Rinascita Scott. Tiziana Maiolo: “Ma quale sentenza storica: i giudici hanno stroncato la presunta cupola politica”

di Tiziana Maiolo

Fonte: Il Dubbio

Sentenza storica proprio no, quella emessa nella maxi-aula di Lametza per il processo “Rinascita Scott”. Certo, c’è la bandierina simbolica della condanna a 11 anni di carcere per l’avvocato Giancarlo Pittelli, ma è appunto poco più che una sagoma di cartapesta, e non c’è bisogno di ricordare Enzo Tortora e i tanti condannati al primo processo e poi assolti in appello.

Ma i numeri parlano chiaro: 131 assolti su 338 vuol dire non solo che circa il 39% delle persone arrestate nel famoso blitz del 19 dicembre 2019 era composto di innocenti, ma anche che pm e gip non hanno fatto bene il proprio dovere. Perché è detto e scritto in ogni norma, in ogni riforma, e poi nei congressi e nei convegni che si deve andare a processo solo quando si hanno buone probabilità di arrivare a condanne. Se no, oltre a creare gravi danni alla vita delle persone, si fa anche perdere tempo e denaro. E questa non è giustizia. E quella grande aula di Lametia rischia di somigliare sempre più a un set cinematografico. Inoltre la storia della Dda di Catanzaro non brilla per efficienza, dopo l’ultimo fallimento del processo “Stige”, con il 60% delle assoluzioni tra primo e secondo grado.

PROCESSO STIGE, ENNESIMO SCHIAFFO A GRATTERI (https://www.iacchite.blog/processo-stige-in-appello-ribaltata-sentenza-di-primo-grado-assolti-politici-e-imprenditori-ennesimo-schiaffo-a-gratteri/)

L’aspetto più scandaloso di questo processo è quel che è accaduto fuori dall’ aula. Ancora oggi era tutto un tripudio mediatico perché con questa inchiesta sarebbe stata scoperta la saldatura tra ‘ndrangheta e mondo della politica. Ma è proprio questo il punto debole di questo processo. Perché per esempio un personaggio di grande rilevanza politica come Gianluca Callipo, ex sindaco di Pizzo e responsabile regionale dell’Anci, l’associazione dei comuni calabresi, dopo aver scontato in via preventiva diversi mesi di carcere, è stato assolto. E pensare che il 7 giugno scorso il procuratore Gratteri in persona aveva invocato per lui 18 anni di reclusione.

E l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino invece dei vent’anni richiesti dalla Dda per mafia, ne dovrebbe scontare, qualora la sentenza fosse confermata nei successivi gradi di giudizio, uno e mezzo per traffico di influenze, piccolo reato evanescente. Non è un mafioso, quindi.

Ma non lo è neppure l’avvocato Giancarlo Pittelli, come lui stesso ha detto e ridetto al processo. La sua condanna è legata alla presunta diffusione dei verbali del “pentito” Mantella, su cui, come ricordano i suoi legali Giandomenico Caiazza, Salvatore Staiano e Guido Contestabile “solo pochi mesi fa la Corte di Cassazione prima e il Tribunale per il riesame dopo, avevano escluso la sussistenza anche solo di indizi gravi di colpevolezza”. E’ tutto così scontato, ed era anche così prevedibile la condanna simbolica del fiore all’occhiello di tutta l’inchiesta, che lo stesso avvocato ex ex parlamentare di Forza Italia non se la sente di dare giudizi (“non sono abituato a commentare le sentenze”), se non per lasciare “agli sciacalli di turno”, il compito di “sbandierare le proprie opinioni nelle tv nazionali e locali”.

Ovvio che non allude al procuratore Gratteri, lui non va mai in tv. In molti in questi mesi hanno criticato le modalità di composizione del tribunale e la giovane età, soprattutto professionale, della presidente Brigida Cavasino e delle due giudici laterali Claudia Caputo e Germana Radici. Si è detto che mai avrebbero trovato il coraggio di contraddire la Dda di Catanzaro e colui che fino a poco tempo fa l’aveva presieduta, Nicola Gratteri. Un personaggio di grande visibilità, non cercata ovviamente, un magistrato che viene ospitato spesso e volentieri da giornalisti e conduttrici ossequiosi, e che gira l’Italia con i suoi numerosi libri editi da Mondadori, uno che non ha paura di irridere le riforme. E quando dice nelle conferenze stampa “abbiamo arrestato presunti innocenti”, tutti pensano che le persone cui lui ha contribuito a far mettere le manette siano in realtà tutti colpevoli. Abbiamo visto che non è così, e i 131 assolti di questo processo sono lì a dimostrarlo. Oltre ai tanti dimezzamenti di pena…