18 giugno 2017, appunti sparsi dal Teatro Brancaccio
“Per sentirsi dalla parte buona della vita, per quello che si è”
di Andrea Bevacqua
La giornata di domenica 18 giugno al Teatro Brancaccio di Roma è una di quelle che difficilmente dimentichi. Intanto per il teatro gremito sia in platea che in galleria, per la ressa di gente che premeva da fuori per entrare, perché così tanta gente di Sinistra non la vedevi insieme da un po’. Non la dimentichi perché finalmente vedi o intravedi un popolo attento ad ascoltarsi sui temi e le pratiche del buon senso. Le parole chiave sono quelle della nostra quotidianità, dei nostri tanti percorsi che spaziano da nord a sud e che da sempre ci arrovelliamo su come fare ad intrecciare per avere un soggetto politico in grado di rappresentare un’ampia fetta di popolazione. Pace, disarmo, lavoro, istruzione pubblica, laicità, diritto alla casa, Costituzione, lotta alla povertà, sostenibilità, cultura, agricoltura biologica. Le scrivo in ordine sparso perché come un fiume riecheggiano ancora nella mente e negli appunti presi in un teatro troppo piccolo per poterci accogliere tutti.
Il 18 giugno chi non c’è stato fatica a comprenderne la dimensione di oasi in mezzo al deserto, la fonte a cui rifocillarsi per riprendere un cammino insieme. Ecco, quello che mi preme più trasmettere è il senso di comunità, lo sforzo a riunire i tanti IO per farli ridiventare NOI. Il teatro Brancaccio il 18 giugno è stato soprattutto questo. E’ stata la conoscenza dei tanti gruppi politici e sociali che animano i nostri territori, le nostre municipalità, l’impegno quotidiano di chi accoglie nonostante le leggi e i decreti degli ultimi tempi. Un “giusto movimento” che necessita di essere riportato ad un unico filo conduttore, ad unica strada, ad un unico sentiero. Un cammino che matura sin dai tempi del NO alla guerra in Kosovo, da Seattle, da Genova arrivando ai referendum sull’Acqua Pubblica, alle lotte per la casa e al NO alla Legge Minniti.

Chi si aspettava discorsi vaghi al Teatro Brancaccio è rimasto deluso. Domenica 18 giugno è stato soprattutto il giorno della Coscienza critica diffusa, che non può non additare come colpevoli di tutto il disastro attuale il sistema economico neoliberista, i populismi e le derive di destra e xenofobe. Tutto parte da lì. Una logica che non accoglie ma respinge, non apre ma chiude, non stabilizza ma destabilizza. E non penso che tutto questo sia poco per un soggetto politico che si candida ad animare la prossima stagione legislativa. Se non riprendiamo a chiamare con nomi e cognomi i mali che ci affliggono in questo tempo saremmo già partiti male, destinati a replicare gli insuccessi degli ultimi anni, quelli in cui l’unico obiettivo diventa il superamento del quorum!
Se questo sarà l’obiettivo, non andremo lontani. Se invece lo sforzo sarà quello di ascoltarsi, “consensualizzarsi” nelle scelte imparando ad accogliersi nelle differenze reciproche, testimoniare a chi sta lontano da noi ed è sordo, se riusciremo ad essere tutto questo avremo già gettato un seme nel terreno difficile da estirpare. Su questi tre verbi dobbiamo lavorare in questi mesi che verranno: Ascoltarsi, “Consensualizzarsi”, Testimoniare. Tre verbi a cui non possiamo rinunciare, tre verbi che costano sacrificio, lavoro, sintesi, tre verbi che sono il contrario della logica imperante, dell’egoismo, della chiusura. Il neoliberismo ha prodotto soprattutto questo: disuguaglianze ed egoismo. La nostra invece è una testimonianza quotidiana sui territori di apertura, ricerca di metodo, rifiuto del principio delle deleghe.
Cosa faremo da domani? Intanto provare a darsi un metodo, un foglio con pochi ma salienti punti di sintesi tra tutte le realtà presenti sul territorio. Partiti e movimenti, militanti e non della Sinistra insieme e non gli uni subordinati agli altri per provare a ricomporre dialogo. Un dialogo che deve tenere insieme tutti e quando si dice tutti si intende in primo luogo la base. E la base è fatta di tutti gli animatori di questo “giusto movimento”: chi accoglie, chi fa cultura, i disoccupati, i migranti, i cassaintegrati, gli studenti, gli attivisti, gli occupanti delle case, gli animatori delle campagne per l’acqua pubblica, gli attivisti ambientali, gli agricoltori biologici, i piccoli commercianti, gli uomini e le donne, i preti e i laici impegnati in periferia e contro il sistema.
Tutti uniti da una pratica antisistema e da un respingimento delle derive populiste e fasciste. Questo è il popolo del NOI e più questo popolo sarà in grado di caratterizzare questo movimento più sarà capace di invertire la rotta nelle decisioni: i vertici, alcuni di questi capaci di compiere disastri continui, se vogliono stare in questo processo devono essere in grado di prendersi i fischi e, opinione personale, di farsi finalmente da parte. Alcune presenze ce le saremmo volentieri e francamente evitate al Teatro Brancaccio.
Ecco allora che inizia un percorso, all’estate seguirà l’autunno, ci sarà tanto da spiegare e coinvolgere. Ma ogni strada tortuosa ha la sua bellezza ed ogni cammino ha il diritto di essere percorso e sognato. Ed a proposito di cammino e di tortuosità ci possono aiutare le parole di un gigante dei nostri tempi: Tom Benetollo, presidente dell’Arci nazionale di cui in queste ore ricorre l’anniversario della morte avvenuta il 2004:
In questa notte scura,
qualcuno di noi, nel suo piccolo,
è come quei “lampadieri” che,
camminando innanzi,
tengono la pertica rivolta all’indietro,
appoggiata sulla spalla,
con il lume in cima.
Così,
il “lampadiere” vede poco davanti a sé,
ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri.
Qualcuno ci prova.
Non per eroismo o narcisismo,
ma per sentirsi dalla parte buona della vita.
Per quello che si è.
Credi.