Cosenza, centro storico a pezzi. Margherita Eichberg: “Gravi le colpe di Comune e Soprintendenza”

Mario Pagano e Mario Occhiuto: Dio li fa e poi li accoppia

Le vicende cosentine sono analizzate in queste ore dal sito nazionale “Emergenza Cultura”, che periodicamente raccoglie notizie sulle maggiori emergenze nelle città d’Italia. Il sito ha ripreso un articolo di Battista Sangineto, docente Unical che da anni lotta contro il malgoverno del sindaco Occhiuto. E ha preso posizione a suo favore un nome importante della cultura italiana, Margherita Eichberg, che non solo è il Soprintendente ABAP di Roma in carica, ma è stata anche, prima di questo incarico, Soprintendente proprio a Cosenza.

Ma procediamo con ordine e iniziamo dall’articolo.

di Battista Sangineto

Il Centro storico di Cosenza cade a pezzi, si sbriciola dopo ogni pioggia, ma, come annunciato in una conferenza stampa del 21 ottobre 2016, l’Amministrazione comunale è corsa, nella scorsa settimana, finalmente ai ripari, anzi alle demolizioni.

Ad ottobre il sindaco dichiarava “…il Comune interverrà a danno dei proprietari, anticipando cospicue risorse di bilancio. Cominceremo con i casi più gravi e pericolosi demolendo i fabbricati che possono provocare rischi per l’incolumità delle persone e su cui non è possibile effettuare operazioni di consolidamento strutturale”.

Il sindaco, in quella occasione, aveva dato notizia dell’approvazione della delibera della sua Giunta (Sgarbi era ancora assessore al Centro storico) che, in oggetto, riportava: “Demolizione di opere per somma urgenza – Immobili siti in Cosenza – Centro Storico – Compresi tra Via Bombini, Via Gaeta e Corso Telesio”. L’importo totale dei lavori ammonta a 384.768,87 euro”.

Agli inizi di marzo l’Amministrazione è passata all’azione radendo al suolo alcune case ed alcuni palazzi, di fondazione medioevale, su Corso Telesio, in via Bombini ed anche in via Santa Lucia, nel cuore del Centro storico, solo perché erano, a suo giudizio, pericolanti e perché non avevano, sempre a suo giudizio, alcun pregio architettonico o storico-artistico. Quello che rende –dovremmo iniziare a dire rendeva- unico e straordinariamente bello il Centro storico di Cosenza è la sua omogeneità, l’integrità del suo tessuto urbanistico dovuta anche all’abbandono, la quasi totale assenza di superfetazioni deturpanti o di interventi trasfiguranti. E, invece di seguire i protocolli architettonici ed urbanistici conservativi -usati, ormai, da tutti gli architetti ed urbanisti che si occupano di Centri storici-, cosa ha architettato (è proprio il caso di usare questo verbo) l’Amministrazione?

La demolizione selettiva di case e palazzi della città storica per i quali non ha saputo, né voluto, concepire un’idea progettuale complessiva se non quella di inseguire una falsa e vuota modernità come l’orrenda colata di cemento rovesciata su Piazza Fera che ora arreda, come i salotti degli arricchiti, con opere d’arte moderna un tanto al chilo, di ferro.

L’unica, inaudita, idea che ha avuto il Sindaco per la città vecchia è stata quella ispiratagli, con tutta evidenza, dal suo modello Alarico: radere al suolo case e palazzi, fare piazza pulita di quelle anticaglie, fossili di culture ormai declinate o declinanti, come la Roma imperiale del 410 d.C.
Ora, lungo il medioevale Corso Telesio, si apre, incongruo ed improvviso, uno squarcio spalancato come una bocca urlante semiriempita da un cumulo di macerie, di pietre squadrate e scolpite, di calcinacci, di mattoni, di tegole e di travi di legno destinati alla discarica. Uno squarcio, non più rimarginabile, è stato praticato nel cuore antico di Cosenza e dei cosentini; è stato asportato violentemente, come fece Alarico durante il sacco di Roma, un brandello della sua forma urbana, della sua storia bimillenaria, della sua carne ancora palpitante.

È, forse, il caso di ricordare, di sfuggita, che ogni città, soprattutto italiana, è il risultato unico ed irripetibile di una enorme quantità di variabili storiche, sociali, religiose ed economiche. Cosenza è, a pieno titolo, una delle “cento città” italiane ed accoglie molta bellezza e una grande varietà di forme che, dispiegatesi nel tempo e nello spazio, costituiscono un enorme patrimonio culturale sedimentatosi per più di ventiquattro secoli sul Pancrazio e sulle altre colline contermini. Non dovrebbe andar perduto neanche un muro, un tratto di vicolo, un portico, un balcone di questa città perché ogni elemento architettonico e urbanistico costituisce un ineliminabile porzione della sua forma e della sua storia, figurarsi, dunque, cosa possa significare perdere parti significative -sia da un punto di vista quantitativo, sia qualitativo- come interi palazzi o interi quartieri, come è già accaduto a Cosenza a causa dei crolli verificatisi in questi ultimi anni e come accade ora per mano, addirittura, dei suoi Amministratori.

Una Amministrazione che usa centinaia di migliaia di euro del suo bilancio per radere al suolo case e palazzi della città antica, centro identitario dei cosentini, invece di utilizzarli per mettere in sicurezza quegli stessi edifici, magari in attesa di finanziamenti più cospicui per restaurarli, se proprio non fossero bastati quasi 400mila euro. Del resto non può essere invocata neanche la scusa dell’incolumità delle persone perché un intervento programmato dal 21 ottobre 2016, ma effettuato ben 5 mesi dopo, non può essere, è evidente a chicchessia, di “somma urgenza”.

Un intervento effettuato con mezzi meccanici che -al danno di aver abbattuto alcuni edifici su Corso Telesio e in Via Santa Lucia- aggiunge la beffa di rimuovere le macerie e le fondamenta con le ruspe che potrebbero sradicare, se non lo hanno già fatto, le strutture bruzie e romane dell’antica “Consentia” che si rinvengono, ormai lo sappiamo, sotto ogni casa, palazzo e piazza del Centro storico.

Una vicenda paradigmatica questa del centro storico perché mette in evidenza quanto poco, o per nulla, sia radicato in Calabria ed a Cosenza – nei cittadini e, ancor meno, in chi li rappresenta- il senso di identificazione ed appartenenza ad una città. Un senese o un astigiano si chiederebbero perché non siano insorti i cittadini cosentini, perché non sia intervenuta la Soprintendenza A.B.A.P, per bloccare o, almeno, per chiedere conto di questa incredibile devastazione in un’area che è, per legge, tutelata.

La triste risposta è che, a Cosenza, il Centro storico crolla ripetutamente o viene raso al suolo dalla sua Amministrazione, ma il Soprintendente -quello stesso Mario Pagano che ha solertemente firmato accordi con Occhiuto per la ricerca del tesoro di Alarico, poi fermata dal suo medesimo Ministero- ed i cittadini -ormai ridotti a semplici e “spaesati” utenti- colpevolmente tacciono, non avanzano dubbi rendendosi corresponsabili dell’incuria e delle profonde ferite inferte alla storia di Cosenza.

Fin qui Battista Sangineto. Ed ecco la risposta di Margherita Eichberg che non ha davvero bisogno di altri commenti. 

Condivido parola per parola quanto scritto da Sangineto. Un tempo si satebbe puntellato, in attesa di un un piano e di finanziamenti specifici. Il Comune è il principale responsabile, ma anche gli Enti sovraordinati, e lo Stato hanno le loro colpe. E che dire del MiBact? Esiste ancora la volontà della tutela nelle ‘stanze dei bottoni’? La scelta di tagliare le soprintendenze, di scegliere per la Calabria soprintendenti archeologi (Cosenza e Reggio), i pensionamenti degli architetti dell ufficio cosentino, l’assenza di supporto per gli uffici di tutela periferici, la mancata difesa della loro azione (a volte addirittura la presa di distanza), dicono tutto. Infine lo strapotere degli enti locali, e la voglia di spendere soldi, così l economia riparte. Senza parole. E, purtroppo, senza speranza…