di Michele Giacomantonio
La grammatica della comunicazione ha una sua potenza evocativa e le immagini sono maggiormente capaci di suggestionare, soprattutto in tempi di semplificazione massiccia dei messaggi.
C’è una foto che è stata sapientemente costruita e fatta circolare, che mostra il sindaco con le mani su una ringhiera, in posa maschia e risoluta mentre osserva come una sorta di generale il suo nemico, distante e immobile, essendo esso di cemento. Il Jolly attende l’assalto finale, dopo una lunga campagna di mediocre ma martellante propaganda.
Il suo parziale abbattimento rappresenta la breccia attraverso cui poi far passare una serie assai lunga di brutture, prive di senso estetico e contenutistico, ma foriere di appalti importanti e ricchi finanziamenti. A mettersi di traverso al compimento di questo straordinario progetto sono state le regole, forse intese dall’amministrazione come un molesto inciampo.
Come può una norma fermare la creatività di un archistar? Come è possibile che una polverosa regola, seppellita tra mille leggi, fermi il fiero ed ineluttabile avanzare del progresso che ha come scopo rendere Cosenza un faro nel mondo?
L’assillo di queste domande deve aver evocato il fantasma ispiratore che aleggia sopra tutto questo: Alarico. E dal mitico invasore deve essere venuta la soluzione, in vero assai rappresentativa del personaggio: “distruggere”, concetto che poi Occhiuto ha opportunamente trasformato in un meno aggressivo “demolire”. E così l’ordine irrevocabile è stato impartito alle truppe e ai giornali, agli intellettuali (si fa per dire) a pagamento, ai cortigiani e ai fake : “La parola d’ordine è una sola, demolire e demoliremo”. Nell’aere ancora si ode l’eco dell’ovazione che tale comando ha ricevuto.
Tuttavia spezzare le reni al Jolly si è rivelato meno facile del previsto, perché qualcuno ha semplicemente chiesto se ci fossero le autorizzazioni per realizzare l’ambizioso e brutto progetto. A quel punto è calato il silenzio, seguito dai gemiti del vittimismo che hanno chiamato la cittadinanza alla mobilitazione contro quanti vogliono fermare il sogno di una città europea. Appello rimasto inascoltato, forse per la pausa agostana e così sul fronte del Jolly sono rimasti i soliti noti, pronti ad alimentare i commenti facebucchiani con banalità e bugie. Tra le più disperate c’è quella che racconta che i grillini vorrebbero demolire il ponte di Calatrava, oppure salvare il Jolly perché rappresenterebbe un patrimonio da proteggere. Una cortina fumogena che deve celare la difficoltà dell’amministrazione a rispondere alla richiesta di esibire le autorizzazioni necessarie per far partire i lavori, mentre il colpo di mano di farli iniziare nella distrazione estiva è fallito.
Ma le domande adesso sono altre: quanto è democratica, responsabile, trasparente una amministrazione che se ne fotte delle regole, le irride, sbeffeggia chi ne invoca il rispetto? Il largo e forse un po’ consunto consenso che ha portato Occhiuto al potere, lo esime dal rispettare le altre istituzioni? Lo affranca dall’essere sottomesso alle regole che pure dovrebbe conoscere assai bene? Lo legittima ad alimentare la derisione verso chi domanda di poter pubblicamente vedere quelle stesse autorizzazioni? Tra l’uomo che con atteggiamento fiero osserva il Jolly e la demolizione di quest’ultimo si è messa di mezzo questa antica e stanca pratica della democrazia, mentre l’annunciato faro cosentino non si è mai acceso. Per adesso tutt’attorno solo tenebre.