Del giornalista Klaus Davi ci siamo già occupati diverse volte ma è evidente che non dev’essere bastato. Davi gioca a fare l’eroe e il giornalista antimafia ma qui in Calabria è legato mani e piedi ad una televisione, LaC, che è un ricettacolo di gente contigua ad ambienti mafiosi e – soprattutto – foraggiata sfacciatamente dalla più grande associazione a delinquere di stampo mafioso del Paese ovvero il PD.
E che fa Davi per dimostrare che lui è contro la mafia e che è pulito e integerimo come la carta igienica che esce dal bagno? Fa pubblicare un manifesto gigante nel quale si vede il senatore di FI Antonio Caridi (tuttora in galera) che bacia un mafioso della famiglia De Stefano. E lancia addirittura uno spot!
Ora – senza andare molto lontano – perché Davi non usa la stessa intransigenza nei confronti dei politici accusati di vicinanza alla mafia del PD? Eppure solo qualche giorno fa Arturo Bova è stato beccato con le mani nella marmellata per inciuci con un boss mentre presiedeva addirittura una commissione di contrasto alla… ‘ndrangheta. Eppure anche Nino De Gaetano, addirittura assessore della Regione, è accusato esattamente come Caridi di far parte di consorterie mafiose al pari di altri suoi illustri colleghi di partito come Sebi Romeo, Battaglia, Nicola Irto, Ernesto Magorno e Orlandino Greco. Però di questi soggetti – chissà perché – Davi non parla mai.
Anche colui che lo paga per fare le sue buffonate a LaC ovvero l’editore Maduli è stato beccato in “dolce compagnia”. E allora perché lo sguardo di Davi è così strabico e nessuno glielo ricorda? O – se vogliamo essere evangelici – perché guarda la pagliuzza nell’occhio altrui e non la trave che c’è nel suo?
Lasciateci dire infine che sono veramente patetiche le sue affermazioni secondo le quali qualcuno vorrebbe soffocare la sua voce. Il motivo è semplicissimo: più parla e più si tira la zappa sui piedi e soprattutto più parla e più danneggia il suo editore, che anche stamattina è finito in prima pagina insieme ai mafiosi che lo accompagnano per colpa… sua.