caso d’ampia assoluzione (sempre dietro l’angolo nel nostro tribunale) troveresti la strada sbarrata nella lite civile per effetto dell’art. 652 c.p.p.
Nel penale spetta al pm provare la colpa medica, mentre nel civile compete al medico dimostrare d’aver agito con diligenza. C’è una bella differenza in punto d’onere probatorio.
E magari potremmo finalmente creare qualche problema a quel venduto di Tridico!