Omicidio Bergamini. La sceneggiata del marito poliziotto che finisce in mutande davanti alla Verità

Nato a Ragusa ma cresciuto e vissuto a Paola, Luciano Conte, classe 1962, entra in polizia nel 1987 e presta servizio per un anno a Firenze prima di entrare a far parte della Squadra Mobile di Palermo, dove resterà per circa dieci anni. Per poi approdare al commissariato di Paola.

La difesa, dopo il penoso rituale del percorso di carriera a Palermo del Conte (che vi risparmiamo volentieri), è passata al racconto della discesa professionale del Nostro, ovviamente legata alla progressione dell’inchiesta sull’omicidio di Denis Bergamini, l’ex fidanzato della moglie Isabella Internò, oggi imputata di omicidio volontario pluriaggravato in concorso nella 57^ udienza del processo. Della cui famiglia, all’inizio, dice rose e fiori inneggiando al suo essere “moderna e aperta” ed esempio di valori (sic!).

Conte racconta che quando il caso fu riaperto, l’allora pm Pierpaolo Bruni aveva inoltrato una richiesta di trasferimento nei suoi confronti dalla questura di Paola al questore di Cosenza. Si parlava di questioni di opportunità. Aggiunge che fu il procuratore Facciolla a ispirare l’azione di Bruni e pensa di incantare la platea ricordando che a difenderlo fu l’allora procuratore di Paola Bruno Giordano. Ma alla fine Conte viene trasferito alla Polaria di Lamezia dove chiude ingloriosamente la sua pseudo carriera.

L’avvocato Pugliese quindi gli chiede cosa pensa della riapertura del caso e offre lo spunto farsescamente pilotato del pezzo di carta tirato fuori da Conte da una tasca della giacchetta d’ordinanza che riporta uno scambio di mail tra l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo e l’ex procuratore di Castrovillari Facciolla. In quella mail del 2017, Anselmo indicava a Facciolla le date possibili per effettuare gli accertamenti tecnici irripetibili successivi alla riesumazione del corpo di Bergamini. Conte insinua che ci possano essere accordi: più tardi l’avvocato dimostrerà che quelle mail facevano parte della richiesta di riapertura del caso dopo la seconda inspiegabile archiviazione.

Smontata anche la seconda delle tesi difensive, inizia il massacro vero e proprio. Conte afferma quasi a cantilena di avere appreso della morte di Bergamini dalla sua attuale moglie 7-10 giorni dopo attraverso una telefonata (ma chiamava lui ché alla Squadra Mobile di Palermo c’era un solo telefono fisso…) nella quale gli riferiva che “il suo ex fidanzato che non vedeva da 6-7 mesi si è suicidato davanti ai suoi occhi buttandosi sotto un camion”. Amen. A un certo punto Pugliese richiama una frase di Gigi Simoni, il portiere del Cosenza, ieri presente tra il pubblico, che ha definito Conte “burattinaio” per dargli la possibilità di dire quello che nei fatti non è. Citazione da medaglia per Gigi e fine delle cartucce della difesa in un patetico esame di mezzoretta. Roba da dilettanti allo sbaraglio. 

Il pm Luca Primicerio parte con una domanda diretta: “Quando ha parlato con sua moglie in modo approfondito di quanto è accaduto?”. Risposta: “Dopo l’apertura del primo caso, nel 2011, erano fatti rimossi…”.

Conte dichiara di essersi fidanzato con Isabella Internò tra febbraio e marzo del 1990 e di averla sposata il 7 dicembre del 1991. Ma nonostante questo, dichiara di non essere a conoscenza del processo a Trebisacce per omicidio colposo nei confronti di Raffaele Pisano nel quale fu sentita come teste proprio nel 1991: “Ero a Palermo”.

Primicerio ricomincia: “Quando ha conosciuto Internò?”. Risposta: “A fine 1989, me l’ha presentata un amico in comune a Rende e poi ci siamo frequentati nelle feste”. Il pm invoca l’emergenza processuale e ricorda a Conte che una sua collega poliziotta, Tiziana De Carlo, ha testimoniato riferendo che già tra fine novembre e inizio dicembre 1989 era stato notato insieme alla Internò in atteggiamenti amorosi sul lungomare di Paola. Carta canta.

Prova a fare il simpatico Conte, ma con scarsi risultati quando afferma “Ero così famoso?”. Farfuglia, cerca di negare ma non può escludere. Le parole di Luciano Conte, unitamente alla dichiarazione resa da Tiziana De Carlo, lasciano spazio ad una sola possibile conclusione, ovvero che al momento della morte di Denis i due erano già fidanzati. 

E poi, il 23 novembre 1989, era stata proprio Isabella a definirlo “amico di famiglia” che le dava conforto via telefono (!) in quei momenti delicati. Ma se era un amico di famiglia perché dice che l’ha conosciuta attraverso un amico? E perché se era tale, ha conosciuto solo dopo i genitori della Internò? Misteri. In realtà, Conte era per Internò molto di più di un amico di famiglia che sentiva solo telefonicamente, così come hanno cercato di far credere.

Ancora più pesanti sono i misteri relativi a quando ha saputo dell’aborto a Londra. “L’ho saputo solo dopo la prima riapertura del caso nel 2011. Ricordo che era turbata per come avrebbero potuto reagire le nostre figlie. Era imbarazzata anche nei miei confronti. Le dissi di stare tranquilla, si trattava di una cosa accaduta quando lei era molto giovane…”. Imbarazzo palpabile in aula.

Si passa alle intercettazioni. I genitori di Internò conoscevano Denis? Lei dice: “Lo conoscevano così, Lù… non è che hanno mai mangiato insieme…”. Epperò, c’è qualcuno, il marito della cugina di nome Ciccio Arcuri, che riferisce di averlo visto a Cavinia, nella casa al mare degli Internò e che ha pure pranzato con i genitori. Bingo. E va ancora peggio quando si tratta di riconoscere la sua voce, peraltro già riconosciuta da Dino Pippo Internò, mentre parla col fratello Roberto che è stato appena sentito alla procura.

Fabio Anselmo inizia a mostrare al poliziotto – che abbiamo scoperto essere maresciallo, carabinieramente parlando – la sua richiesta di atti relativi al processo di Trebisacce datata dicembre 2009 quando denunciava Cosenza Sport per diffamazione. La richiesta a nome di Isabella Internò dev’essere stata ispirata per forza da qualcuno: o lui o l’avvocato, magari tutti e due. Anzi, no: lui suggeriva di dire la verità. Ma va? E poi si lancia in un commento che è da medaglia sul petto al giornalista che è stato denunciato. A futura memoria, ovviamente.

Si passa alle intercettazioni con la moglie prima e dopo il suo interrogatorio nel 2011. “Ero preoccupato che dopo 23 anni potesse dire cose diverse dal passato” dice Conte, che afferma anche di aver letto gli atti del processo in una seconda fase, ma intercettato nel 2011 riprende la moglie per ciò che ha detto in procura dicendole “te l’ho fatto leggere cinquanta volte il verbale”. E meno male.

Appare quantomai bizzarro che Luciano Conte raccomandi alla moglie di dire la verità e poi si spenda in raccomandazioni su quello che deve e non deve dire e su come lo deve dire. In realtà la condotta posta in essere da Conte è rivolta a fuorviare la ricostruzione dei fatti, preparando la moglie in ordine al contenuto delle sue dichiarazioni e quindi alle circostanze che può dire e quelle che invece è meglio tacere, rispondendo sempre e comunque in modo generico e vago. Dopo l’escussione, l’atteggiamento di Conte diventa inquieto, da psicodramma isterico, per via delle risposte date dalla moglie in sede di escussione soprattutto per ciò che attiene al loro rapporto.

Il timore di Luciano Conte è che avendo la moglie dato una risposta – lei nel 1989 non frequentava nessuno e non era fidanzata con nessuno – differente da quella fornita quando venne sentita nel 1989 dal pm Abbate, allorché parlò di un “… amico di famiglia a nome Conte Luciano che è un poliziotto della Digos e presta servizio a Palermo. Con il Conte intercorrono rapporti telefonici…”, ciò lo possa trascinare nella vicenda, in quanto potrebbe ingenerare negli inquirenti il sospetto che la moglie lo stia coprendo.

Anselmo continua ricordando lo strano vortice di congedi ordinari ovvero ferie che ha richiesto nel 1989 praticamente ogni mese fino a ottobre. Il foglio matricolare dichiara che è stato molte volte a Cosenza, il poliziotto nega, dice che è un errore. Mah.

Massacro, tiro al bersaglio, chiamatelo come volete. Il legale ferrarese gli chiede se proprio non ha creduto neanche un attimo alle risultanze medico-legali della riesumazione del corpo di Denis ma la risposta è più che mai sprezzante e riflette una personalità inquietante: “Ho avuto solo chiarimenti ai miei dubbi, hanno affermato che la breccia – ipse dixit – era sul lato sbagliato”. Brusio sostenuto in aula.

E che dire dello show della telefonata con la consulente Liliana Innamorato? Lei gli dice con chiarezza che ci sono problemi, che avrebbe bisogno di un altro consulente, che non ha visto i prelievi ma soprattutto che “il morto pure a distanza di tempo parla”. Lui dice che la verità è conclamata e a proposito del morto che parla, risponde: “Vediamo cosa dice”. Sembra di vedere Luther nella memorabile scena del film The Warriors: “Giochiamo a fare la guerra?”. La tragedia quando si ripete diventa sempre farsa.

Ma il clou del massacro si registra quando Anselmo propina in maniera sacrosanta le “forche caudine” del viaggio della moglie a Salerno datato novembre 1989, ad appena pochi giorni dall’omicidio di Denis. Si tratta del celeberrimo soggiorno concluso con una relazione col calciatore della Salernitana Della Pietra.

IL VIAGGIO DELLA INTERNO’ A SALERNO (https://www.iacchite.blog/omicidio-bergamini-il-viaggio-della-interno-a-salerno-e-lincredibile-racconto-di-maurizio-lucchetti-e-della-moglie/)

Perché quando qualcuno parla di “frustrazioni” dovrebbe guardare forse prima le sue. Il problema a Salerno ovviamente non è solo Della Pietra (magari!) ma si chiama Tiziana Rota. Le intercettazioni sono impietose: “Cosa dovevi andare a vomitare?”. Lui si difende: “Sta mentendo”. Ma la presidente della Corte finalmente lo fulmina: “Un conto è che mente, un altro è che è andata a vomitare…”. Ma il colmo della farsa si raggiunge quando tutta l’aula ascolta Conte intercettato che esplode in epiteti pesanti contro la madre di Internò, “rea” di aver mandato la figlia a Salerno e fa così dimenticare dopo manco un paio d’ore tutte le belle parole di modernità che aveva pronunciato. Incredibile.

Ormai Anselmo non si ferma più e mette a nudo tutte le bassezze del poliziotto. “Ma loro lo sanno che ho le carte?”. Non sopporta che Internò abbia detto che si metteva il “vestitino carino” chissà Denis le avesse detto di rimettersi con lei. Conte diventa paonazzo e riesce solo ad esclamare: “E quindi?”. Risate trattenute a stento in aula.

“Non l’hai mai accettato dall’inizio, altrimenti non ti saresti comportato così ogni volta che si parla di questo…”. Il finale è ancora più buio per il povero Conte, che si trova davanti alla miseria umana di una vita portata avanti nonostante questo macigno sulla coscienza. “Se tu avessi potuto darmi un calcio in culo o mandarmi al manicomio, sarei qua?”. Le parole di Internò sono la cruda sintesi dello stato delle cose. Conte non ha “potuto” liquidare la signora e ha “dovuto” tenersela a fianco. Vuolsi così colà dove si puote (cit.).

Ma non è ancora finita. Quando si conclude il controesame della parte civile a calare il carico e a lasciare definitivamente in mutande il poliziotto ci pensa direttamente la presidente della Corte Paola Lucente, spesso infastidita dall’atteggiamento sprezzante del Nostro, che ha fatto ulteriori domande al teste. “Lei ha sposato Isabella Internò, proprio nell’anno, il 1991, in cui sua moglie è stata sentita come testimone nel processo di Trebisacce al camionista Raffaele Pisano. Possibile che non sapesse nulla di quelle dichiarazioni e che non ne avete mai parlato?”.

Ma non solo: “Non le è mai venuto da chiedere in tutti quegli anni a sua moglie cosa ci facesse con Bergamini a Roseto Capo Spulico visto che si erano lasciati da sei-sette mesi?”. E per sua fortuna non ha infierito con l’aborto… Finito l’esame, viene da chiedersi perché la difesa abbia consentito un simile disastro. Ma, come dice Anselmo, non sono fatti nostri. Si va avanti: prossima udienza l’8 aprile.