Hanno ragione il procuratore Spagnuolo e tutti i suoi sodali quando affermano che a Cosenza la ‘ndrangheta non esiste e che tutta questa corruzione e malandrineria ce la siamo inventata noi. E per avallare la sua aberrante tesi strumentalizza, in maniere indiretta, le dichiarazioni di Alessio Cassano, presidente dell’associazione antiracket cosentina “Lucio Ferrami”.
Cassano dice chiaro e senza giri di parole: “A Cosenza negli ultimi 2 anni non c’è stata nessuna denuncia di commercianti per il pagamento del pizzo, e negli anni precedenti non si è mai andati oltre ad una o al massimo due denunce”. Quasi come se il fenomeno non esistesse. Che è la parte che più piace a Spagnuolo e sulla quale appoggia la sua tesi. Ma allo stesso tempo Cassano afferma: “L’80% delle attività commerciali presenti sul territorio cosentino pagano il pizzo e il restante 20% è in mano alla ‘ndrangheta. Su questo, non temo smentite”. E questa è la parte che invece non piace a Spagnuolo.
Delle due l’una: o Cassano è sballato e si inventa questi numeri che fanno rabbrividire addossando la colpa del mancato riscontro degli stessi, alla paura e all’omertà dei commercianti che non denunciano. Oppure è vero che la ‘ndrangheta non esiste, e questi numeri sono frutto di fantasia perché privi di riscontro, dato che non ci sono denunce. Come dice Spagnuolo. Fate voi.
Se stiamo ai numeri di Cassano, non possiamo non immaginare una fitta rete di estorsori che giornalmente si muovono indisturbati per riscuotere il pizzo, su un vasto territorio come quello dell’area urbana, da vittime oramai rassegnate a questo stato di cose. I negozi e le tante attività commerciali da taglieggiare sono migliaia e per procedere ad un’estorsione così capillare ci vuole per forza un’organizzazione. Il pizzo non può considerarsi un reato “estemporaneo”. Per attecchire nell’immaginario collettivo, e rendere miti le vittime, l’estorsore ha bisogno di sfoggiare la forza criminale di un gruppo ben organizzato. Altrimenti non funziona. E secondo Cassano questo avviene sistematicamente, ogni mese, in tutta l’area urbana. Ad opera di chi, non si sa…
Perché stando a quello che dice Spagnuolo qui la ‘ndrangheta non c’è, e le estorsioni non esistono, e prova ne è il fatto che nessuno denuncia, e non per paura come afferma Cassano, ma perché il reato non viene consumato. Per Spagnuolo il problema a Cosenza è la criminalità liquida dedita per lo più allo spaccio di droga. Tutto il resto è pura invenzione, almeno fino a prova contraria, come ama dire lui. E se manca la denuncia, manca la prova. Quindi per Spagnuolo il pizzo a Cosenza non esiste. Così come non esiste la corruzione nella pubblica amministrazione e nel tribunale.
Del resto, per Spagnuolo la ricerca della “prova provata” è un’ossessione professionale dalla quale non prescinde, tant’è garantista. Lo definirei quasi un San Tommaso: deve vedere con i suoi occhi. Ed è talmente meticoloso nel suo operato che ancora sta cercando le prove della colpevolezza di Potestio, Cucunato, Pecoraro, Amato, Scarpelli e Cirò.
Ora, al di là della mia ironia, diciamolo chiaramente: come si fa a negare l’esistenza di questo fenomeno ben descritto dall’associazione antiracket a Cosenza e Rende? Chi vive a Cosenza e a Rende, e non si tappa le orecchie e si copre gli occhi, sa benissimo che la ‘ndrangheta politica e criminale esistono eccome!
Solo i magistrati della procura di Cosenza non la vedono. Indaffarati come sono a perseguitare noi e a coprire i reati degli amici degli amici. E le parole di Cassano sono la semplice e pura verità: a Cosenza e Rende tutti pagano il pizzo. In svariate forme e formule, ma tutti pagano. Chi è costretto ad acquistare merce da “fornitori” ai quali non si può dire di no, chi paga le tre rate (Natale, Pasqua e Ferragosto), chi è strozzato, chi è costretto ad assumere qualche amico degli amici. Di fronte a questo dramma che tutti sappiamo esserci, una procura seria, anche senza denunce, predisporrebbe un servizio investigativo per accertare l’esistenza o meno di questo odioso fenomeno criminale. Ma continuano a giustificare il loro non fare niente accusando i cittadini di omertà.
La verità, e questo lo dico io, è che nessuno denuncia perché nessuno si fida della procura di Cosenza. Denunciare un estorsore in procura a Cosenza significa mettersi a rischio. Dopo due secondi lo sa tutta la città compresi i malandrini denunciati. I commercianti più che al pizzo sono rassegnati alla corruzione nel tribunale di Cosenza, tanto da accettare di alimentare il malaffare come danno minore. Ma non li biasimo, li comprendo.
Meglio pagare il pizzo piuttosto che rischiare la propria incolumità fisica, l’isolamento e l’abbandono, per aver denunciato gli estorsori al PM sbagliato. E siccome le cose stanno così e nessuno di voi e men che meno la politica, vuole porci rimedio, lo sai che c’è, che anche io, come compari Spagnuolo, dico che la ‘ndrangheta non esiste. ha ragione Spagnuolo! E speriamo con questo di diventare amici.
GdD