Cosenza corrotta, inchiesta ditte amiche: la Manzini traccheggia in vista della prescrizione

Mancano solo 9 giorni alla scadenza (un anno) degli avvisi di garanzia inviati dalla procura di Cosenza, a firma Manzini, al dirigente Pecoraro, all’ex capo gabinetto Potestio, all’ex dirigente Cucunato, agli imprenditori Scarpelli, Amendola e Amato.

Il 20 maggio 2016 la Guardia di Finanza notificava ai sopracitati un avviso di garanzia comunicando loro di essere iscritti nel registro degli indagati per corruzione e abuso d’ufficio. L’inchiesta avviata dalla procura si riferisce alla costosa gestione delle luminarie in città, per tre anni sempre affidata alla ditta MedLabor, e costata al Comune di Cosenza la modica cifra di 800mila euro.

Ma non solo questo: secondo gli investigatori, alcune ditte avrebbero per anni monopolizzato il settore dei lavori pubblici grazie a un trucchetto semplice. I lavori sarebbero stati infatti lottizzati in diversi micro-appalti, tutti al di sotto della soglia dei 40mila euro, dunque affidabili in via diretta e senza necessità di gara. In questo modo, le ditte amiche avrebbero rastrellato negli anni le commesse, senza neanche doversi prendere il disturbo di confrontarsi con altre ditte nell’ambito di una pubblica gara. Oltre al lavoro investigativo, a confermare l’andazzo al quarto piano e della corruzione dilagante ci sono anche le dichiarazioni di due pentiti: Adolfo Foggetti e Galdi.

Ma nonostante ciò tutto risulta fermo: una volta non firma il Gip, una volta la Manzini prende tempo, e così via. E’ chiaro a tutti che è in corso l’operazione tira oggi che viene domani e imbosca più che puoi. Il lavoro su questa inchiesta va avanti al solo grido: prescrizione.

E’ così che si chiudono tutte le inchieste che riguardano le accertate ruberie alle casse pubbliche. E questo ennesimo schiaffo alla Giustizia è un altro segnale agli intrallizzini di professione di garantita impunità.

Facciamo due conti per capire se questa inchiesta farà la stessa fine di quella su piazza Fera/Bilotti.

Secondo il disposto dell’art. 369 c.p.p. l’indagato ha diritto a ricevere l’avviso di garanzia solo quando deve essere compiuto un atto (“atto garantito”) al quale ha diritto di partecipare il suo difensore. Cosa che è avvenuta.

Se ricevi un avviso di garanzia vuol dire che su di te è in corso una indagine. Che significa l’apertura di un fascicolo.

Secondo l’art. 405 c.p.p. la durata delle indagini preliminari è di sei mesi dall’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito nel registro della notizia di reato, salvo che non si proceda per uno dei delitti indicati nell’art. 407, comma 2 lettera a), per cui la durata è di un anno, che non è il nostro caso. Tuttavia il PM, ex art. 406 c.p.p. può chiedere al Giudice per le indagini preliminari (GIP) una proroga, per giusta causa, non eccedente altri sei mesi. Cosa che la Manzini ha fatto. E tra 9 giorni scade l’anno e la seconda proroga.

Siccome non siamo di fronte a complesse attività di indagini si presume che alla scadenza della seconda proroga, cioè tra 9 giorni, la Manzini non chieda l’ultima proroga di sei mesi concessa dalla Legge. Che dispone in casi eccezionali, e non mi pare questo il caso, il limite massimo per le indagini preliminare fino a 18 mesi.

L’inchiesta sugli affidamenti diretti è bella che finita da tempo, e non c’è altro da indagare o investigare. Oltre alle indagini della Finanza che hanno da tempo messotutto nero su bianco, e a tutto quello che abbiamo pubblicato noi, dove i reati sono messi in bella vista, esistono anche diversi esposti, tra cui quello dettagliato proprio sugli affidamenti a ditte amiche del senatore Morra, nonchè la relazione dei revisori dei conti che denunciano la totale mancanza di documentazione a diverse centinaia di determine. Lo ripeto: i reati sono scritti nelle loro stesse determine. Ma qualcuno fa finta di non vederli giocando al rimpiattino.

Ora se la Manzini è onesta e in buona fede ha il dovere di comunicare ai cittadini dov’è finita la sua inchiesta e se alla scadenza intende chiudere definitivamente l’indagine o no. Non violerebbe nessun segreto e la comunicazione ai cittadini è prevista dalla Legge.

Invece vedrete che non solo non dirà nulla, ma sottobanco ha già preparato la richiesta di una ennesima proroga, forte del campa cavallo che l’erba cresce.

Per i disgraziati e i morti di fame le inchieste si chiudono in pochi mesi, per gli amici degli amici la tecnica è tirarla alle lunghe in attesa di insabbiamenti e prescrizioni. Perché i reati contestati nell’avviso di garanzia agli indagati iniziano il 2011, ora siamo al 2017 e la prescrizione è vicina.

Ditemi voi se tutto questo è giusto: perché Potestio, Cucunato, Pecoraro non devono subire un processo come tutti gli altri visto che ci sono tutti gli elementi?

Perché di queste ingiustizie la politica non parla?

Possibile che tutti hanno paura di dire le cose in faccia a Spagnuolo? Perché non si può chiedere conto del loro operato a questi magistrati?

Di fronte a tutto questo ci starebbe bene una parolaccia, ma se la scrivo poi mi accusano di squadrismo.

La nostra non è una crociata contro l’istituzione Giustizia, ma una campagna contro persone fisiche ben definite. Giudici e magistrati che non fanno il loro dovere, che sfogano le loro frustrazioni sui deboli e che hanno reso la città ostaggio di una cupola politica/massonica/mafiosa, garantendo a ladri ed affamatori di popolo la totale impunità. E’ giusto per voi tutto questo? Di fronte a tanta evidente corruzione, se si vuol campare tranquilli, bisogna fare finta di niente. A chiedere giustizia a questi non conviene: si corre il rischio di fare la fine del direttore Carchidi. Ma dico io: con quale faccia vi presentate a questi convegni e dibattiti a parlare di legalità? Na pocu i vrigogna, possibile che non la sentite?

Anche su questa ennesima inchiesta che dimostrerebbe senza ombra di dubbio l’avvenuto ladrocinio al Comune, si mette una pietra tombale, con l’assenso e gli applausi di una classe politica che più vigliacca e corrotta non si può. E il tutto nell’indifferenza del dottor Gratteri che di portare anche ai cosentini un po’ di giustizia non gliene può fregar de meno. E nel mentre il capobanda della sezione penale Di Dedda (forte con i deboli e debole con i forti: lui sì che è uno squadrista nato!) sfoga la sua rabbia e tutto il suo rancore verso chi come noi gli fa notare le enormi incongruenze nell’operato del suo ufficio. Viva la Giustizia.

GdD