ACRU – Nepotismo 2.0. Manuale di Sopravvivenza per chi non Ha il fratello o il marito giusto
Fonte: Acrinrete
C’è chi dice che il nepotismo sia un’antica tradizione italiana, quasi un patrimonio culturale, da tutelare con lo stesso zelo riservato ai beni UNESCO. Una pratica secolare che, lungi dall’essere in declino, gode oggi di un florido rinascimento. E come ogni moda che si rispetti, non poteva certo mancare il contributo dei piccoli centri, che spesso si trasformano in laboratori avanzati di “opportunità per pochi, illusioni per molti”.
Prendiamo, ad esempio, il recente entusiasmo che circola intorno ai progetti sociali, come il PIS — Pronto Intervento Sociale. In teoria nati per aiutare le persone in difficoltà, in pratica sembrano essere diventati, in alcune realtà, un elegante paravento dietro cui far scivolare comodamente un cognome noto o un parente benvoluto, per cui diventano distributori automatici di incarichi per parenti, una sorta di “bancomat socio-familiare”: inserisci il cognome, ritira il contratto. Perché mai lasciare che un posto venga assegnato sulla base delle competenze, quando potrebbe essere occupato da qualcuno che la sera di Natale ti porta il panettone?
La scena è quasi cinematografica: riunioni istituzionali in cui la parola “merito” sembra uscita da un dizionario antico, candidature che spuntano come funghi dopo la pioggia e consiglieri comunali che sfoggiano una sicurezza degna dei grandi attori di teatro, mentre con una mano votano e con l’altra inviano messaggi ai familiari: “Tranquilla, ci penso io”. Il tutto, ovviamente, senza il minimo imbarazzo.
La vergogna, del resto, è un sentimento sopravvalutato. E l’etica? Un optional, che piange in un angolo, mentre vede scorrere davanti a sé l’ennesimo trionfo del “so io a chi devi bussare”. In fondo, si sa, la morale è bella, ma non paga il mutuo. E così, tra una raccomandazione sussurrata e una nomina fulminea, prende forma il solito copione: i posti disponibili non sono opportunità per la comunità, ma premi di fedeltà per chi appartiene alla ristrettissima cerchia degli “amici di…”.
Il tutto condito da un silenzio assenso quasi poetico da parte di chi osserva e scuote la testa, ormai rassegnato. Perché “si è sempre fatto così”, e provare a cambiare le cose sarebbe un gesto rivoluzionario, quasi maleducato. Eppure una domanda rimane sospesa nell’aria, insistente, pungente come una zanzara estiva: che speranza ha un giovane competente, motivato e qualificato in un sistema dove il valore più ricercato è il grado di parentela? Forse nessuna, forse molte, forse solo quella di trovarsi a sua volta un familiare amministratore.
Nel frattempo, il nepotismo continua a prosperare. E noi, spettatori di questa tragicommedia, possiamo solo attendere il prossimo episodio — magari un altro progetto pubblico in cui, guarda caso, spunteranno sempre gli stessi cognomi. E così intere comunità si ritrovano amministrate da un gigantesco albero genealogico: rami, rametti, foglie, foglioline, tutti ben irrigati da un unico rubinetto. Del resto, il futuro è incerto per tutti. A meno che un tuo familiare non sieda nel posto giusto…








