A volte ritornano. Da Alemanno a Vendola, la rincorsa degli ex

IL PAESE CHE SI RINNOVA

(di Claudio Bozza – corriere.it) – «Ancora tu, ma non dovevamo rivederci più…», cantava Battisti. In certi casi sono grandi ritorni. In altri, vere e proprie resurrezioni dalla Prima Repubblica. E la lista, nelle ultime settimane, si è fatta sempre più lunga: Gianni Alemanno, Renato Soru, Roberto Castelli, Roberto Formigoni, Nichi Vendola… Buttandola in filosofia verrebbe poi da evocare l’eterno ritorno di Nietzsche, concezione quanto mai attuale per raccontare le parabole della politica nostrana.
Da destra, a sinistra c’è chi fonda nuovi partiti, chi prova a ricandidarsi a qualcosa e chi semplicemente torna alla militanza di base. Ma qual è il motivo che (ri)spinge in campo tutti questi «ritornanti»? È solo la chimica del «demone della politica» o c’è dell’altro? Lo abbiamo chiesto a ciascuno di loro. «A spingermi sono due aspetti diversi» racconta a 7 l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. «In primis ho un’indole per la politica. E poi anche una predisposizione naturale: sento che la mia vita si deve sempre intrecciare con quella degli altri». Cresciuto nel Msi e per anni leader della destra sociale, Alemanno è appena ripartito fondando Indipendenza, partito costruito per le Europee, assieme ad uno sparring partner davvero sorprendente: il comunista Marco Rizzo.

L’unione fa la forza?

Dentro a questo contenitore c’è di tutto: ex esponenti di Casapound, sovranisti, no vax, antiglobalisti e, soprattutto, cattolici. Una ripartenza costruita in un momento personale delicato: l’ex sindaco sta infatti scontando, nell’ambito dell’inchiesta “Mondo di mezzo”, una condanna ad un anno e 10 mesi (con affidamento ai servizi sociali) presso una comunità sociale: al suo fianco c’è Suor Paola, sua amica da sempre. La svolta di Alemanno è scattata dopo la rottura con Fratelli d’Italia, ritenuta una destra troppo moderata: «In questo momento vedo un pericolo per l’Italia» avverte l’ex missino. «Vedo una mancanza d’indipendenza: dobbiamo riprenderci le chiavi di casa, altrimenti verremo cancellati dalle scelte della Nato».

Nuovi partiti

Anche per l’ex ministro della Giustizia Roberto Castelli, la delusione è l’innesco di questo colpo di reni. Ultraleghista ai tempi del «celodurismo» bossiano, a 77 anni suonati ha fondato il Partito Popolare del Nord. «Lo faccio un po’ obtorto collo, devo ammettere» racconta l’ex Guardasigilli. «Nel 2013, dopo 21 anni di Parlamento e 8 di governo, avevo ritenuto conclusa la mia esperienza politica. Poi ho capito che non c’era più nessuno a portare avanti gli ideali della Lega: così non mi sono rassegnato e mi sono ributtato nell’agone». E di Matteo Salvini che dice? «Ora parliamo del Ponte sullo Stretto e zero del Nord. Il federalismo è stato ucciso dal meridionalismo. Su Salvini preferisco il silenzio».

Dopo la pena

Sempre sulla sponda di centrodestra emerge poi l’immarcescibile Roberto Formigoni, che ha finito di scontare una pena a 5 anni e 10 mesi per corruzione. E appena uscito definitivamente, anche dai domiciliari, il primo pensiero è stato per la politica. «Sono pronto a correre se ci sarà spazio. La mia casa è il centrodestra», ha detto intervistato dal Corriere . Così, a 76 anni, dopo averne passati 18 alla guida della Lombardia, il (fu) cardine di Comunione e Liberazione si scalda come candidato alle Europee: «Il rapporto con Cl? Non è mai cambiato, sono cambiati un po’ loro». «Il Celeste» si è sempre proclamato innocente e vittima di una sentenza politica e ha trascorso diverso tempo nel carcere di Bollate. Adesso la sua bussola, senza averlo ancora annunciato ufficialmente, punta dritta più a Nord del solito: verso Bruxelles, in attesa di capire quale sarà il partito che si assumerà onori (e oneri) di una sua candidatura.

Stop and go a sinistra

Nicola Maria Vendola – detto Nichi, ma anche «Favoliere delle Puglie» per via della sua elaborata arte oratoria – aveva deciso di sedersi in panchina nel maggio 2021, dopo la condanna in primo grado a 3 anni e 6 mesi per il disastro ambientale dell’Ilva. Vendola è uno dei pochissimi di sinistra-sinistra riuscito a passare dalla teoria alla pratica: conquistò il governo della sua Puglia per 10 anni dal 2005 al 2015. Poi ci si è messo qualche grattacapo al cuore: meglio stare lontano dalle tensioni. Ma il fuoco politico, a 65 anni, ha continuato a covare sotto le ceneri. E così, a fine novembre, il coup de théâtre: «Sì! Torno alla politica attiva, ma non mi candido a niente». Vendola è stato eletto presidente di Sinistra italiana al congresso. Ma in verità si tratta di un ritorno dimezzato. Nei mesi scorsi, dopo un lungo periodo in cui aveva deciso di «inabissarsi» per dedicarsi esclusivamente al figlio Tobia, al teatro e alla letteratura, «Nichi» aveva deciso di candidarsi alle Europee. Poi lo stop, arrivato proprio dai vertici del suo stesso partito: «Il caso Soumahoro già ci ha inferto un colpo durissimo» è stato il ragionamento tra i compagni. «Se Vendola, fosse eletto, e poi disgraziatamente arrivasse una condanna anche in secondo grado, per noi sarebbe un altro macigno».

Dopo Bologna

C’è poi il caso dell’ex leader della Cgil Sergio Cofferati, che dopo otto anni è tornato nel Pd, lasciato dopo le durissime critiche all’allora segretario Renzi. Il «Cinese» si è presentato a sorpresa nel suo circolo del partito a Genova e, da umile militante, ha detto: «Voglio dare una mano a Schlein». Merita un capitolo a parte il capitolo Renato Soru, il cui ritorno include anche una faida politica famigliare. Il visionario fondatore di Tiscali, dopo aver governato la sua Sardegna dal 2004 al 2009 e poi essere volato in Europa, è tornato alla ribalta: «Mi ricandido a governatore», ha detto chiedendo le primarie e annunciando guerra al Pd. Ma la figlia Camilla, consigliera comunale del Pd a Cagliari, lo ha gelato: «Niente fughe in avanti, serve unità». Il risultato? Soru ha mollato i dem e correrà da solo, in direzione ostinata e contraria, rendendo ancora più complicata la rivincita del centrosinistra. Sempre in casa dem, va poi annotato il ritorno di Livia Turco. Già ministra della Salute e per 5 volte deputata, dopo la vittoria di Elly Schlein è riapparsa sempre più spesso lungo i corridoi del Nazareno: a 68 anni, per lei, è un ritorno da «madre nobile», dispensando consigli sui temi in cui è più ferrata e mettendo a disposizione le sue relazioni. E sempre al femminile, anche se la politica non l’aveva mai lasciata, c’è da registrare il ritorno (in Forza Italia) di Letizia Moratti. L’ex ministra, dopo il risultato negativo incassato alle ultime regionali in Lombardia e dopo un possibile abbraccio a Calenda o Renzi, ha preferito rincasare, tra i berlusconiani.