Nel racconto delle nefandezze del porto delle nebbie di Cosenza è impossibile non soffermarsi sull’autentica persecuzione alla quale è stato sottoposto Fabio Gallo, famoso ballerino e coreografo, salito alla ribalta nazionale con “Fantastico”. Proprio quando era all’apice del successo ed era tornato a Cosenza per aprire una scuola di danza, aveva creato “problemi” alla scuola di Isabella Sisca, la quale – in combutta col procuratore Alfredo Serafini – gli ha cucito addosso un incredibile teorema: rapporti sessuali con minorenni. Gallo fu arrestato con grande clamore mediatico e la faida con il magistrato andò avanti per anni. Attraverso il reportage de “Il Parlamentare” ne ripercorriamo le tappe salienti.
FABIO GALLO È STATO ASSOLTO DA TUTTE LE ACCUSE
che gli sono state mosse dal Procuratore della Repubblica di Cosenza Alfredo Serafini.
Il Procuratore Alfredo Serafini aveva denunciato il noto artista più volte e lo aveva fatto insieme a suo cognato Ippolito Bonofiglio e all’estetista e gestore di scuole di danza Isabella Sisca, proprietaria del Centro Internazionale di Danza.
Quando un cittadino viene reiteratamente denunciato da un Procuratore della Repubblica è luogo comune in Italia ritenere che un Magistrato sappia fare il proprio lavoro e, di conseguenza, il semplice cittadino ne esca con le ossa rotte. Invece Fabio Gallo è stato sempre assolto e ad uscirne con le ossa rotte sono stati tutti coloro i quali lo hanno denunciato, a partire dal Procuratore della Repubblica di Cosenza Alfredo Serafini che, nonostante personalmente avesse aperto indagini e denunciato una miriade di volte Fabio Gallo, si è dovuto arrendere ai suoi stessi colleghi Magistrati inquirenti e ad una ventina di Magistrati Giudicanti che hanno sentenziato a favore delle ragioni e delle verità di Fabio Gallo, sostenute con coraggio in un clima di minacce gravissime, agguati e ricatti di ogni sorta.
Il tempo è galantuomo, sembrano dire le tante assoluzioni giunte per Fabio Gallo dai Tribunali di Milano, Messina, e Cosenza.
Sentenze che si uniscono ad indagini condotte magistralmente dall’Arma dei Carabinieri di Cosenza, grazie alle quali è emersa la meschina e tristissima tessitura di crimini posti in essere contro Fabio Gallo da donne e uomini della borghesia cosentina, che mostravano di essere interessati unicamente a servire il Procuratore Alfredo Serafini oltre che a manipolare la Giustizia stessa e i suoi Magistrati inquirenti di Messina e a delegittimare i testimoni della Giustizia che sostenevano le verità espresse da Fabio Gallo qualora essi, incredibile a credersi, avessero fatto il nome di un “innominato” al quale, i carabinieri, invece, hanno chiaramente fatto riferimento – rivelandone anche il nome – nelle trascrizioni degli atti.
Ma come e con quali strumenti queste “signore” sempre al telefono avrebbero agito? Se necessario, incredibile a credersi, con orrende manipolazioni di minorenni pronte ad essere utilizzate contro Gallo come colpi di lupara.
Ma come iniziò la storia di Fabio Gallo? Ma perché a Fabio Gallo accadde tutto questo?
Fabio Gallo era la più nota stella della danza televisiva degli anni ottanta e novanta. Coreografo e regista affermato, bellissimo nella sua presenza fisica, gentiluomo costellato da amori e successi di ogni tipo che coloravano le copertine patinate delle migliori riviste italiane di gossip televisivo. Una vera celebrità apprezzata dalla critica internazionale e dedita, con molta riservatezza, al sostegno dei deboli e degli ultimi al punto tale che per perorare la loro causa, un giorno del Dicembre 93 si trovò faccia a faccia con Giovanni Paolo II, in Vaticano, in un incontro che gli cambiò la vita, in ogni senso.

All’apice della sua carriera Fabio Gallo pensò che tornare nella sua città natale (Cosenza) fosse indispensabile per attivare un piano progettuale capace di vivificare la Città dal profilo culturale e formare i giovani perché essi non dovessero più vedersi costretti ad andare via per la ricerca di lavoro. Il suo principio di onestà, però, dovette fare presto i conti con una realtà impensabile e imprevedibile per un giovane che studiava 15 ore al giorno per mantenere la sua tecnica ai livelli di una stella: l’ottenuta concessione di fondi miliardari dagli Organi governativi preposti alla Formazione che gli accordarono fiducia diede fastidio a qualcuno che, se fosse andato avanti il piano di emancipazione lavorativa proposto da Fabio Gallo, ne avrebbe tratto un gravissimo danno perché anch’esso, fino a qual momento, era gestore di Fondi regionali.
E così fu che un giorno a Cosenza prese vita un congegno demolitivo contro la stella dell’Arte. Il giorno 15 Dicembre 1993 alle ore 18.00 circa, guarda caso lo stesso giorno in cui, alle ore 12,00, Fabio Gallo riceveva la telefonata dalla Regione Calabria con la quale questa accordava all’Associazione presieduta da lui stesso corsi di Formazione professionale su rimesse CEE per alcuni miliardi, una ragazza di 15 anni, unitamente alla madre e ad un avvocato, entravano nella stanza del Procuratore della Repubblica di Cosenza per denunciare Fabio Gallo di aver abusato (consensualmente) della ragazza.

Un esperto di diritto, il noto cassazionista Prof. Luigi Gullo, definì questo processo “un colpo di lupara sparato contro Fabio Gallo, caricato a minorenni e silenziato con il Codice di Procedura Penale dall’Ufficio del Procuratore Alfredo Serafini”.
Fabio Gallo presto comprese che questa battaglia sarebbe stata persa perché aveva i connotati dell’esecuzione. Erano intanto emerse prove consistenti (quelle che hanno fatto assolvere nel processo milanese Fabio Gallo), che ponevano in grande evidenza il rapporto tra il procuratore Alfredo Serafini e un importante gestore locale di Fondi regionali che risultava essere il cognato dello stesso procuratore Alfredo Serafini (Ippolito Bonofiglio, ndr) e una donna, una estetista, proprietaria di una catena di scuole di danza, tale Isabella Sisca, la quale, come il cognato del Procuratore Alfredo Serafini, gestiva gli stessi fondi avocati da Fabio Gallo per i giovani.Con quest’ultima, l’estetista Isabella Sisca, il Procuratore Alfredo Serafini si unì attraverso la pubblicazione a tutta pagina sul settimanale “Oggi”, nello stesso articolo, nella stessa pagina, nella stessa intervista contro Fabio Gallo.
Fu proprio questa meschina alchimia di interessi a fare fuori Fabio Gallo. Fortunatamente questo caso fu ribaltato grazie alle tante querele subite da Gallo all’interno di altri Tribunali, dunque in altre Città dalle quali poteva emergere un giudizio sereno e non condizionato. E fu indirettamente analizzato, elemento per elemento, da dieci anni di indagini e processi tutti a favore di Fabio Gallo condotti, appunto, innanzi a numerosi Tribunali italiani. E che ha contribuito a fare luce e a creare un Eroe moderno che non si è arreso e si è battuto fino alla fine e alla vittoria.
Un articolo del giornalista di cronaca giudiziaria Roberto Ormanni del Mattino di Napoli (figlio del noto Magistrato Italo Ormanni), sensibilizzato dall’avvocato di Fabio Gallo, il professore Enrico Tuccillo del Foro di Napoli, in seguito ad una accurata indagine e raccolta di testimonianze e atti, fece scoppiare il caso. L’articolo metteva a nudo la squallida realtà nella quale si stava conducendo a Cosenza il processo contro Fabio Gallo. Al punto tale da scatenare ire e denunce da parte del Procuratore Alfredo Serafini, del Cognato Ippolito Bonofiglio e dell’estetista Isabella Sisca.

Forse questa fu una strategia: la strategia vincente poiché il processo si spostò nelle sedi competenti di Milano (sede legale della testata giornalistica che pubblicava l’articolo di Ormanni) e Messina (competente per la Magistratura di Cosenza).
Le denunce del Procuratore della Repubblica di Cosenza Alfredo Serafini contro Fabio Gallo furono la sua stessa firma su quella che oggi si può considerare una delle più gravi vessazioni giudiziarie compiute da un Magistrato su un singolo cittadino inerme in Italia. Di certo una pagina sventurata della Giustizia italiana battuta, anche se ancora non del tutto – come dichiara lo stesso Fabio Gallo – dalla Stessa Giustizia, quella che legge le carte dei processi e non ha pregiudizi. Circa dieci anni di dura realtà giudiziaria che oggi testimoniano l’assoluta correttezza, la linearità e le verità sostenute dalla stella dell’Arte tersicorea che oggi torna come Ulisse da quasi 20 anni di battaglie.
Fabio Gallo è un Eroe moderno! ha esclamato recentemente un nobile pensatore mediterraneo.
Fabio Gallo è stato assolto da tutti questi processi. Ne ha riportato, però, un danno irreversibile anche dal profilo biologico ripagato da nessuno, perché nel corso del processi si ammalò di una grave forma di malattia dismetabolica.“A vincere – dichiara Fabio Gallo – sono state le Verità che ho sempre sostenuto e insieme a me ha vinto la Giustizia. Non sono stato solo. Ho perso un processo ma dopo, in dieci anni di durissime battaglie, oltre venti Giudici mi hanno dato ragione. Tutte le mie assoluzioni sono sempre state richieste non solo dai miei legali, ovviamente, ma dai Pubblici Ministeri. Questo dato consolida le tesi da me sostenute e da senso di completezza alla Verità e alla vittoria perché è, ripeto, una vittoria della Giustizia e dei valori cui tutti i cittadini onesti ambiscono.
Quando fui condannato nel 95 – continua Fabio Gallo – ritenni ingiusto il sistema giudiziario italiano. Poi iniziò la lunga battaglia giudiziaria che, pezzo per pezzo compose nelle aule di giustizia il puzzle, che una volta definito, prendeva la forma esatta di una persecuzione volta a sopraffare la mia esistenza di giovane dedito a grandi progetti e capace di affermare a gran voce la verità su questioni scottanti del meridione dell’Italia. Dunque compresi che non era “tutta” la Giustizia ad avere operato il male ma solo un uomo, un singolo uomo, un magistrato, che aveva interesse personale nella mia vicenda e con il suo fare, le sue omissioni e le sue minacce, condizionava l’andamento del mio processo, l’acquisizione delle prove, le indagini stesse. E tutto ciò, solo per interessi finanziari nell’ambito di progetti e fondi miliardari che solitamente venivano gestiti da famiglie di innominabili, come quelle, appunto, emerse dai processi”.
“Solo recentemente – racconta Fabio Gallo – ho compreso grazie ad una illuminante riflessione di un Alto Magistrato che per anni ha presieduto il Tribunale di Cosenza, il perché un investigatore di polizia giudiziaria che si occupò del mio caso fu disponibile a chiedere alle ragazze che venivano chiamate in polizia di dare falsa testimonianza, di sottoscrivere false dichiarazioni contro la mia persona. Anche se esse sapevano essere false. E anche sotto la depravata minaccia, oltre ogni dovere d’ufficio, fino a giungere a massicce dosi di violenza psicologica. Un fatto così grave che in qualsiasi altra Città d’Italia, avrebbe portato all’immediato arresto del soggetto. Il motivo che non avevo mai capito era la sua ignoranza. Solo un ignorante vero può prestarsi a simili azioni che un domani possono gravare su un intero Corpo di Polizia, senza che essa ne sia correo. Un Funzionario intelligente, ha riflettuto il Presidente Emerito del Tribunale, non si sarebbe mai prestato ad un gioco così sporco e non avrebbe mai esposto ne la sua persona ne, tantomeno, il suo Corpo di appartenenza.
Oggi, a distanza di anni, la Calabria non è cambiata affatto ma si distinguono onesti Magistrati che, sono certo, non giocherebbero per motivi personali e familiari con gli strumenti del loro Ufficio di Giustizia. “Avere oggi questo parametro di onestà è importante – dice Fabio Gallo – perché anche chi ha subito le gravissime vessazioni giudiziarie come quelle emerse nel mio caso, può dire a se stesso e ai propri familiari “non siamo da soli”. “La Calabria – continua Fabio Gallo – ha vissuto un momento buio che ha dato vita ad una Giustizia che maturava le colpe dei malcapitati, come nel mio caso, nei salotti di notabili famiglie di Cosenza che, se non fossero state scoperte dall’Arma dei Carabinieri in flagranza di reato, nessuno avrebbe mai potuto perseguire”.
“Così come nel processo in cui venni assolto anche a Milano, è stato tristissimo scoprire che il Procuratore Alfredo Serafini aveva minacciato, iscrivendolo al suo stesso registro dei reati, evidentemente in modo strumentale, chi lavorava per fare emergere verità processuali, come mi disse il Dott. Sandro Lopez, noto e bravo Perito fonico-balistico della stessa Procura della Repubblica di Cosenza che, solo per avere dato la sua disponibilità ad occuparsi del mio caso e dopo avere scoperto la sottrazione di oltre 800 telefonate importanti per testimoniare la mia assoluta innocenza, un attimo prima di dare la sua testimonianza alla Giustizia, fu chiamato dal Procuratore Alfredo Serafini nella sua stanza e avvertito di abbandonare il caso perché d’interesse della sua famiglia.
I Giudici di Milano hanno potuto ascoltare con le proprie orecchie questi fatti veramente sconcertanti che animarono una delle più importanti pagine della Giustizia italiana, quando vedemmo la Corte acquisire le prove e interrogare i testimoni reticenti che non hanno potuto fare altro che arrendersi innanzi alla Verità. Vale la pena di ricordare in positivo i miei avvocati Tommaso Sorrentino, il Prof. Luigi Gullo, Enrico Tuccillo. Purtroppo – aggiunge Fabio Gallo -, prima di ricevere queste importanti soddisfazioni giudiziarie abbiamo perso il primo processo. Ma quello non lo avrebbe potuto vincere nessuno perché non era un processo ma una esecuzione giudiziaria”.E allo stesso tempo nessuno avrebbe mai potuto credere che al Giudice Maria Cristina Mannocci di Milano (G.I.P. di Mani Pulite), nel processo in cui Fabio Gallo veniva accusato di diffamazione a mezzo stampa da Isabella Sisca, venivano forniti dalla difesa di Gallo documenti attestanti il ramo di parentela tra questa e la minore che aveva denunciato la stella della danza. Il cerchio si chiudeva in una nuova assoluzione per Fabio Gallo e con il dovere prendere atto che le querele usate per distruggere Fabio Gallo facevano presa solo a Cosenza, dove a capo della procura della Repubblica vi era il Procuratore Alfredo Serafini.
Dalle tante assoluzioni e proscioglimenti che Fabio Gallo iniziava a collezionare, dunque da sentenze oggi tutte definitive, emergeva anche un quadro più sconcertante che vedeva un giro di soggetti e parenti uniti dagli stessi affari (gestione di cospicui fondi CEE) che il Procuratore Alfredo Serafini proteggeva al punto tale – come accaduto nello storico processi tenutosi presso il Tribunale di Milano – da arrivare a dichiarare sotto giuramento che il cognato Ippolito Bonofiglio si autofinanziasse i Corsi di Formazione Professionale, meritando per ciò una gravissima nota in sentenza, poiché, sempre nella stessa udienza, fu smentito dal Dott. Luigi Concolino della Regione Calabria il quale, con molta chiarezza rispondendo alle domande dei Giudici, ha svelato alla Giustizia Milanese, l’esatto contrario.
Risultava, infatti, che il cognato del Procuratore della Repubblica di Cosenza Alfredo Serafini gestisse importantissime somme di danaro erogate dalla Regione Calabria su risorse CEE. Nello stesso periodo risulta essere pervenuta a Milano nota di uno scandalo che vedeva la società del cognato del Procuratore addirittura denunciata da ben 500 parti civili che si ritenevano truffate. Dunque non era erroneo ritenere un truffatore il cognato del Procuratore Alfredo Serafini, così come il gestore delle scuole di danza, concorrenti di Fabio Gallo.
Con il tempo le sentenze dei vari Tribunali ove si tenevano i processi fornivano una visione d’insieme chiara e impeccabile degli orrendi meccanismi che si erano attivati prima e durante e dopo il processo che vide Fabio Gallo messo al muro, per evitare che la verità venisse a galla. Meccanismo che con il tempo faceva comodo a molti: ai concorrenti primari perché toglievano dal mercato un concorrente onesto e potenzialmente potentissimo; ma anche tutti coloro i quali erano i servitori dal basso – i corruttori, i calunniatori, coloro i quali difendevano a tutti i costi le accuse contro Gallo, coloro i quali si mettevano a disposizione per colpire falsamente, dunque, appunto, con la calunnia (come involontariamente scoperto dall’Arma dei carabinieri).
Ma cosa ne ricava certa gente, apparentemente anche per bene, da simili comportamenti che a molti di noi sembrano impossibili? Evidentemente, gratificazioni più spicciole e immediate in una realtà nella quale, quando l’Ufficiale Giudiziario viene spessissimo a cercarti a casa perché sei rovinata/o, è importante poter dire, magari: io ho fatto la mia parte perché oltre tutto il resto vi ho avvertiti che Fabio Gallo stava presentando denunce importanti a Messina, “che sta facendo carne da macello…che sta massacrando tutti…” o, ancor più, dare l’allarme, avvertire del fatto che “… ora ci vengono a prendere tutti, non sappiamo più cosa fare, non lo teniamo più… Fatti non gravi ma gravissimi sui quali, una volta certificati da indagini dell’Arma e successive sentenze, la Procura della Repubblica di Cosenza avrebbe dovuto immediatamente indagare e non lo ha mai fatto.
Ma la persecuzione del Procuratore Alfredo Serafini nei confronti di Fabio Gallo fu talmente spietata da raggiungere anche i giornalisti della città di Cosenza che venivano intimoriti dal suo fare e raggiunti presso le sedi delle Testate giornalistiche da lettere a firma dello stesso Procuratore Serafini e su carta intestata della Procura della Repubblica (utilizzata per fatti che attenevano la sua persona e non il suo Ufficio, ndr) con le quali spudoratamente, a fronte dell’assoluzione di Fabio Gallo da ogni sua accusa in seguito al giudizio della Magistratura messinese, faceva scrivere sui giornali che tutto ciò non era vero e che “nessuna assoluzione vi era stata per Fabio Gallo a Messina”. Veramente incredibile.
Sul punto Fabio Gallo disse: ”Fino a quel giorno, nonostante il quadro mi fosse chiarissimo, avevo in me una piccola riserva nella quale riponevo il dubbio poiché non potevo credere ad un coinvolgimento subdolo operato sul Capo della Procura della Repubblica di Cosenza, da terze persone mie concorrenti. Purtroppo, minacciando una nota emittente TV di Cosenza e pretendendo che la stampa passasse notizie false e cioè che i Giudici di Messina non mi avevano assolto dalle sue accuse, dovetti cedere il passo alla certezza che quell’uomo, un Procuratore Capo della Repubblica, stava operando contro la Giustizia e che, per questo, la questione era molto seria, grave e pericolosa”.
Stesso diritto si voleva negare al giornalista Roberto Ormanni che aveva fatto scoppiare il caso. E sul punto ad esprimersi fu la Grande Camera della Corte per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo che ha condannato l’Italia, per la prima volta nella storia della Repubblica, per la violazione dell’Art. 10 che regolamenta la libertà di stampa. Dunque il diritto sacrosanto del giornalista di esprimere il punto di vista della stella dell’Arte Fabio Gallo.
Si era giunti anche a questo.
Fonte: Il Parlamentare