In queste ore, oltre mille Carabinieri del R.O.S., del Comando Provinciale di Reggio Calabria, degli Squadroni Eliportati Cacciatori di Calabria, Sicilia e Sardegna e del Battaglione Calabria sono tuttora impegnati nella vasta operazione anticrimine denominata “Mandamento Jonico” con arresti, perquisizioni e sequestri in tutti i principali centri della Locride, ove sono stati fermati affiliati alle locali di ‘ndrangheta di Locri, Roghudi, Condofuri, San Lorenzo, Bova, Melito Porto Salvo, Palizzi, San Luca, Bovalino, Africo, Ferruzzano, Bianco, Ardore, Platì, Cirella di Platì, Careri, Natile di Careri, Portigliola, Sant’Ilario, tutte rientranti nel mandamento ionico. Arrestati anche alcuni affiliati alle locali di Reggio Calabria, cosca Ficara – Latella e cosca Serraino e alla locale di Sinopoli del mandamento tirrenico.
Sono state infatti individuate le gerarchie e gli organigrammi di ogni “Locale” a partire dalla cosca Ficara – Latella, egemone nella zona Sud di Reggio Calabria, per proseguire lungo l’intera fascia Jonica (da cui il nome dell’operazione, “MANDAMENTO”) sia dei comuni rivieraschi che quelli montani, con un monitoraggio investigativo capillare e completo come mai avvenuto in precedenza.
Tale specifica radiografia investigativa ha consentito di documentare le tipiche espressioni del metodo mafioso, identificando gli autori di estorsioni, truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche, danneggiamenti nonché della infiltrazione negli appalti pubblici e lavori privati, i quali, per numero e estensione, costituiscono un allarmante indice del capillare e asfissiante controllo del territorio esercitato dalla ‘Ndrangheta.
‒ ruolo della famiglia “Pelle Gambazza”:
è stata confermata la centralità della famiglia Pelle e di Pelle Giuseppe “Gambazza” in particolare, non solo con riferimento al “mandamento ionico”, ma a tutta l’organizzazione a livello “provinciale”; ciò sia in relazione a problematiche associative (Pelle Giuseppe viene consultato ed assume le decisioni finali in relazione a molteplici questioni riguardanti la concessione di doti e cariche in tutta la “Provincia”, ovvero riguardanti dissidi interni anche a singole locali), sia in relazione a singole attività estorsive o comunque di infiltrazione nei pubblici appalti (quale diretto interessato e/o garante degli equilibri spartitori di tipo ndranghetistico tra le varie famiglie); sul punto, di particolare rilievo sono le intercettazioni che dimostrano la sistematica pressione estorsiva, costituita dal 10% del valore delle opere, nonché l’infiltrazione negli appalti pubblici tra cui quello relativo ai lavori della linea ferroviaria Sibari – Melito Porto Salvo nella tratta Condofuri – Monasterace del valore complessivo di 500.000,00 €;
‒ “Locale” di Locri:
è stata accertata l’operatività delle cosche CATALDO e CORDÌ, protagoniste di una storica faida iniziata sul finire degli anni ‘60 che ha insanguinato, in varie fasi, il centro locrese. L’attività ha disvelato come a seguito della formale chiusura del “Locale”, decretata alla fine degli anni ’90 dagli organismi di vertice della ‘Ndrangheta proprio a causa dell’ennesima recrudescenza della faida, le due cosche rivali abbiano raggiunto una formale pacificazione al fine di “riattivare” il “Locale” e rientrare nel consesso ‘ndranghetista da cui erano state escluse. In tale contesto sono stati individuati i dettagliati organigrammi delle due cosche e di quelle satellite, nonché documentato:
- l’esecuzione di diverse estorsioni a imprese e esercizi commerciali;
- l’infiltrazione negli appalti pubblici per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia, dell’ostello della gioventù, del centro di solidarietà Santa Marta e di istituti scolastici, nonché nella gestione di terreni pubblici e nell’assegnazione degli alloggi popolari. In merito a quest’ultimo argomento l’indagine ha consentito di accertare le azioni della cosca CATALDO volte a conseguire il controllo di alcuni alloggi popolari in Locri;
‒ Locale di Africo:
sono state documentate le dialettiche associative e di influenza nei rapporti di alcuni “Locali” di ‘Ndrangheta, risultati condizionati sia per vicinanza territoriale che per rapporti familistici. In particolare sono emersi:
- il veto posto dal capo del Locale di Africo alla riattivazione del Locale di Motticella formalmente chiuso dagli organismi di vertice della ‘Ndrangheta a seguito della faida che ha interessato quel centro negli anni 80/90, i cui strascichi non consentono, tuttora, una formale pacificazione;
- la contesa all’interno del Locale di Ferruzzano tra due fazioni per la carica di capo Società, sfociata con scontri a fuoco per i quali si è ottenuta una aderente chiave di lettura;
‒ Locali di Platì e Natile di Careri:
è emersa la sintonia criminale tra i due Locali confinanti, nei quali spiccano le cosche BARBARO e IETTO – CUA, protagoniste della totale infiltrazione mafiosa nel campo dei lavori pubblici.
In particolare, le indagini hanno permesso di accertare:
- la turbativa di numerosi appalti pubblici nel settore delle opere infrastrutturali, indetti dai Comuni di Platì e Careri e dall’Ente Pubblico “Comunità Montana Aspromonte Orientale” di Reggio Calabria, in favore di ditte controllate dalle cosche locali, il tutto secondo logiche spartitorie dettate dagli equilibri mafiosi sul territorio tra le cosche “BARBARO” di Platì, “IETTO – CUA – PIPICELLA” di Natile e “PELLE” di San Luca;
- l’esistenza presso il comune di Careri di un sistema illecito di conferimento diretto e sistematico, tramite “somme urgenze”, di commesse pubbliche in favore di imprese controllate dalla cosca “IETTO – CUA – PIPICELLA”;
- l’infiltrazione mafiosa nei cantieri per la “nuova costruzione e parziale adeguamento della ex SS. 112 Dir. SGC Bovalino – Platì – Zillastro – Bagnara”, appaltati dalla Provincia di Reggio Calabria, che furono in gran parte eseguiti da imprese edili controllate dalle cosche locali, imposte all’A.T.I. aggiudicataria della commessa pubblica con il sistema dei sub-contratti per lavori a misura, per il nolo dei macchinari, per la fornitura di calcestruzzo, materiali edili e da cantiere e mediante imposizione delle maestranze; tale sistema, indispensabile per le ditte mafiose per eludere i controlli preventivi antimafia eseguiti dalla Stazione Appaltante, ha costituito per le società vincitrici della gara pubblica, l’unico modo per trovare un “accordo” con il “territorio”, sottoponendosi alla protezione delle cosche locali e limitando in tal modo i danneggiamenti nei cantieri.
- il controllo esercitato da BARBARO Rosario detto “Rosi”, capo locale di Platì, sugli operai del “Consorzio di bonifica dell’Alto Jonio Reggino” i quali venivano sistematicamente e indebitamente impiegati per eseguire lavori edili di manutenzione nelle proprietà del citato esponente della ‘ndrangheta, mentre venivano retribuiti dal citato Consorzio, ufficialmente per lo svolgimento di opere di bonifica del territorio;
- il coinvolgimento di esponenti delle famiglie mafiose “PERRE – BARBARO” nell’indebita percezione di contributi comunitari all’agricoltura, relativi al periodo 2009 – 2013 e in truffe in danno dell’INPS di Reggio Calabria…
‒ “Locale” di Ardore:
l’attivazione di una sovrastruttura intermedia, denominata “Corona” con relative cariche, con lo scopo di accrescere il prestigio dei 5 locali che la compongono all’interno dell’organizzazione.
Nello stesso ambito sono anche stati documentati gli attriti, tra gli affiliati della Locale di Ardore (RC) e una parte della comunità Rom insediata in quel Comune, dovuti alle attività criminali predatorie poste in essere da questi ultimi in contrapposizione alla cosca di Ardore.
L’indagine ha riguardato, per una parte, anche le dinamiche interne al Locale del capoluogo reggino, documentando il ruolo di vertice di Pangallo Francesco della cosca Latella – Ficara attiva nella zona sud della città, il quale:
- ha riferito sistematicamente a Pelle Giuseppe notizie coperte da segreto istruttorio veicolategli da Zumbo Giovanni, amministratore giudiziario del Tribunale di Reggio Calabria che, grazie a tale posizione, le aveva apprese a sua volta da ambienti giudiziari;
- è sospettato di avere avuto un ruolo nella vicenda del posizionamento di una vettura con all’interno armi ed esplosivo rinvenuta dai Carabinieri lungo il tragitto che, il 21.01.2010, avrebbe dovuto seguire il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in visita alla città di Reggio Calabria.
L’indagine ha reso possibile ricondurre ad un quadro omogeneo di vicende ed articolazioni solo apparentemente isolate, contestualizzandole all’interno di uno scenario nel quale la ‘Ndrangheta si afferma, ulteriormente, quale struttura unitaria, segreta, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice.
L’operazione conferma, ancora una volta, come le cosche della provincia di Reggio Calabria, in particolare quelle della Jonica, rimangano il centro propulsore delle iniziative dell’intera ‘Ndrangheta, cuore e testa dell’organizzazione, nonché principale punto di riferimento di tutte le articolazioni extraregionali, nazionali ed estere.
Sotto questo aspetto, l’operazione ha senz’altro inflitto un significativo colpo alla ‘Ndrangheta, privandola degli esponenti apicali e indebolendo le sue numerose articolazioni territoriali anche grazie al sequestro preventivo di un cospicuo patrimonio – costituito da 13, tra società e imprese, nonché un complesso immobiliare – in corso di valutazione.