È di questo martedì la nota stampa con la quale, Felice D’Alessandro, sindaco di Rovito e consigliere provinciale, spiega le ragioni per cui ritiene inopportuna e inadeguata l’apertura di un centro di accoglienza straordinaria per immigrati in località Silvana Mansio, nel territorio del nuovo comune di Casali del Manco. Gli immigrati, spiega il renziano D’Alessandro, «lì sarebbero seppelliti vivi o peggio ancora, lasciati liberi di poter fare ciò che vogliono» e poi sono difficili da integrare soprattutto in piccole località e, alle volte, inscenano proteste che, al di là del merito delle stesse, disturbano i villeggianti.
Solo qualche giorno fa, era sempre D’Alessandro a dichiarare a mezzo stampa che: “I calabresi non hanno l’anello al naso e sono stanchi di essere presi in giro”. Una locuzione ormai fortunatamente desueta, degna del più bieco lessico leghista, legata a un passato coloniale ed eurocentrico, e indicativa di quanto i razzismi, tutti, siano spesso tanto ingenui quanto interiorizzati.
Noi di Rovito Pulita crediamo che per essere un buon sindaco, così come per fare una buona minoranza, bisogna leggere, informarsi, studiare, ascoltare. E magari, perché no, avere l’umiltà di affidare i propri pensieri a qualcuno prima che vengano dati in pasto alla stampa. Così, giusto per evitare di divulgare inesattezze e sciatterie e di fomentare populismi e manie securitarie. Per queste ragioni, ormai allibiti, abbiamo interpellato la professoressa Donatella Loprieno, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico ed esperta in Diritto dei Migranti dell’Università della Calabria.
“La nota di Felice D’Alessandro sulla possibile apertura di un Centro di accoglienza straordinaria a Silvana Mansio, nel cuore della Sila, è non solo assai infelice di per sé” afferma la docente “ma mi lasciano basita le considerazioni che il sindaco adduce a sostegno della vertenza”.
“Nella nota, infatti,” afferma Donatella Loprieno, “si decantano le bellezze della zona (e su questo niente da dire) per poi immediatamente ammettere come nella stessa non ci sia nulla: né scuole, né uffici postali, né strutture sanitarie”.
Assai sarcasticamente la docente, facendo il verso alle parole del sindaco, dice: “Il posto è delizioso ma questi immigrati o non avrebbero nulla da fare (ah, si sa, l’ozio è il padre di tutti i vizi!) oppure potrebbero addirittura essere lasciati liberi di fare quello che vogliono «senza alcuna regola e senza alcun controllo» da parte delle forze dell’ordine. Forse il sindaco e i villeggianti in rivolta temono che i richiedenti protezione internazionale possano consumare tutta l’aria pulita della Sila senza nessuna verifica ispettiva e addirittura camminare, muoversi, godere cioè del diritto di disporre di se stessi nel tempo e nello spazio come recita l’art. 13 della Costituzione”.
Parimenti sarcastica è la reazione della docente a fronte della sortita del sindaco secondo il quale questi immigrati sarebbero «portatori di usi, costumi e tradizioni assai diverse dalle nostre».
“Visto mai che potessero farci delle domande imbarazzanti a cui non sapremmo cosa rispondere, del tipo: ma come mai gli impianti di risalita di Lorica ancora non funzionano? Ma come mai nel cuore della Presila fino a qualche settimana fa una immonda puzza costringeva gli autoctoni a tapparsi nelle proprie case?”.
E infine, conclude la Loprieno, da due anni coordinatrice scientifica di un corso di alta formazione per operatori legali specializzati in materia di protezione internazionale: “conosco quanti negli SPRAR e nei CAS ci lavorano e condividono il dolore di chi arriva in Italia sperando in una nuova vita, ma che ciò nonostante quando ti raccontano il loro lavoro hanno l’amore negli occhi. L’integrazione, è vero, non può essere imposta e la gestione emergenziale dei fenomeni migratori non giova a nessuno. Ma il sindaco, i sindaci tutti, dovrebbero sapere benissimo che l’unica strada per non subire la presenza sui propri territori dei richiedenti asilo è aderire alla rete SPRAR, sì da trasformare la presenza dei migranti in opportunità di crescita.
La Calabria con il suo modello Riace è studiata in tutta Europa e le università straniere ci chiedono di esportare le nostre buone pratiche”. La Loprieno ricorda anche che i colpi mortali al turismo ‘in quantità li abbiamo dati noi, con le discariche, con l’incuria, con l’incapacità di curare la bellezza della nostra terra, con l’acquiescenza al potere delle mafie”.