Centro storico, la nuova frontiera di Occhiuto: espropri per ottenere fondi pubblici (di Battista Sangineto)

di Battista Sangineto 

Il sindaco di Cosenza, l’architetto Occhiuto, è stato folgorato sulla via di Damasco dalla Verità. Si è accorto, pur con grande ritardo, che – al contrario di quello che ha gridato ai quattro venti per sette anni- è possibile acquistare e, poi, ristrutturare gli edifici privati pericolanti del Centro storico, invece di demolirli, come ha fatto con quelli di Corso Telesio-Via Bombini-Via Gaeta. Qualcuno potrebbe dire: “Non sei, forse, contento che il sindaco ti abbia dato, indirettamente, ragione facendo una cosa che, dai giornali locali e nazionali, gli hai suggerito molte volte di fare? “.

La risposta è che non lo sono affatto perché il provvedimento che l’architetto dice di voler adottare è, come al solito, privo di una idea complessiva perché nella delibera di Giunta che lo promuove non è contenuto alcun progetto d’insieme, ma solo una volontà di espropriare -invocando una pubblica utilità molto dubbia- edifici privati pericolanti. Un’operazione complessa ed anche drammatica, come è l’esproprio di beni privati, la si conduce avendo, chiara, un’idea complessiva della città, della sua antica e articolata storia urbanistica e monumentale. La si progetta e la si concepisce, soprattutto, in maniera partecipata e condivisa con i cittadini e non in modo dittatoriale imponendola, o tentando di imporla, per mezzo di delibere. Una tale decisione si prende, peraltro, solo se si è in grado di finanziare e portare a termine, in tempi accettabilmente brevi, l’esproprio e la ristrutturazione integrale di interi quartieri e non un intervento disomogeneo ed a macchia di leopardo.

Il sindaco pensa di poter accedere al finanziamento approvato dal Cipe la settimana prima delle elezioni politiche del 4 marzo 2018? Perché è vero che l’antica città di Cosenza -insieme a Palermo, Taranto e Napoli- ha ottenuto un finanziamento di ben 90 milioni di euro per il suo centro storico, ma non sappiamo ancora se verrà erogato davvero, c’è un governo antimeridionalista in carica, e non sappiamo neanche a quale Ente pubblico verrà affidata la gestione di tale massa di denaro pubblico. Come pensa, dunque, di finanziare questa sua proposta se non ha, allo stato attuale, nessuna concreta forma di finanziamento alla quale attingere?

Cosenza è, a pieno titolo, una delle “cento città” italiane e scrivendone il racconto storico delle sue origini e del suo sviluppo, in articoli scientifici e divulgativi, ho già provato a mettere in luce la ricchezza, la bellezza e la varietà di forme, dispiegatesi nel tempo e nello spazio, che contiene questa città: da capitale, nel 356 a.C., del popolo italico dei Bruttii a città medioevale, da ricco municipium romano ad importante centro urbano rinascimentale, scaturigine del pensiero filosofico di Bernardino Telesio. Una città che possiede un Duomo fra i più antichi e belli del Mezzogiorno, palazzi, chiese e conventi cinquecenteschi di straordinaria qualità architettonica, un importante Teatro di tradizione, un grande Parco cittadino piantato con essenze rare, una multiforme quantità di piazzette, strade e vicoli, una estesa e fitta presenza di strutture, abitazioni e mura di epoca romana e bruzia, emersa dagli scavi archeologici degli ultimi tre decenni. Questi elementi, tutti insieme, costituiscono l’immagine, lo specchio della fatica, della ragione e del sentimento degli uomini che, nel corso di ventiquattro secoli, hanno vissuto, lavorato, amato e sofferto in questo luogo. Non dovrebbe andar perduto neanche un muro, un tratto di vicolo, un portico, un balcone perché ogni elemento architettonico e urbanistico di questa città costituisce un’ineliminabile porzione della sua forma. Figurarsi, dunque, cosa possa significare assistere al crollo o, “horribile dictu”, alla demolizione selettiva di interi quartieri, come è accaduto a Cosenza per mano di una Amministrazione comunale che ora, invece, vuole espropriare, ex abrupto atque per vim, i palazzi pericolanti che non vengono restaurati dai legittimi proprietari.

Mentre la città vecchia si sbriciola sotto ogni pioggia e inesorabilmente rovina verso valle, l’Amministrazione comunale, in carica ormai da sette anni -invece di impegnarsi nella difficile, ma altrimenti esiziale, battaglia del risanamento del centro storico- ha investito soldi ed energie per promuovere mortificanti ed infruttuose campagne di marketing turistico, una per tutte quella con Himmler, basate sulla leggenda del tesoro di Alarico al quale si vuole, persino, dedicare un museo virtuale, da costruire al posto dell’ex Hotel Jolly, che costerebbe più di 7 milioni di euro.

LA DEMOLIZIONE DELL’EX HOTEL JOLLY

A proposito del Museo del Nulla-Alarico, sulla base del fermo dei lavori di demolizione dell’ex Hotel Jolly, possiamo dedurre che il Mibac, per fortuna, deve aver ricordato al Comune di Cosenza che il temporaneo permesso ottenuto per demolire l’edificio era vincolato ad una “concorde riflessione” che avrebbe dovuto avere luogo, prima della demolizione, fra la Soprintendenza e il Comune medesimo sulla tipologia di Museo da ricostruire sulle macerie del vecchio edificio ed, anche, sui valori simbolici ed estetici del medesimo. Lo si evince dal documento pubblicato nel Bando di Gara per il Museo che il Comune ha esibito, invece, come se fosse una autorizzazione definitiva concessa dalla Soprintendenza. Il dottor Patamia, segretario regionale del Mibac, conferma, alla senatrice Margherita Corrado, che non era un parere definitivo tanto che lui non era stato neanche informato della demolizione, di competenza della Commissione Regionale per il patrimonio che lui presiede.

Una Amministrazione comunale che, infischiandosene del Centro storico al collasso, ha speso 20 milioni (ed almeno altri 40 serviranno per le opere di urbanizzazione) per costruire un inutile ed enorme ponte, del tutto fuori scala, che collega il nulla con il nulla, ma disegnato da Santiago Calatrava. Un’Amministrazione che ha investito 16 milioni per una orrenda piazza con parcheggio sotterraneo per soli 300 posti nel centro della città moderna, una Amministrazione che ha dissipato e vuole continuare a dissipare alcune decine di milioni di euro in luminarie ed in un lungo elenco di altre “opere” consimili: l’ovovia, il parco acquatico contiguo all’inutile ponte di Calatrava et cetera. Una Amministrazione che ha speso, a dimostrazione che il sindaco non aveva alcuna intenzione di intervenire con l’esproprio degli edifici, quasi 400.000 euro per abbattere un gruppo di palazzi di fondazione medioevale affacciati su Corso Telesio, perché ritenuti pericolanti.

I 90 milioni di euro che, forse, saranno erogati dovranno essere impiegati, dunque, avendo un’idea complessiva della città, della sua antica e articolata storia urbanistica e monumentale. Come ho scritto più volte nel corso di questi anni, questo cospicuo finanziamento dovrà essere impiegato per l’acquisto, il risanamento ed il riuso del maggior numero possibile di immobili privati e pubblici, per il ripristino funzionale di interi quartieri mettendo in moto una grande, organica e, una volta tanto, indispensabile Opera Pubblica. Si provi ad immaginare quante intelligenze, quanto e quale immane lavoro saranno necessari, ma anche quante e quali ricadute culturali, sociali ed economiche avrà l’avvenuto restauro del complesso patrimonio culturale sedimentatosi per più di due millenni sul colle del Pancrazio.

Il compito non sarà solo quello di ristrutturare interi quartieri, ma anche quello, dopo un accurato studio socio-antropologico, di popolarlo non solo di studenti, ma anche di giovani coppie, di normali famiglie di operai, impiegati, professionisti, disoccupati in modo da non creare un ghetto composto di soli studenti o di soli professionisti o di famiglie in difficoltà, ma un normale ed articolato tessuto sociale, culturale ed economico di una qualunque città italiana di antica origine.

Una grande responsabilità ricadrà, dunque, sulle spalle di chi dovrà gestire questa difficile, molto complessa, ma straordinariamente affascinante operazione di Rinascita di Cosenza nel caso che questi 90 milioni arrivino davvero. Bisognerà che si disegni e si metta in atto, nei modi più trasparenti e partecipati, il più grande e complesso progetto strutturale mai concepito per una città calabrese, dai cittadini calabresi medesimi.

Noi cittadini dobbiamo smetterla di subire decisioni dall’alto e dobbiamo reclamare il diritto alla città, dobbiamo rivendicare il potere di dare forma ai processi di urbanizzazione, ai modi in cui le nostre città vengono costruite e ricostruite, e dobbiamo rivendicare il potere di farlo in maniera radicale. Smettiamo di essere masse indistinte e prive di consapevolezza collettiva che popolano le città calabresi e proviamo ad essere una serie di comunità, una serie di comunità che abbiano, ognuna, la piena coscienza comune del proprio diritto alle città ed al proprio territorio, ai propri paesaggi urbani e rurali.

Rinnovo l’invito a costruire un coordinamento fra gli abitanti delle città calabresi -potrebbe chiamarsi “Diritto alle città”– che ponga fine alle devastazioni urbane e del paesaggio rurale finora perpetrate e che rivendichi i nostri diritti costituzionali e civici perché, in primo luogo, le città sono i luoghi dei più importanti conflitti politici, sociali, culturali ed economici del nostro tempo.