Quella di ieri è stata una giornata campale a Palazzo dei Bruzi e al Tribunale di Cosenza per la nota inchiesta sulle ditte amiche e sugli appalti-spezzatino che coinvolge molti dirigenti comunali e diversi imprenditori molto vicini (per usare un eufemismo) al sindaco Mario Occhiuto. La procura di Cosenza, alias porto delle nebbie, “allarmata” dall’annullamento delle già ridicole misure interdittive di qualche mese sanzionate ai dirigenti Carlo Pecoraro ed Arturo Bartucci e agli imprenditori Amato e Amendola, si è affrettata a diffondere voci sulla notifica di chiusura indagini nei confronti degli stessi e di altri cinque “nuovi” indagati, tra l’altro già avvenuta una decina di giorni fa.
Gli avvocati dei dirigenti comunali e degli imprenditori, dal canto loro, non hanno certo nascosto il loro disappunto per il “colpo basso” della procura (sempre porto delle nebbie, in ogni caso) e così hanno dato mandato a uno di loro, l’avvocato Franco Locco, per replicare (sulla bacheca Facebook di Sergio Nucci) alle notizie riguardanti l’inchiesta.
Franco Locco afferma testualmente: “Sono stato incaricato di far rilevare come proprio oggi (ieri per chi legge, ndr), seppur con gravissimo ritardo, il Tribunale della Libertà di Catanzaro ha annullato il provvedimento interdittivo emesso a novembre 2017 dal Giudice per le indagini preliminari, valutandolo ab origine illegittimo! Fa specie, ed anche inquieta, che proprio oggi (sempre ieri per chi legge, ndr) venga pubblicata la notizia della chiusura delle indagini, non certo nuovi avvisi di garanzia, relative alla medesima inchiesta, provvedimento datato 7 maggio e notificato nei giorni scorsi! La giustizia arriva, in maniera inescusabile, davvero tardi, ma paradossalmente le notizie vengono pubblicate troppo presto…“.
Vi risparmiamo le solite contumelie contro chi pubblica notizie che “turbano” la quiete dei soliti manovratori e passiamo immediatamente alla risposta all’avvocato Franco Locco, che evidentemente “dimentica” qualche particolare pro domo sua e dei suoi assistiti.

La chiusura indagini è a tutti gli effetti un nuovo avviso di garanzia perché arriva a sei mesi di distanza dalla prima notifica nei confronti degli indagati. Dopo questo lasso di tempo possono accadere tre cose: o il magistrato procede con la chiusura indagini (come in questo caso) oppure chiede una proroga delle indagini (di solito di altri sei mesi) altrimenti archivia l’indagine e tanti saluti, come spesso è accaduto in questo porto delle nebbie che ci ritroviamo e con specialisti del ramo come Tridico o Cozzolino. In questo caso, la Manzini non si è piegata alle spinte per l’appattamento e ben sapendo che dirigenti e imprenditori potevano avere l’asso nella manica dell’annullamento della misura interdittiva, ha giocato d’anticipo chiudendo le indagini e inserendo dentro l’inchiesta altri nuovi indagati ovvero i dirigenti comunali Giuseppe Sasso, Guseppe Carolei e Fausto Damiano Pastore, l’imprenditore Francesco Rubino (presumibilmente parente di Vincenzo, titolare della Alvir) e un certo Antonio Francesco Covello.
Diciamocelo con tutta chiarezza: i dirigenti comunali al soldo di Occhiuto il cazzaro hanno firmato di tutto e di più per far arrivare i soldini alle ditte amiche, capiamo che l’avvocato Locco fa il suo lavoro ma il legale deve rispettare anche quello degli altri. Nessuno ha scritto che si tratta di nuovi avvisi di garanzia ma bensì che si tratta del prosieguo di quella indagine nella quale arrivarono anche le misure interdittive e nella quale sono stati inseriti nuovi indagati. Ci dispiace per Locco e per i suoi assistiti, ma questa linea di condotta della Manzini – a nostro modesto avviso – altro non è che la conoscenza dell’esistenza di un’altra inchiesta (molto più seria e circostanziata di quella che conduce lei tra una messa in piega e una tinta) da parte della Dda di Catanzaro. Altrimenti sarebbe stato semplicissimo archiviare tutto come al solito… Ora gli avvocati dei dirigenti e degli imprenditori hanno venti giorni di tempo per presentare memorie difensive, poi il Gip deciderà se ci sarà un processo o meno aspettando che la Dda di Catanzaro nel frattempo si determini ma l’atteggiamento della Manzini lascia pensare che ci saranno novità. Così come la frenesia dell’avvocato Locco e dei suoi colleghi.
L’INCHIESTA
La procura di Cosenza aveva reso noti il 2 novembre 2017 i risultati delle lunghe indagini effettuate in collaborazione con la Guardia di Finanza sugl affidamenti diretti giustificati con la formula della somma urgenza da parte del Comune di Cosenza.
Il procuratore Mario Spagnuolo (pensate un po’!) aveva sottolineato la “scelta assolutamente arbitraria della somma urgenza” con la quale sono stati affidati gli appalti e lo spezzettamento in più procedure distinte (da qui il nomignolo di appalti-spezzatino) per evitare di bandire regolari gare europee. Spagnuolo (con tanto di voce stridula al limite dell’isteria) aveva affermato che erano state esaminate più di 5mila determine dirigenziali. Quelle per le quali erano stati individuati illeciti ammontavano ad oltre due milioni di euro.

Spagnuolo (che in quel 2 novembre era particolarmente “vivo”, almeno a chiacchiere…) aveva anche rivelato che la procura aveva chiesto misure più ampie (leggi arresti) per tre dirigenti comunali (Pecoraro, Bartucci e la buonanima di Cucunato) ma il Gip aveva optato soltanto per l’emissione di misure interdittive riconoscendo veridicità per il 98% dei capi di imputazione.
Il procuratore aggiunto Marisa Manzini, dal canto suo, tra una messa in piega e una tinta alle sue bambole preferite, aveva affermato che l’indagine era nata da un esposto presentato dal senatore del M5S Nicola Morra e che i dirigenti avevano rapporti strettissimi con un imprenditore. I capi d’accusa sono 25 tra cui falso e abuso d’ufficio.
L’attività di indagine si è concentrata principalmente sui lavori affidati con il sistema del cottimo fiduciario dal Comune di Cosenza ad un numero ristretto di imprese, senza il rispetto dei principi di rotazione e di trasparenza, in violazione all’art.125 del D.Lgs. n. 163/2006 – cd. Codice degli appalti (oggi art. 217 D.Lgs.50/2016).
L’analisi delle circa cinquemila Determine dirigenziali del Comune di Cosenza prese in considerazione hanno evidenziato anomalie nell’utilizzo della procedura di affidamento dei lavori in economia, nella non osservanza del principio di rotazione, trasparenza e parità di trattamento previsto al comma 8 dell’art 125 nonchè nell’affidamento dei lavori, molto spesso al di sotto dei 40.000 euro, ad un numero ristretto di operatori economici, anche in violazione del divieto di frazionamento previsto al comma 13 dell’art 125.
Le indagini hanno altresì dimostrato come il mancato rispetto della normativa vigente in tema di affidamento dei lavori sia collegata all’ottenimento di altre utilità, per sè o per i propri familiari, da parte di alcuni dipendenti e dirigenti del comune di Cosenza.
L’importo complessivo contestato, in riferimento ai lavori affidati da parte del Comune di Cosenza, nelle annualità dal 2012 al 2015, è pari ad € 2.150.595,00 (oltre IVA).
I dirigenti del Comune di Cosenza colpiti da interdittive dai pubblici uffici erano Arturo Mario Bartucci, responsabile Ambiente e Ciclo dei rifiuti; Carlo Pecoraro, responsabile del Settore Infrastrutture Ambiente e Edilizia Privata (nel frattempo andato in pensione), e Domenico Cuconato, responsabile dell’ Ufficio Piano Sociale (nel frattempo deceduto). Erano stati sospesi ciascuno per periodi che andavano dai tre ai sei mesi. Misure interdittive erano state sanzionate anche agli imprenditori Francesco Amendola e Antonio Amato. Avevano ricevuto avvisi di garanzia pure Michele Fernandez e Renato Cerzosimo, entrambi dirigenti comunali.
Gli avvisi di garanzia erano stati notificati anche agli imprenditori Francesco Amendola; Antonio Amato; Antonio Scarpelli; Vincenzo Rubino; Ferruccio Stumpo; Francesca Filice; Pasquale Perri; Ivan Mandarino; Pietro Mazzuca.
Rispetto a novembre 2017 – è bene ribadirlo – sono entrati nell’inchiesta i dirigenti comunali Giuseppe Sasso, Giuseppe Carolei e Fausto Damiano Pastore, l’imprenditore Francesco Rubino e Antonio Francesco Covello (del quale non conosciamo la funzione). Non c’è più invece il defunto Domenico Cucunato.