Cosenza 2016, tra i due litiganti (Madame Fifì e Carletto), il terzo (Presta) gode

Carletto e Madame Fifì

“La verità sta nella guerra in atto tra fazioni politiche per il controllo del territorio. E il vero motivo di questo inutile braccio di ferro è che Madame Fifì non ha digerito la nomina a commissario dei circoli cosentini di Ferdinando Aiello. Uomo di Carbone mandato a “normalizzare” il partito a Cosenza, che, vista la maliparata, e ve lo diciamo in anteprima, sarà costretto a dimettersi”.

Così scrivevo in un articolo del 26 ottobre http://www.iacchite.com/pd-la-solita-guerra-sulla-sanita-ma-lobiettivo-e-aiello/ , annunciando le dimissioni inevitabili del deputato Aiello. Una profezia che non ci voleva certo Nostradamus per formularla.

Del resto si sapeva che Madame Fifì non si sarebbe arresa senza lottare. Cosenza e parte del suo hinterland sono ancora la sua roccaforte. Dispone di truppe agguerrite e bene armate. Presidi e torri che possono resistere anche a lunghi assedi.

Si è bene arroccata laddove prevede l’assedio più cruento. Ha messo in campo anche le sue ultime riserve strategiche. Il campo di battaglia è quello delle prossime elezioni amministrative a Cosenza. Dove in gioco c’è la sua sopravvivenza politica.

Deve tenere banco e dimostrare a Renzi che in Calabria bisogna fare i conti con lei. Che non può esserci nessuna “normalizzazione” del partito se lei non vuole. Sa, la Madame, che questa potrebbe essere l’ultima battaglia. Alla fine ne resterà solo uno.

La partita è delicata, d’ora in poi ogni mossa deve essere ponderata, studiata, analizzata. Non può permettersi di perdere questo scontro. Una sconfitta sul campo significherebbe la caduta definitiva del suo casato politico.

Ecco perché ha deciso di restare sul campo, insieme a tutto il suo stato maggiore, per controllare di persona. Deve essere presente perché capisce l’importanza di incitare a viva voce le truppe. Brama di recitare il suo discorso alle milizie schierate, prima dell’ultimo assalto.

Ha consultato l’oracolo e le carte, Madame Fifì, e sa che nelle schiere dei nemici si sono aperte delle falle. La compattezza non è più la loro forza.

Marco Minniti
Marco Minniti

L’esercito affidato da Minniti a Guccione, per contrastare Madame Fifì, si sta sfaldando. Quella che sembrava una armata invincibile deve ora fare i conti con una spaccatura forte al proprio interno.

Carlo e Ferdinando non sono più tanto “amici”, semmai lo sono stati. E poi diciamoci la verità, Carletto si è dimostrato incapace di affrontare a viso aperto, sul campo di battaglia, Madame Fifì. Alla quale, seppur spocchiosa, va riconosciuto il coraggio. Dettato sì dall’istinto di sopravvivenza, ma che rimane coraggio.

Virtù di cui Carletto è sprovvisto. Un generale che resta sempre nelle ultime file, che non esorta, che non incita, che non si lancia al galoppo a spada tesa davanti ai suoi cavalieri, offrendo il proprio petto al nemico, in fondo che generale è?

Difficilmente le truppe si “innamorano” di un comandante così. Mi sa che Minniti ha sbagliato cavallo. Anche la storia dell’ investitura ad imperatore di Cosenza di Carletto, così come è stata condotta, detta e non detta, sparsa e ritirata, gridata e sussurrata, non rende certo merito al lignaggio renziano a cui aspira. Come a dire: siccome devono succedere un po’ di cose a Cosenza e in regione, io aspetto, se mi conviene accetto se no resto dove sono a 20.000 cucuzze al mese.

Pare che le ultime mosse sullo scacchiere di Madame Fifì abbiano rafforzato la posizione di Oliverio, scongiurando, almeno per il momento, una sua “eliminazione” politica. E questo ha aumentato l’indecisione del pavido Carletto, che, se veramente intenzionato, da buon politico dovrebbe prescindere da tutto questo tatticismo, se ama la sua città e se reputa nobile il suo mandato. Se lo scopo principale è il risanamento sociale, culturale ed economico dei nostri luoghi. E non solo un riposizionamento della sua figura politica, il cui interesse è solo la sistemazione economica personale. Non c’è niente di politico in questo.

Concludevo il mio articolo così: “…all’indomani delle dimissioni di Aiello, non resterà altro da fare a Renzi che abbattere la sua mannaia in Calabria, commissariando tutti e tutto”.

Ed è quello che succederà perché Renzi ha già calato un asso, il buon Lucio Presta. Che, con le buone o con le cattive, metterà tutti d’accordo. Un Presta, amico di Renzi, che a differenza di Carletto, non è certo un pavido. Ma avrà molto da fare per attagnare la fame atavica di assessorati dei soliti noti.

GdD