Sono stati celebrati all’aperto, in un’area adiacente la Chiesa di Santa Caterina di Gizzeria (Catanzaro), i funerali di Stefania Signore (30 anni) e dei figlioletti Cristian (7 anni) e Nicolo’ Frijia (2 anni), le tre vittime dell’alluvione che lo scorso 4 ottobre ha flagellato la Calabria.
La decisione di tenere i funerali all’aperto è stata dettata, anche in considerazione della giornata di sole, dall’esigenza di consentire il massimo afflusso alle esequie: più di tremila persone hanno voluto dare l’ultimo saluto alla giovane mamma e ai due piccoli figli.
Nell’area dei funerali, in un clima di silenzio e di profondo dolore e commozione, sono stati presenti tantissimi concittadini delle tre vittime, che si sono stretti vicino al marito di Stefania e padre dei due bambini, Angelo Friija: il corteo funebre prima di arrovare nell’area predisposta per i funerali, è passato da casa Frijia, non distante dal luogo delle esequie.
Dietro il palco allestito per la celebrazione liturgica campeggiava uno striscione in omaggio a Stefania e ai figlioletti che recita “… E se tu guardi su sono le cose più belle a far brillare le stelle”. Sono i versi di una canzone di Biagio Antonacci, il cantante preferito di Stefania, le cui note sono state ascoltate da tutti in sottofondo.
A presiedere la cerimonia il vescovo di Lamezia Terme, monsignor Luigi Cantafora.
Un applauso toccante e lungo quasi dieci minuti ha accolto l’arrivo dei feretri. Il corteo funebre, partito dalla casa della famiglia Frijia e aperto da una ventina di bambini con le magliette bianche e con palloncini bianchi nelle mani, ha attraversato il prato verde per arrivare fino al palco dai cui è stata celebrata la liturgia. Subito dietro, sconvolto dal dolore, il marito della giovane donna e padre dei due bambini, Angelo Frijia, attorniato dai suoi più stretti familiari, anche loro in lacrime: Angelo Friija, a un certo punto, ha indossato la maglietta del Milan che la società rossonera ha fatto pervenire alla famiglia dopo aver saputo che il più grande dei fratellini, Cristian, era un tifosissimo del Milan.
Diverso il colore delle bare, tutte e tre coperte da ghirlande di fiori: marrone quella di Stefania Signore, bianche quelle dei due figlioletti: ai loro lati, le foto che ritraggono la mamma, con il suo sorriso smagliante diventato ormai famoso, con i bimbi. Molti gli striscioni che testimoniano amore per le tre vittime, e i poster che ritraggono Cristian mentre giocava a calcio con gli amichetti. C’erano anche i gonfaloni dei Comuni del comprensorio coinvolti dalla tragedia, che hanno proclamato il lutto cittadino in questa giornata: Lamezia Terme, Curinga, San Pietro a Maida.
“Credere che la morte non è l’ultima parola, credere che attraverso le vicende dolorose, gli strappi violenti che subiamo, il Signore ci è accanto, è presente, è vicino alle nostre ferite e ci conduce a condividere la sua stessa vita col Padre, la comunione con Lui. Il Signore condivide con noi il nostro dolore”. Lo ha detto il vescovo di Lamezia Terme, monsignor Luigi Cantafora, nel corso dell’omelia.
Il vescovo ha aggiunto: “E’ il tempo in cui il dolore ha bussato alla porta ma è soprattutto il tempo della fede nuda. La morte è venuta come un ladro, all’improvviso, ma certamente Stefania, Cristian e Nicolò sono nella pace. Le loro lacrime si sono unite a quella terra che li ha coperti. Le loro voci sono state come tuoni in quella tempesta. Ora “nessun tormento li tocchera’””. Rivolto poi ad Angelo Frija, marito di Stefania e padre dei due bambini morti nel nubifragio, ed agli altri familiari, monsignore Cantafora ha affermato: “Per chi resta quaggiù non è facile affrontare il vuoto improvviso, incolmabile. Siamo tutti molto addolorati e attoniti. Ma siamo qui e ci stringiamo a voi con affetto perchè siamo sicuri che riceveremo dal Signore una Parola capace di portare pace al nostro cuore in questo momento di grande prova”.
“Questa terra di Calabria non può piangere più, non vuole piangere più! Diciamo questo perché il Signore ci consegna gli uni agli altri perché possiamo realizzare un mondo migliore”. Il vescovo infine ha ammonito: “Noi maltrattiamo questa terra, non la curiamo!”.