Il giornale del PD (già) in crisi: la solita truffa di Ciccio Armentano

Armentano

Leggo della nascita di un nuovo quotidiano con tutti i retroscena e i soliti personaggetti a manovrare i burattini. Ancora una volta, mi chiedo, se sono loro o siamo noi. Una volta si giustifica, due pure, ma tre… poi non si pretenda solidarietà (F. Gabriele)

Ogni volta che mi parlano dell’apertura di un nuovo giornale in Calabria mi viene l’orticaria…. Magari mi sbaglio, ma ormai ho l’incubo dell’ennesimo difensore della libertà d’informazione che si compra il diritto di dare lezioni di legalità in una terra martoriata al prezzo di qualche decina di euro messa in mano a chi non ha alternative … (P. Baldessarro)

Non serviva essere profeti per indovinare che il nuovo (?!?) giornale di carta messo in piedi dai tirapiedi e dai traffichini vicini al PD cosentino si sarebbe rivelato un flop. Certo, magari ci saremmo aspettati che andasse in crisi dopo sei mesi e invece sono stati bruciati i tempi. Al terzo mese siamo già allo stato di agitazione.

Sì, perché l’editore di questo nuovo giornale, che in molti chiamano “La Cosa” tanto è simile ad una creatura mostruosa è Francesco Armentano detto Ciccio, uno che farebbe fatica con i suoi soldi a stampare 50 volantini. E che è fresco reduce dal fallimento de “Le Cronache del Garantista” (direttore Sansonetti), chiuso a febbraio e con i giornalisti attualmente in cassa integrazione! Siamo veramente alla follia.

La linea politica? Dietro Armentano (non da finanziatori, attenzione) ci sono Madame Fifi, il marito e Palla Palla. Del resto, tutti sanno che il fratello dell’editore, Antonio, è stato tra i candidati del PD alle ultime comunali di Cosenza e che sua cognata Sonia Ferrari viene ancora tenuta da Palla Palla nonostante la manifesta incapacità al Parco Nazionale della Sila. E non manca lo zampino dello strozzino Pierino Citrigno.
Con tanto di patto di non belligeranza con il Cinghiale, che Citrigno (beninteso), nonostante lo abbia “minacciato” tante volte, non ha mai tradito custodendo per se e per il suo cerchio magico tutto quello che avrebbe dovuto “cantare” ai magistrati.

guzzanti_galleryzoom L’aspetto più esilarante è comunque la presenza del direttore Paolo Guzzanti. Nato come giornalista al Giornale di Calabria di Giacomo Mancini, poi divenuto addirittura deputato di Forza Italia, adesso è un anziano signore che incassa 13 mila euro mensili di doppia pensione e che verrà qui a svernare prendendosi qualche soldo dal PD che, come tutti sanno, è il PDL senza la “elle”…

Per non parlare dello stampatore, quell’Umberto De Rose famosissimo in tutta Italia per la telefonata del “Cinghiale”.

Chissà se Guzzanti ha conosciuto la storia di Alessandro Bozzo, costretto a firmare un contratto capestro, una vera estorsione, e poi morto suicida.
Ma lui è venuto a prendersi solo un po’ di soldi facendo finta di niente. Doveva essere la testa di ariete per incassare i soliti contributi del dipartimento dell’ editoria pagando quattro soldi i collaboratori. 

Dopo Corsini, Sodano, Sansonetti e Regolo, ecco un altro nome nazionale, tanto caro alla strategia dello strozzino ovvero prendere giornalisti “stranieri” per infinocchiarli ed infinocchiarci. Con la supervisione di Madame Fifì e consorte.

Il sindacato dei giornalisti attraverso Carlo Parisi aveva già messo le mani avanti.

“Il timore, come ho avuto modo di rappresentare direttamente all’editore Francesco Armentano, al direttore Paolo Guzzanti ed a tutti i colleghi coinvolti nel progetto, è che – in assenza di grandi risorse – questa nuova impresa possa trasformarsi in un’altra illusione con pesanti ripercussioni sui giornalisti e le casse dell’Inpgi, svuotate pesantemente dal costo degli ammortizzatori sociali”.

Il Consiglio direttivo del Sindacato Giornalisti della Calabria rinnovava anche “un appello alle Istituzioni affinchè impediscano il perpetrarsi di truffe messe in atto per accaparrarsi quel che resta dei contributi pubblici all’editoria e all’emittenza attraverso gli artifici più disparati. A cominciare dai Durc, che non possono continuare ad essere soltanto contributivi, ma che devono essere anche retributivi per evitare che i soliti furbi paghino i contributi senza pagare gli stipendi, incassino le provvidenze e continuino a non pagare i dipendenti. Situazioni, queste, che distruggono l’editoria seria e sana a causa della concorrenza sleale messa in atto da quanti, fuori dalle regole, si accaparrano cospicue quote pubblicitarie”.

Tradotto in soldoni, i soggetti citati ovvero Armentano e De Rose, dopo aver incassato 500mila euro per il “Garantista”, con la benedizione del PD e del Cinghiale, vorrebbero ripetere l’impresa. Lo sanno tutti, ma proprio tutti, anzi no… Chi dovrebbe indagare su questi reati non vede, non sente e non parla. Come al solito.