“In Calabria c’è una diffusa disapplicazione dei principi enucleati dalla Suprema Corte di Cassazione sui criteri della subordinazione giornalistica”.
Lo dichiara l’avvocato Katia Vetere, civilista e patrocinante in Cassazione.
“La Cassazione – si legge nella nota dell’avvocato Vetere – ha più volte statuito (in ultimo con la sentenza 10048/2016) che vi è subordinazione quando il giornalista si metta a disposizione dell’editore tra una prestazione e un’altra (elemento indispensabile), quando sia inserito stabilmente nell’organizzazione aziendale e assoggettato al potere datoriale.
Soprattutto – continua la civilista – il tenersi a disposizione tra una prestazione e un’altra è l’elemento che configura la subordinazione. Purtroppo diversi giudici di primo grado in Calabria – prosegue Vetere – hanno spesso disapplicato questi criteri, limitandosi al nomen juris, cioè al nome apposto sul contratto che non ha nessun valore , perché spesso editori (anche pubblici) e giornalisti firmano contratti di consulenza che mascherano una vera e propria subordinazione.
In verità la Corte di Appello di Catanzaro – continua Vetere – presieduta dal dottore Emilio Sirianni, giuslavorista, ha sempre ribadito questo principio, peraltro sottolineato dal giudice di legittimità ogni volta che il giudice di merito non tiene conto di queste peculiarità.
Si tratta di una questione importante – conclude l’avvocato Vetere – atteso che le difese a tutela dei giornalisti in un tessuto economico quale quello calabrese sono davvero esigue”.