Rende, se il Parco Robinson potesse parlare manderebbe a casa il quaquaraquà

Se il Parco Robinson di Rende potesse parlare, ci racconterebbe storie incredibili, ben più piccanti del sesso in pieno giorno dei due quarantenni cosentini beccati in pieno giorno dai carabinieri. Nel perimetro del Parco, tra i riflessi dello specchio d’acqua delle “paparelle” e la splendida tenuta nella quale campeggiano alberi di una bellezza struggente, si sono decise strategie politiche, si sono stretti patti di potere che hanno sancito interessi inconfessabili, sono passati centinaia di “ragazzi” che oggi sono diventati ricchi e famosi e si sono rovinati decine e decine di “ragazzi” che non avevano la testa sulle spalle. Insomma, dietro allo scandalo dell’estate, c’è tutta una storia da raccontare e che appartiene soprattutto a noi cosentini e rendesi, che poi – come sapete – è la stessa cosa.

Negli anni ’50 Rende era un piccolo borgo antico attaccato alla città di Cosenza. Comandava un gruppo di nobili possidenti che vessava il popolo e nel 1952 toccò a Francesco Principe, “Cecchino” per tutti, prenderne le difese. Quello che poi diventò il vecchio patriarca rendese vinse la battaglia e trasformò quel piccolo borgo in una ordinata e feconda cittadina, abdicò in favore del primogenito, Sandro, come nelle più longeve monarchie europee.SalvLoizzo-di-Francesco-33

Fino ad allora “Cecchino” Principe ebbe alcune intuizioni, e forte anche del suo spessore politico (divenne, infatti, deputato nel 1958, con ruoli via via sempre più prestigiosi e buone conoscenze romane), comprese che quel lembo di territorio a ridosso di una Cosenza ferma, bloccata, litigiosa, sarebbe divenuto uno scrigno prezioso.

Intere generazioni di cosentini sposandosi riuscivano a trovare casa solo a Rende e migrarono, facendo la fortuna politica di Principe e di quella edilizia di accorsati e ricchi costruttori: i Bilotti, i Fabiano, i Grimoli e pochi altri. A questi imprenditori, il vecchio Principe imponeva, forte anche del primo piano regolatore adottato in Calabria, limiti edilizi talvolta impossibili da sopportare, ma che diedero un connotato di ordine, di sicurezza e anche di bellezza alla nascente cittadina rendese.

Grazie a “vincolanti” norme, strappava concessioni in termini di verde, servizi e patrimonializzazioni che resero ricchissimo il Municipio rendese. Nacquero il Parco Robinson, il primo per dimensioni e concezione, poi gli impianti sportivi, le scuole primarieCecchino Principe, per tutti, era una sorta di Robin Hood, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri.

Nel comune di Rende, dunque, nella zona nuova, denominata Roges, nel corso degli anni Settanta, sorge un bellissimo parco: Il Parco Robinson. Il vero, primo parco cosentino, come dicevamo, sia per dimensioni sia per concezione. Quasi superfluo sottolineare che questo luogo è diventato subito protagonista di lunghe passeggiate e meta di grandi e piccini nelle giornate calde e soprattutto nelle domeniche. E non esageriamo affermando che nei suoi primi anni di vita ha raccolto decine di migliaia di presenze. Tutte entusiaste e ammirate. Un trionfo.

Il Parco Robinson non ci mette molto a rappresentare, col passare degli anni, il luogo storico dell’aggregazione rendese e cosentina (visto l’atavico degrado della villa vecchia del centro storico), nonché il polmone verde dell’area urbana.

Sì, perché il Parco Robinson è il posto più verde in prossimità della città di Cosenza. Sebbene, infatti, il lungo viale parco, chiamato Viale Mancini, che collega la città di Cosenza a quella di Rende, sia considerato come un piccolo e costante angolo di verde che costeggia le carreggiate che uniscono i due comuni, esso resta sempre “soltanto” una striscia di verde circondata, proprio come farebbero tre rette parallele, da due strade di media grandezza, che ne rovinano il significato. E sono davvero in pochi a credere alle cazzate dei pessimi attuali sindaci di Cosenza e Rende, soprannominati non a caso il cazzaro e il quaquaraquà rispetto al presunto Parco del benessere che dovrebbe prendere vita quando questi famelici politici metteranno le mani sui milioni della metro leggera.Il Parco Robinson, invece, è un insieme di verdi prati in cui potersi realmente ossigenare. Non solo: è anche uno dei pochi posti in cui è possibile trovare generalmente un insieme di età differenti e sempre diverse. Tutti hanno avuto modo di notare che il tipo di persone che prova piacere nel visitare questo parco, non è soltanto giovane, o soltanto anziano o adulto, bensì, come è evidente, non ha età.

Il Parco Robinson, dunque, diventa punto di incontro per tutti. Gli studenti che non vanno a scuola, la mattina, si riversano nel punto verde di Roges e le coppiette sono la stragrande maggioranza. In principio furono i bagni a rappresentare lo sfondo dei primi rapporti sessuali consumati in quel parco, ma poi spuntarono anche altri anfratti studiati intelligentemente per non dare nell’occhio. Di notte invece la scena era dominata dai faccendieri, che proprio sotto quegli alberi raggiungevano intese o spaccavano accordi. Una stagione che è durata tanti anni prima dell’inevitabile degrado, che anche qui è arrivato puntuale. Insieme alla piaga della droga, naturalmente. Il punto più basso del degrado del Parco Robinson lo si è raggiunto da quando il sindaco quaquaraquà si è insediato a Rende sfruttando i suoi agganci “cinghialeschi” per interrompere l’egemonia della famiglia Principe. E la fotografia che simboleggia questo degrado è quella delle siringhe conficcate nei giochi dei bambini, nel frattempo diventati obsoleti e addirittura pericolosi.

Quella foto era diventata il simbolo di un luogo che, ormai da troppo tempo, è stato del tutto trascurato e alla mercé di vandali e avventori di ogni tipo. Il caso delle siringhe infilzate su un gioco per i bimbi, quindi, era l’emblema della fine che aveva fatto il nostro parco.

Già da qualche anno in molti si lamentavano dei mancati controlli di giorno e di notte nel Parco Robinson, pur essendo stato teatro nel recente passato di inchieste dei carabinieri che hanno portato all’arresto di alcune persone per “atti osceni”, anche se non si trattava del rapporto sessuale completo dell’altro giorno.Per Manna e la sua giunta il Parco Robinson è stato ed è solo un problema che non hanno alcuna idea di come risolvere. La cattiva gestione del personale della Rende Servizi, la cui colpa ricade sull’assessore ai Lavori Pubblici e sul nuovo presidente della società in house, fa sì che anche la cura del verde sia affrontata ad intermittenza, senza continuità e, in queste condizioni, tra siringhe e persone poco raccomandabili, rappresenta una situazione di pericolo anche per gli stessi lavoratori.

E che dire degli animali, che da sempre trovano posto nel Parco Robinson? C’è un lago in cui nuotano anatre e cigni e a cui i bimbi si divertono a dare da mangiare, che mai come nella gestione del quaquaraquà è diventato sporco e impresentabile mentre i cavalli, che erano arrivati a un livello di degrado vergognoso, sono stati mandati via… per loro fortuna. E il pavone che faceva la ruota è rimasto ormai un lontano ricordo.

Ma a Rende ormai è già tempo di elezioni. Tra meno di un anno i cittadini saranno chiamati alle urne e non c’è dubbio che la parola d’ordine per tutti sia una e solo una: mandiamo a casa il quaquaraquà. Per il bene di tutti. E anche per far rinascere il nostro parco.  Sì, perché se il Parco Robinson potesse parlare manderebbe a casa, al diavolo o dove volete voi questo soggetto sempre più simile alle anatre che sguazzano nel suo specchio d’acqua.